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L'ALTRA EUROPA

Ungheria, Polonia: il Papa le ringrazia, l'Ue le bacchetta

Papa Francesco ha ringraziato la Polonia per il suo sforzo titanico che sta compiendo nell'accoglienza di quasi 3 milioni di profughi di guerra ucraini. Ed ha ricevuto Orban, donandogli una medaglia di San Martino, riconoscendo il suo altruismo. Ma l'Ue non aiuta i due Paesi e insiste nel volerli punire, accusandoli di violare i valori europei. 

Esteri 23_04_2022
Papa Francesco e Viktor Orban

Il Papa ringrazia Polonia ed Ungheria, l’Europa prepara l’ennesimo attacco. Solidarietà , stato di diritto, valori europei? Tutte bazzecole. Papa Francesco ha recentemente ringraziato la Polonia per gli sforzi titanici e solitari che sta compiendo nell’accoglienza, scolarizzazione, lavoro ai circa 2,9 milioni di rifugiati ucraini arrivati sul suo territorio. Lo stesso pontefice giovedì ha concesso una udienza al Premier ungherese Orban, il primo viaggio compiuto all’estero dopo le recenti elezioni, e ribadito il proprio apprezzamento per l’accoglienza pronta ed efficace del paese magiaro nei confronti delle centinaia di migliaia di ucraini.

Il dono del Papa ad Orban è stato molto significativo: una medaglia di San Martino di Tours, il Santo che divise il mantello col poverello infreddolito e bisognoso di cure. Polonia ed Ungheria sono rispettivamente al primo posto e al terzo dei paesi europei nell’accoglienza dei rifugiati ucraini, dei più di 5 milioni di rifugiati all’estero, la Polonia ne ha ricevuti ad oggi 2,9 milioni, la Romania 769mila, l’Ungheria 480mila, poi vengono Slovacchia (349mila) e Repubblica Ceca (304mila). Grazie al duro lavoro e alle accorte politiche economiche di Varsavia e Budapest, i due Paesi stanno crescendo ad un ritmo molto sostenuto ed il Fondo Monetario Internazionale stima che avranno la miglior crescita dei Paesi europei. Se i Paesi dell’Europa orientale avessero dovuto aspettare gli aiuti di Bruxelles, i rifugiati sarebbero rimasti in Ucraina sotto le bombe e alla fame.

Aiuti reali dall’Europa? Son talmente e solo sulla carta che giovedì ben 9 Paesi (Repubblica Ceca, Polonia, Ungheria e Slovacchia, Bulgaria, Romania e i tre Paesi baltici Estonia, Lettonia e Lituania) hanno annunciato di voler presentare un pacchetto di misure in 14 punti alla Commissione europea entro la fine di aprile, perché Bruxelles li sostenga realmente nell’accoglienza verso i rifugiati. Una iniziativa forte, dopo che quasi ogni giorno da Praga, Budapest, Varsavia e dalle altre capitali si avanzano richieste lasciate cadere nel vuoto pneumatico che regna a Bruxelles, dove i 17 miliardi stanziati rimangono sulla carta. Poco male per il Commissario alla Giustizia Didier Reynders che, audito mercoledì 20 aprile alla Commissione del Parlamento europeo per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni (LIBE) sul ‘Rapporto della Commissione sullo Stato di diritto’ nei paesi della UE, ha notato come i parlamentari promosso l’avvio di diverse procedure di infrazione contro Polonia ed Ungheria. La Commissione sinora non ha apprezzato miglioramenti o cambi legislativi nei due paesi sullo stato di diritto, riforme della giustizia, anti corruzione, rispetto delle minoranze LGBTI etc. e dunque rimangono congelati i fondi del Recovery Plan, le sanzioni proseguono e si potrebbero anche bloccare altri finanziamenti europei.

Ovviamente i parlamentari europei pensano già ad emendamenti e raccomandazioni ancor più incisive contro i Paesi ribelli perché cristiani. Infatti, gli altri suggerimenti, si chiede di: “...abbandonare la "documentazione descrittiva" e optare per un approccio "analitico e prescrittivo" comprese le possibili vulnerabilità sistemiche, a livello UE; una maggiore chiarezza metodologica, più tempo e un migliore coinvolgimento delle parti interessate; un collegamento diretto tra i risultati del rapporto e l'attivazione di meccanismi correttivi (ad esempio l'articolo 7, la condizionalità di bilancio e le procedure di infrazione); la creazione di un "indice di stato di diritto" quantitativo, oltre alla valutazione qualitativa, basato su una valutazione dei risultati degli stati membri alla fine di ogni capitolo e l'istituzione di una "Settimana dei valori dell'UE" ogni anno a settembre. Il Comitato per le libertà civili si rammarica che il rapporto non riconosca chiaramente il ‘processo deliberato di arretramento dello stato di diritto’ in Polonia e Ungheria e che non identifichi altre carenze in diversi paesi [governate dai conservatori o di identità cristiana] dell'UE”.

Mentre Bruxelles pensa a come punire ed affamare Varsavia e Budapest, i cui governi contano solo sulla solidarietà cristiana dei propri popoli e la generosità dei tanti benefattori delle ONG impegnate per l’accoglienza sui loro territori, i partiti di opposizione e le sinistre europee danno l’ennesima chiara prova della loro insipienza suicida. A Varsavia il leader della coalizione arcobaleno anti governativa, Donald Tusk, sfacciatamente accusa il governo dei conservatori, il più schierato con Kiev e contro Putin, di essere in realtà un “esecutore” dei piani di Mosca. Opposizione spallegiata da due ‘filantropiche organizzazioni’ come Freedom House e Amnesty International. La prima rileva, secondo i propri parametri, un declino della democrazia polacca (da quanto i conservatori sono al governo), l’altra denuncia incredibilmente una situazione da ‘Guantanamo’ all’interno dei confini della Polonia.

Le minacce delle lobbies internazionali il-liberali non mancheranno nemmeno nei confronti di Orban e della sua maggioranza, nonostante abbia stravinto le ultime elezioni democratiche. Per il momento le critiche dagli Usa verso l’Ungheria sembrano essersi placate e, nell'ultimo rapporto annuale sui diritti umani, in cui si parla a lungo anche della situazione in Ungheria, il Dipartimento di Stato americano, dice che mentre i diritti e le libertà fondamentali sono rispettati in Ungheria, anche se "esercitati in un clima avverso". Il ringraziamento del Papa ha scaldato il cuore di Viktor Orban e Mateusz Morawiecki e dei rispettivi popoli, ora però l’Europa destini la stessa cifra investita in armi a Kiev per gli ucraini che sono fuggiti e accolti in Ungheria, Polonia e in quei paesi dell’est da cui tutti, da Bruxelles a Parigi, dovrebbero imparare il cosa siano i ‘valori europei’.