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JIHAD

Uganda, lo Stato Islamico fa strage di studenti

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Strage nel dormitorio della scuola secondaria di Lhubirira, Uganda, rivendicata dai jihadisti dell'Adf, sigla terroristica affiliata allo Stato Islamico. L'Adf ha le sue basi nel vicino Congo. Nato negli anni '90, il gruppo si è affiliato all'Isis nel pieno dell'espansione delle attività jihadiste anche nell'Africa centrale. 

Libertà religiosa 21_06_2023
Lhubirha, funerale delle vittime

Sono trascorsi quattro giorni dal feroce attentato compiuto in Uganda contro la scuola secondaria di Lhubirira dall’Adf, Forze democratiche alleate, un gruppo jihadista affiliato all’Isis, lo Stato Islamico. Grazie alle testimonianze fornite dai superstiti, le autorità ormai sono riuscite a ricostruire l’accaduto. Nella notte tra il 16 e il 17 giugno cinque jihadisti hanno fatto irruzione nell’istituto che ospita più di 60 allievi, la maggior parte dei quali vivono nel campus. Il generale dell’esercito ugandese Dick Olum ha riferito all’agenzia di stampa Reuters che dovevano essere arrivati almeno da due giorni in città per individuare il bersaglio e decidere come agire. Qualcuno si è ricordato che un giovane sconosciuto era stato visto il giorno prima aggirarsi nei dintorni della scuola.

La notte del 16 giugno i jihadisti sono entrati in azione. Per prima cosa hanno raggiunto il dormitorio maschile sparando e dandogli fuoco, uccidendo i ragazzi che erano all’interno. La porta del dormitorio è stata trovata chiusa a chiave. Può darsi che siano stati i ragazzi a chiuderla, barricandosi nell’edificio nel tentativo di salvarsi. Secondo un’altra ipotesi, i jihadisti sono entrati, hanno versato benzina dappertutto, hanno appiccato il fuoco e poi l’hanno chiusa per impedire ai ragazzi di scappare. Comunque sia, li hanno bruciati vivi. Quindi sono andati nel dormitorio delle ragazze, le hanno uccise a coltellate e fatte letteralmente a pezzi a colpi di machete, massacrando anche quelle che tentavano di fuggire, inseguite all’esterno dell’edificio dove infatti per terra si vedono ancora grandi macchie di sangue rappreso. Infine, prima di andarsene, hanno saccheggiato la dispensa e hanno rapito sei studenti sopravvissuti per far portare a loro i generi alimentari  rubati.

I cadaveri carbonizzati, resi irriconoscibili dal fuoco, sono tutti maschili. Si cerca, grazie a degli oggetti portati dai famigliari, di individuarli tramite il Dna. La vittima più piccola è una bambina di 12 anni, al primo anno di scuola media. Gli studenti maschi e femmine uccisi sono 37. I cinque adulti erano impiegati nell’istituto come guardiani e inservienti.

L’Adf ha le sue basi nella confinante Repubblica democratica del Congo, ma si era costituito negli anni 90 del secolo scorso in Uganda per combattere contro il governo del presidente Yoweri Museveni, accusato di perseguitare la popolazione musulmana. Sconfitto dall’esercito ugandese nel 2001, è emigrato nel Nord Kivu, una delle tre province orientali del Congo che continuano, anche dopo la fine delle guerre civili che hanno sconvolto il paese dal 1996 al 2007, a essere infestate da decine di gruppi armati che vivono di razzie, bracconaggio e contrabbando di minerali preziosi di cui il paese è straordinariamente ricco. Fino al 2014 le attività dell’Adf sono state sporadiche. Poi gli attacchi si sono intensificati e ormai adesso è temuto come uno dei più pericolosi gruppi armati attivi nell’est Congo.

Il suo leader, Musa Seka Baluku, ha giurato fedeltà all’Isis nel 2016, ma è solo nell’aprile del 2019 che per la prima volta lo Stato Islamico ha rivendicato un attentato commesso dall’Adf e ha proclamato la nascita della Provincia dell’Africa centrale dello Stato islamico (Iscap), della quale in seguito è entrato a far parte il Mozambico con il gruppo Ansar Al-Sunna Wa Jamma. L’Adf agisce prevalentemente nel Nord Kivu, nei territori di cui fa parte la capitale provinciale, Beni, con occasionali incursioni nel vicino Ituri. Anche se i suoi bersagli più frequenti sono i militari governativi e i caschi blu della Monusco, la missione di pace presente nel paese dal 2010, dall’inizio del 2021 ha ucciso almeno 200 civili, soprattutto cristiani, e ne ha messi in fuga quasi 40mila.

Uno degli attentati più gravi messi a segno di recente è quello che ha colpito a gennaio la chiesa pentecostale di Kasindi, una città del Nord Kivu vicina al confine con l’Uganda. I jihadisti vi hanno fatto esplodere un ordigno di fabbricazione artigianale mentre si stava svolgendo il servizio religioso domenicale e l’edificio era molto affollato uccidendo almeno 17 persone e ferendone decine. L’attentato è stato rivendicato poche ore dopo dallo Stato Islamico con un comunicato nel quale il gruppo jihadista si vantava di “decine di cristiani morti e feriti” e annuncia ulteriori attacchi. A marzo l’Adf ha attaccato due villaggi, ha ucciso 39 persone a colpi di machete, altri ne ha feriti e ha dato fuoco alle abitazioni riducendole in macerie. Altri due villaggi sono stati devastati ad aprile, con altre decine di morti.

In territorio ugandese le ultime azioni dell’Adf risalgono al 2021 quando i jihadisti sono riusciti a compiere diversi attentati dinamitardi nella capitale Kampala. Quest’ultimo attacco – ha ricordato l’agenzia di stampa Fides nel darne notizia – avviene a 25 anni da quello del giugno 1998 contro il Kichwamba Technical Institute che si concluse con la morte di 80 studenti e il sequestro di diversi altri. Secondo il generale maggiore Olum può essere la risposta all’offensiva lanciata congiuntamente da truppe congolesi e ugandesi nei mesi scorsi in Congo.
 

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