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CAMBIO DI ROTTA

Il governo apre una breccia nel pensiero unico sul Covid

Non sarà facile il ritorno dei medici sospesi, ma segna una prima discontinuità. Benché motivato dalla carenza di personale, il decreto che anticipa la fine dell'obbligo vaccinale permette di superare la gestione ideologica finora dominante che condannava alla gogna chiunque sollevasse perplessità.
 

Attualità 03_11_2022

È caduto dal 1° novembre l’obbligo vaccinale contro il Covid-19 per gli operatori sanitari. Col decreto legge n. 162 del 31 ottobre 2022 il Governo ha inteso modificare quanto disciplinato dal decreto legge n. 44/2021, che prevedeva un obbligo vaccinale esteso fino al 31 dicembre 2022 per gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario. Il provvedimento d’urgenza approvato dal Consiglio dei ministri anticipa la cessazione dell’obbligo di due mesi. Viene abolita così l’ultima misura restrittiva della libertà personale, che era rimasta in vigore proprio per quella categoria di lavoratori (medici e operatori sanitari) che per primi erano stati colpiti dall’obbligo vaccinale.

La Nuova Bussola Quotidiana si è sempre battuta per la libertà vaccinale e contro la campagna d’odio che si è scatenata contro coloro che hanno manifestato dubbi e contrarietà all’obbligatorietà del vaccino sin dall’inizio (si veda qui la posizione del direttore Riccardo Cascioli, cui ha fatto seguito una molteplicità di articoli contro l’obbligo vaccinale ed il green pass). E ciò nonostante la pressoché totalità dei mezzi di informazione fosse a favore dell’obbligo vaccinale senza “se” e senza “ma”. Ora che è stata abolita l’ultima misura restrittiva della libertà personale legata al Covid-19 (fatta salva la permanenza di misure di minor rilievo quali l’uso delle mascherine, l’obbligo di quarantena, ecc.), non si può che essere soddisfatti, ed esprimere un giudizio positivo sull’operato del governo (appena insediatosi) per il coraggio dimostrato nell’approvare con estrema rapidità e determinazione un provvedimento che si pone in netta discontinuità con le politiche sanitarie dei governi passati.

Sebbene formalmente trovi la sua ragione d’essere nel far fronte alla carenza di personale sanitario, il provvedimento approvato – unitamente alla presentazione di una proposta di legge per l’istituzione di una commissione parlamentare che indaghi sulla gestione della pandemia e sulle reazioni avverse provocate dal vaccino (vedi qui) – risulta coerente con le promesse elettorali ed in particolare con l’indirizzo politico in ambito sanitario espresso dal partito politico di maggioranza (e segnatamente del più grande partito di opposizione prima delle elezioni), il cui programma prevedeva «nessuna reintroduzione del green pass […] l’istituzione di un commissione d’inchiesta sulla gestione medica ed economica della pandemia da Covid-19…».

Ma la vera novità di tale provvedimento, come detto, è la discontinuità dell’indirizzo politico del Governo in carica, rispetto ai governi precedenti. Il premier Giorgia Meloni, nella conferenza stampa tenutasi il 31 ottobre dopo l’approvazione del decreto, osserva che «…il tema della salute, il tema del Covid, il tema della scienza non si affronta con un approccio ideologico…». «Quello che io contesto della gestione precedente – prosegue Giorgia Meloni – è che c’è stata un’infinità di provvedimenti presi dai governi, che non avevano alla base alcuna evidenza scientifica. […] Ecco io credo che a questo non si possa replicare». E conclude il premier: «l’Italia è la nazione dell’occidente che ha intrapreso nel contrasto al Covid i provvedimenti più restrittivi in assoluto e contemporaneamente è una delle nazioni che vanta i più alti tassi di letalità e di mortalità da Covid. Qualcosa non ha funzionato e quindi bisogna ragionare in modo diverso. Il Covid è diventato un tema da campagna elettorale, una materia sulla quale c’è stato un approccio molto ideologico e questo non ci ha aiutato a prendere i provvedimenti migliori e chiunque si permetteva di fare valutazioni su cose che non avevano nessuna evidenza scientifica alla base veniva tacciato di essere un mostro».

Si tratta di affermazioni estremamente condivisibili, che evidenziano un cambio di rotta rispetto ai governi precedenti, che hanno fatto dell’obbligo vaccinale e del green pass una misura politica fondata su basi ideologiche, come poi le più recenti evidenze scientifiche hanno dimostrato. Si è rilevato, inoltre, come la misura restrittiva prorogata per i soli operatori sanitari avesse perso ogni ragionevolezza per una serie di evidenze scientifiche ormai note a tutti: totale inefficacia del vaccino per la prevenzione del contagio; progressiva perdita di efficacia nella prevenzione dei casi di malattia grave (sino ad annullarsi); sussistenza di una popolazione pressoché immunizzata per via naturale; rischi da reazioni avverse da vaccino maggiori dei benefici.

Il provvedimento assunto dal Governo ha già suscitato le prime critiche e polemiche dei principali organi della stampa, preoccupati di vedere nella misura approvata una sorta di “riabilitazione” dei medici e degli operatori sanitari “no-vax”. C’è chi ha giudicato tale provvedimento come un’”amnistia”, un trattamento ingiusto che ha equiparato gli operatori sanitari “no-vax” ai tanti operatori sanitari che, vaccinandosi, si sono diligentemente sottomessi alla legge e alla “scienza”.

Sul punto preme ricordare che gli operatori sanitari che, per scelta, hanno rifiutato di sottoporsi all’obbligo vaccinale (e la maggior parte di costoro non è “no-vax”) hanno subito per oltre 1 anno e mezzo (1° aprile 2021, data di entrata in vigore del D.L. n. 44/2021) la pesante sanzione della sospensione dal lavoro, con perdita del diritto alla retribuzione (senza contare i numerosi casi di avvio di procedimenti penali e disciplinari a carico di tanti medici). Altro che trattamento favorevole! Si voleva davvero mantenere un tale regime sanzionatorio solo per ideologia, una volta venute a mancare le evidenze scientifiche su cui era fondato quell’obbligo?

A ciò si aggiunga che gli operatori sanitari che hanno rifiutato di sottoporsi al vaccino hanno subito una gogna mediatica senza precedenti: il biasimo sociale non si è per niente consumato e rimane vivo negli ambienti di lavoro ove ad oggi i medesimi operatori sanitari sono stati riammessi allo svolgimento delle loro prestazioni e funzioni. Possiamo immaginare che codesti operatori sanitari non troveranno un ambiente di lavoro particolarmente favorevole e accogliente e che non sarà facile per loro riabilitare la loro professionalità e rinsaldare serene relazioni con colleghi, dopo le precedenti campagne politiche e mediatiche, tutte improntate sulla demonizzazione di chi ha rifiutato il vaccino.

L’abolizione dell’obbligo vaccinale per gli operatori sanitari va a colpire l’ultima significativa misura in termini di restrizione delle libertà personali in materia di Covid. Ma è solo l’inizio. Si auspica che, con l’istituzione della commissione parlamentare d’indagine e con tutti i poteri a sua disposizione, il Governo faccia luce sulla gestione della pandemia e sulle dinamiche che hanno condotto all’introduzione dell’obbligo vaccinale e del green pass. Occorre “scavare” sugli errori, sulle incompetenze, sulle distorsioni che hanno condotto all’irragionevole compromissione dei diritti fondamentali di milioni di persone. Occorre far emergere i conflitti di interesse (vedi qui) fra le case farmaceutiche, le lobby finanziarie, le organizzazioni sovranazionali (OMS, EMA, ecc.) che permeano il sistema sanitario (italiano  e non solo), con coinvolgimento di ricercatori, infettivologi, virologi, ed istituzioni sanitarie nazionali (ISS, AIFA, ecc.). Occorre una riforma del sistema sanitario a garanzia di una ricerca indipendente.

Solo quando il sistema sanitario sarà “ripulito” dai conflitti di interesse e la ricerca scientifica tornerà libera ed indipendente ed al servizio del solo bene comune dei popoli, si potrà scongiurare il ripetersi degli errori ed “orrori” del passato, in termini di ingiusta compromissione dei diritti fondamentali e delle libertà personali dei cittadini.