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I cattolici normali per Staglianò sono "convenzionali"

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Dopo il tormentone sugli indietristi, appare un nuovo neologismo rivolto a chi semplicemente preferisce il catechismo all'ecologismo o la santità alla sostenibilità. E si rivela un involontario complimento.

Editoriali 11_03_2024
IMAGOECONOMICA - ALESSANDRO AMORUSO

Siamo andati a letto cattolici e basta e ci siamo svegliati cattolici convenzionali. Autore di questa trasformazione, avvenuta a nostra insaputa, è stato mons. Antonio Staglianò, presidente della Pontificia Accademia di Teologia. Dalle colonne di Avvenire Sua Eccellenza, mercoledì scorso, ha scoperto l’esistenza di una nuova genia di cattolici: i cattolici convenzionali. Nel suo articolo dal titolo Cattolici e massoni, un dialogo a precise (e strette) condizioni questa malnata stirpe viene citata per ben due volte.

La prima: «se papa Francesco in Fratelli tutti parla di “amicizia sociale” e “fratellanza universale” non può essere tacciato (come maldestramente e malevolmente è stato fatto dai cattolici convenzionali) di parlare un linguaggio massone». Non vogliamo qui entrare troppo nel merito, ma far proprie espressioni del pensiero massonico significa non solo usare un linguaggio massone, e ciò è evidente, ma importare il pensiero massonico, i suoi topoi concettuali, come ha correttamente puntualizzato Stefano Fontana da queste stesse pagine. Secondo riferimento ai cattolici convenzionali: «La “carità è nella Verità”: significa che questa “Verità nella carità” giudica tutti per la salvezza eterna. Non solo i massoni ma anche i cattolici convenzionali». Eravamo rimasti ai cattolici indietristi, tutti pizzi e merletti, con tanto di paraocchi e senza l’olezzo di pecora addosso. Ora si aggiunge un ulteriore titolo.

A tal fine vogliamo qui pubblicamente ringraziare Sua Eccellenza, che sappiamo nostro lettore attento, perché alla fine ci ritroviamo e con orgoglio in questa etichetta, quasi una DOCG – denominazione di origine controllata e garantita – del cattolicesimo. E sì perché noi siamo convenzionali ogni volta che aderiamo alla dottrina stabilita dal Magistero e ci pare normale farlo; ogni volta che accettiamo i soliti, perché immutabili, comandamenti di Nostro Signore; ogni volta che diamo per acquisiti alcuni principi, come il rifiuto dell’aborto e la centralità del sacrificio eucaristico nella Santa Messa; ogni volta che amiamo l’ovvio come la diversità sessuale nel matrimonio e il rifiuto delle benedizioni delle coppie gay; ogni volta che ci pare scontato che un bambino debba nascere dall’abbraccio amoroso di mamma e papà e non dalla provetta; ogni volta che ci conformiamo, da inappuntabili conformisti, alle verità di sempre come il fatto che l’unica religione vera è quella cattolica; ogni volta che ci pare normale che dopo una confessione ci sia la penitenza e molto strano che sovente non venga data; ogni volta che assistiamo ad una messa in stile classico, ossia in stile sacro, senza tamburi e intronizzazioni di pachamame; ogni volta che respiriamo aria di ordinarietà e di armonia, ad esempio quando nostro figlio decide di fidanzarsi senza andare a convivere; ogni volta che sentiamo un brivido di commozione quando ci sentiamo parte di una tradizione che tenta di far spuntare rami nuovi da tronchi e radici antiche; ogni volta che difendiamo riti che erano dei nostri nonni e dei nonni dei nostri nonni perché così facendo difendiamo il futuro; ogni volta che allestiamo l’usuale presepio senza due Madonne e senza mettere il Divin Bambinello in un gommone da immigrati per assaporare l’altrettanto usuale piacere di sentirsi a casa, di sentirsi al sicuro tra le quattro pareti della Chiesa cattolica; ogni volta che viviamo le consuetudini insegnate dalla Chiesa e dai Santi, come le processioni e le novene; ogni volta che sgraniamo il rosario, abitudine pia e potente; ogni volta che sposiamo l’integrità della dottrina cattolica e non troviamo eccezioni dettate da casi specifici e dalle intenzioni soggettive: se si amano, se non ce la fanno…; ogni volta che, inguaribili conservatori, tentiamo di conservare puro il nostro cuore e la nostra mente dalle scorie del mondo; ogni volta che giudichiamo più urgente e importante salvare fosse anche solo la nostra anima che l’intero pianeta (e così ci diamo pure degli egoisti).

Sì, siamo convenzionali e qualcuno di noi pure conventuale perché siamo allergici all’originalità per l’originalità che poi è sempre così banale e prevedibile perché si declina immancabilmente in qualche parafilia sessuale; perché siamo più per l’autenticità – diventa ciò che sei, ci dice il poeta greco Pindaro – che per la spontaneità dato che questa è un rete calata negli abissi marini che raccoglie pesci buoni e copertoni d’auto; perché prediligiamo la forma – volto con cui si mostra il bello, il vero e il bene – all’informale – passepartout per licenziare carnevalate in chiesa e in morale.

Non ci interessa il progresso per il progresso, il dialogo per il dialogo, l’ascolto dei tempi senza possibilità di dar nuovo corso a questi tempi, l’ecologismo senza catechismo, l’immigrazione senza redenzione, la sostenibilità senza santità. L’altruismo non fa per noi, preferiamo la carità; al pauperismo prediligiamo la conversione dei ricchi, vero antidoto alla miseria materiale dei popoli; all’indifferentismo religioso preferiamo l’apostolato, l’evangelizzazione, la conversione degli altri. Chiamate tutto questo proselitismo? Affare vostro. Noi lo chiamiamo amore.

Lo ammettiamo: mons. Staglianò ci ha stanati. Ci ha scoperto.  Sì, siamo convenzionali perché non lo fossimo saremmo eretici; siamo tradizionalisti, integralisti, conformisti, pure prevedibili, formali, rigidi su ciò su cui non si può transigere (una volta essere uomini tutti d’un pezzo era un complimento, ora è sinonimo di maschilismo); leali verso Dio perché, seppur zuppi fino alle ossa del liquame di tutti i nostri peccati, non ce la sentiamo proprio di barattare scientemente e pubblicamente la Sua Persona con un piatto di lenticchie tanto per far piacere a gay e donne con velleità pretesche (sì, siamo anche antipatici); abitudinari, consuetudinari e ordinari, termine d’incantevole e fragile bellezza perché deriva da ordo, ossia “orientamento”, parola che indica una tensione ad un fine, ad un senso e per noi – ma siamo sicuri che lo è anche per mons. Staglianò – quel senso si chiama Cristo.

Sì, siamo cattolici convenzionali e dunque siamo semplicemente cattolici. Cattolici e basta. E come tali questa sera potremo tornare a dormire in piena tranquillità.