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L’ultima trovata

La scuola senza voti non rinuncia a giudicare ma a educare

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Si riapre il dibattito sulla valutazione numerica in classe, abolita in alcuni istituti perché sarebbe fonte di "stress" negli studenti. Pretesto sproporzionato, che cela piuttosto la solita illusione (dis)educativa di tenere al riparo i ragazzi da ogni contrarietà.

Educazione 05_05_2023

La demolizione del sistema di istruzione italiano, con una micidiale sinergia tra improvvide decisioni ministeriali e  fantasiose rivendicazioni dal basso di gruppi ideologizzati di studenti, prosegue senza sosta. L’ultima trovata è quella della abolizione dei voti numerici, che a detta di alcuni Dirigenti scolastici e pedagogisti «creano ansia e disagio», mentre sarebbe necessario «trovare un sistema più solidale e cooperativo».

Non è la prima volta che si accende il dibattito su questo tema: già sette anni fa, il Liceo Morgagni di Roma fece da apripista in questo campo, eliminando i voti in un’intera sezione; le problematiche conseguenti alla pandemia di Covid19, tuttavia, con i due anni di lockdown, didattica a distanza e l’aumento (vero o presunto…) del disagio psicologico tra gli adolescenti, hanno offerto l’occasione per far riemergere la questione con maggiore veemenza.

Così, al Liceo Peano di Roma, partiranno tre sezioni sperimentali nelle Scienze applicate, previa approvazione dei genitori; al Liceo Giordano Bruno di Mestre sono stati eliminati i voti per un quadrimestre, mentre l’Istituto Professionale Agrario Cecchi di Pesaro prevede di rimuovere sia i voti che le bocciature nel biennio. In questi ultimi giorni, poi, al liceo civico Manzoni di Milano i ragazzi hanno interrotto in anticipo l'occupazione avanzando alcune richieste, tra cui quella di avere dai docenti una spiegazione dei voti che prendono e di evitare l'1 nelle verifiche che vanno male; al liceo artistico di Bologna, invece, gli occupanti hanno proposto di far partire una classe sperimentale senza i giudizi coi "numeri" e così pure al Liceo Cannizzaro di Palermo.

Non mancano certamente i docenti che esprimono motivate preoccupazioni e perplessità al riguardo, ma nonostante ciò da più parti si spinge per estendere la sperimentazione a tutte le scuole superiori italiane.

Non si vuole, con questo, difendere a spada tratta il voto numerico e il suo utilizzo – ci mancherebbe – ma la teoria che questo sia responsabile dello stress degli studenti e che il successo formativo/educativo possa essere compromesso da una valutazione numerica, appare quantomeno sproporzionata.

La letteratura scientifica, sia pedagogica che docimologica (quella cioè che studia proprio le scale di valutazione), spiega bene da decenni quanto il voto – se mal utilizzato – possa diventare uno strumento valutativo fuorviante e confuso; se ciò accade, però, non è perché mette ansia, ma lo è eventualmente per la mediocrità o le cattive intenzioni di chi lo adopera, tanto che anche un giudizio descrittivo può essere similmente veicolo di umiliazione o disistima per lo studente.

La qualità della valutazione, comunque essa sia fatta, dipende insomma dallo spessore umano e professionale dell’insegnante e dalla qualità della relazione docente-discente. Se vogliamo parlare di stress ed ansia, pertanto, dobbiamo ammettere  onestamente che un insegnante, anche senza voto numerico, può  generare stress  nei propri alunni in mille altri modi, semplicemente impostando la relazione in modo ambiguo, eccessivamente autoritario oppure troppo indulgente. «In mano a docenti intelligenti, colti e motivati, il voto non ha fatto del male a nessun allievo; toglierlo o lasciarlo, quando la relazione è sana, non modifica alcunché» (Maurizio Muraglia).

C’è però un altro aspetto, più grave e preoccupante, su cui occorre soffermarsi sia pur brevemente, ed è quello che maggiormente giustifica la sensazione di una progressiva e inarrestabile demolizione della scuola italiana, che va di pari passo con il declino dell’intera società: il tentativo di tenere al riparo i giovani da ogni asperità, dolore, contraddizione, cercando ogni possibile facilitazione e spianando la strada ad ogni loro pretesa e desiderio, fino a quelli più assurdi e non di rado controproducenti, come ad esempio la “carriera alias” che sta prendendo piede in tante scuole.

Sulla valutazione si può anche discutere, e si possono mettere in campo eventualmente nuove ipotesi, ma poco o nulla cambierà, come ci dimostra la storia passata. Quello che veramente sarebbe necessario è offrire alle scuole gli strumenti affinché vi lavorino docenti con accertate capacità educative e un adeguato spessore umano e culturale, ma questo non potrà avvenire se non attraverso una maggiore autonomia di scelta del corpo docente e una sua opportuna formazione professionale con veri maestri. Tutto il resto rischia di essere solo fumo negli occhi.