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BAVAGLIO IN PUGLIA

Ddl "omofobia": l'appoggio di Maroni, il silenzio della Chiesa

Il presidente della Regione Puglia vuole una legge che obblighi ad educare secondo l'ideologia gender contro la libertà di espressione e di stampa "per spingere Roma ad approvarne una simile". Il tutto sta avvenendo, nel silenzio dei vescovi e con l'appoggio di Maroni, che la sta utilizzando come contropartita per il cammino dell'autonomia.

Attualità 21_11_2017

Sconfitta in Parlamento, la legge sull’“omofobia” (Ddl Scalfarotto presentato alla Camera nel 2013), la prima e la più necessaria a rendere la follia del gender una dittatura vera e propria, sta passando tramite una strategia molto più raffinata, attraverso cui i politici riescono a nascondere più facilmente il loro doppiogiochismo.

Il 15 novembre scorso, infatti, il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano (Pd), sulla scia di quanto già avvenuto in Umbria, ha presentato un disegno di legge approvato dalla sua giunta che dovrà passare al vaglio del consiglio, ammettendo pubblicamente che il tentativo è quello di raggirare il “no” parlamentare e di forzare la mano in un ambito che non è di sua competenza: “Le Regioni sono uno dei modi attraverso i quali si può spingere anche il Parlamento a legiferare in alcune materie su cui le Regioni non hanno competenza”. 

Emiliano però ha svelato anche un altro fatto affermando che “consegnerò il Ddl al governatore della Lombardia, anche perché me lo ha chiesto il segretario nazionale di Arcigay, Gabriele Piazzoni”. Ma come mai fra tutte le Regioni, Emiliano chiama in causa proprio la Lombardia che si era presentata come il baluardo italiano della famiglia, contro l’ideologia gender? Oltre al valore simbolico (la Lombardia non è l'Umbria o la Puglia), il perché lo ha spiegato Maroni stesso che ha prontamente risposto via Twitter: “Caro Emiliano, accetto la tua proposta. Sono pronto a incontrarti (anche a Bari) per discutere con te di come contrastare l'omofobia e per lavorare insieme per rafforzare l'autonomia delle Regioni”. Risposta di Emiliano: “Se Maroni ci darà una mano a lottare contro l’omofobia, io poi do una mano a loro a lottare verso l’autonomia”. Ormai non esiste più nulla di non negoziabile dunque. Anche l’uomo è diventato semplice materia di scambio, che si può quando conviene difendere e poi barattare con una mera questione amministrativa. 

Peccato che il Ddl regionale pugliese sia di una gravità assoluta visto che all’articolo 3 prevede la rieducazione di insegnanti e personale scolastico e dei ragazzi che dovranno essere obbligatoriamente formati “in materia di contrasto degli stereotipi di genere e di prevenzione del bullismo motivato dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere”.  E sappiamo bene cosa si insegna nelle scuole con la scusa del bullismo e grazie alle linee guida della Fedeli che promuovono il gender. Mentre l’articolo 8 del disegno di legge spiega addirittura che il Corecom controllerà i contenuti della programmazione pubblicitaria, televisiva e radiofonica “eventualmente discriminatori rispetto alla pari dignità riconosciuta ai diversi orientamenti sessuali, all’identità di genere o a una condizione intersessuale della persona”.

“Illiberale e gravissimo”. A spiegare alla Nuova BQ la genesi del Ddl, scagliandosi contro l’operato di Emiliano è Andrea Carroppo consigliere regionale leghista di Noi con Salvini: “Questo non è altro che il frutto avvelenato dell’adesione della Regione, nell’ottobre del 2015, alla rete Ready, la rete nazionale di pubbliche amministrazioni per combattere la discriminazione, ma che in realtà serve ad introdurre nelle amministrazioni pubbliche l’ideologia omosessualista mettendo il bavaglio a chiunque si opponga”. Tanto che quando se ne sono accorte, “molte città, come Arezzo, Piacenza, Trieste, che ne facevano parte, sono poi uscite dalla rete”. È poi noto che nello staff di Emiliano c’è l’ex onorevolo Titti di Simone, membro dell’Arcigay e motore del provvedimento, che lavora da anni per vincere questa battaglia ideologica.

Ma il consigliere leghista spiega che “non può essere approvato un Ddl simile senza minare fortemente la libertà di espressione coscienza dei cittadini, il tutto sulla pelle dei bambini infarciti di questa ideologia senza possibilità di difesa”. Eppure, dalla Lega non è arrivata alcuna replica. Solo l’assessore alle Culture, Identità e Autonomie di Regione Lombardia, Cristina Cappellini, si è limitata a dire su Facebook che “siamo talmente convinti delle nostre politiche in tema di famiglia e del nostro sportello famiglia che lo proporremo anche al presidente della Puglia”. Da Maroni, però, non è giunta nessuna smentita. Bisognerebbe sapere che cosa ne pensa Salvini che si è espresso più volte contro il gender nelle scuole e contro le unioni civili. La domanda a cui dovrebbe rispondere il leghista è se la loro è solo propaganda per guadagnare voti. Altrimenti, se crede davvero in certi principi, perché non interpella Maroni?

Dalla società civile a schierarsi contro il Ddl è stato il Comitato difendiamo i nostri figli-Puglia, che tramite Francesco Cavallo ha denunciato la gravità di un controllo sulla libertà di espressione di informazione pari ai regimi totalitari. Mentre Generazione Famiglia tramite la responsabile pugliese, Manuela Antonacci, spiega alla Nuova BQ che “il testo è stato redatto con le lobby Lgbt come la rete Lanford, tanto che in conferenza stampa Emiliano era a fianco del vicepresidente dell’Arcigay”. Sappiamo bene che questa legge “mira a mettere a tacere e perseguitare chiunque non sposi la visione omosessualista, ma quelle del realismo”. Proprio per questo il "Ddl Scalfarotto" non passò al Senato, con evidenti problemi di costituzionalità, dato che in questi provvedimenti si parla genericamente di reato di “omofobia” senza specificare cosa si intenda, rischiando (vedi lo Scalfarotto) di mettere addirittura in prigione coloro che pensano che la famiglia sia solo il matrimonio tra uomo e donna”. 

Antonacci però chiama in causa anche la Chiesa: “Sì perché qui c’è in ballo anche la libertà religiosa. Perciò abbiamo lanciato un appello all’episcopato locale affinché prenda posizione, basterebbe anche un solo “no” della Chiesa per gettare luce su quanto sta avvenendo all'insaputa degli italiani: non capiamo il silenzio dei vescovi. Forse pensano che così li lasceranno stare. Mentre di fatto lasceranno in pace la Chiesa solo se diventerà quello che vuole il potere. Il silenzio è assenso e la Chiesa sta mancando nella sua responsabilità di difendere la verità e quindi l’uomo contro il potere che vuole indebolirlo creando disordine e sovvertendo la realtà: dire che un figlio può vivere solo con un uomo e una donna, che sono sua madre e suo padre, non è essere omofobi ma dire un’evidenza e quindi difendere i più deboli da un disegno di violento e di morte”. 

Sappiamo bene quanto sta avvenendo all’estero. Si pensi all’Inghilterra, dove esiste una legge simile sulla “non discriminazione per l’orientamento sessuale” grazie a cui nei giorni scorsi un professore è stato licenziato solo per aver chiamato "ragazze" un gruppo di studentesse fra cui vi era una donna che vuole essere trattata come un maschio. I casi di licenziamenti, multe, processi, si moltiplicano in America, Canada e anche nella vicina Spagna. Per non parlare dei pericoli per la Chiesa che, a furia di tacere, sul referendum che stravolge il matrimonio naturale in favore di un cosiddetto “matrimonio” fra persone dello stesso sesso si è trovata addirittura a difendere la parte di coloro che mirano a silenziare la visione cattolica del matrimonio. Perciò, conclude Antonacci, “se la politica fa le sue giravolte e la Chiesa ci lascia soli, chi ancora vuole vivere secondo la propria ragione, obbedendo alle evidenze della realtà, e secondo la fede cattolica, finirà presto o tardi a doversi nascondere nelle catacombe. Chiediamo quindi ai laici di tenere acceso il lume della verità, comunque dovesse andare, e ai vescovi di mettersi una mano sulla coscienza”.