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IL CASO

Aborto, se nessuno dice la verità la cultura non cambia

Il centrodestra ha messo subito le mani avanti: sulla spinta delle pressioni europee assicura che non intende toccare la legge 194. E così fanno gli uomini di Chiesa, tutti sostenendo che bisogna prima cambiare la cultura. Ma come fa a cambiare la cultura se nessuno dice più la verità sull'aborto? E infatti l'esperienza Usa dice ben altro...

Editoriali 10_10_2022

«Ci muoveremo nella direzione di non toccare la 194...di non togliere diritti (l’aborto non è un diritto per l’ordinamento italiano, ndr) alle donne», si è affrettato a dire Giovanni Donzelli di Fratelli d'Italia in conferenza stampa subito dopo la vittoria elettorale del suo partito. A sentire politici che, pur democraticamente eletti, accettano di dover giustificare le proprie posizioni di fronte a leader europei che, pur mai votati, si ergono a poliziotti nazionali, sorge qualche dubbio sul possibile cambiamento culturale che tanti ritengono necessario per cambiare certe norme. Cambiamento che invece l'America sta vivendo, pur dentro il travaglio del parto.

Mentre, infatti, il centrodestra indossa gli abiti richiesti da una UE che vuole fare dell'aborto un diritto, in America, dopo il ribaltamento della sentenza Roe v. Wade del 24 giugno scorso, vengono attaccati e uccisi pro life e vandalizzate strutture di sostegno alla maternità 

Torna in mente la corsa alle presidenziali Usa del 2016, quando Trump andava promettendo di nominare giudici pronti a mettere in discussione la Roe v. Wade che dal 1973 aveva reso l'aborto un diritto federale da tutelare in tutti gli Stati Uniti. A molti pareva una follia ormai irrealizzabile. Eppure, dopo l’elezione del presidente repubblicano, con le sue parole sull'aborto in netta contrapposizione alla cultura dominante, i parlamenti statali cominciarono, per la prima volta, ad avere il coraggio di legiferare in massa per limitare o addirittura vietare la pratica abortista.
Cosa mai avvenuta prima, nonostante in Usa il movimento pro life sia una voce molto più influente in politica rispetto a quella del movimento italiano. Insomma tutto è cambiato quando un presidente ha osato sfidare il mondo e la cultura, non più solo togliendo fondi al colosso abortista Planned Parenthood ma anche spingendo per la revisione di una sentenza tanto storica quanto contraria alla Costituzione americana. Oggi dopo il pronunciamento della Corte Suprema che rimette la decisione sull'aborto ai singoli Stati, togliendo loro l'obbligo di garantirlo, quelle norme che vietano o restringono la possibilità dell'omicidio in grembo sono entrate in vigore.

Trump è stato odiato e avversato innanzitutto, anche se non solo, per questo motivo: il cambiamento che promise in campagna elettorale di nominare alla Corte giudici a favore della legge naturale, e di una lettura della Carta Costituzionale a partire dalle intenzioni dei padri costituenti, produsse il terrore del progressismo individualista che reagì con ferocia. La scelta costò al presidente americano processi mediatici e politici, attacchi continui a mezzo stampa, con una nazione messa a ferro e fuoco dai movimenti progressisti. Ma Trump, anziché indietreggiare, lottò fino alla elezione dell'ultimo giudice "originalista", Amy Coney Barrett.

Dall'emissione della Roe v. Wade in poi, anche in tempi molto più pacifici, nessuno credeva possibile che i giudici si pronunciassero come accaduto. Invece, a furia di dirlo e sostenerlo, l'impossibile si è realizzato. E ciò dimostra, come disse il dottor Leandro Aletti in una intervista alla Bussola del 2018 - rilasciata quattro anni prima di morire - dopo milioni di morti e di feriti (le madri) i tempi sono maturi per abrogare la 194. Bisognerebbe saltare sul carro vincente americano. Invece...

Invece in Italia si continua a ripetere noiosamente da decenni che deve prima cambiare la cultura. Con anche la maggioranza degli uomini di Chiesa che anziché parlare del bambino non nato fanno eco alla politica.
Ma se è verissimo che serve un movimento pro life più forte, se è verissimo che la Chiesa deve lavorare di più a fianco delle madri, se è vero che l'uomo deve incontrare Dio per cambiare mentalità, come può mutare la cultura se nessuno di coloro che la plasmano (fra cui giornalisti, politici, movimenti e vescovi) si unisce, come accade negli Usa, per dire che l'omicidio in grembo dovrebbe essere vietato?

Perché è questo che per anni sia i vescovi americani sia il movimento pro life sia i politici statunitensi hanno ripetuto. In Italia invece si pretende di combattere l'aborto predicando che prima deve cambiare la cultura, mentre si difende la legge che lo legalizza e che fa mancare all'appello oltre 6 milioni di italiani pensando di salvare così qualche vita (mentre in realtà gli aborti aumentano anche grazie alle pillole). Ma la verità può trionfare solo se si comincia a dirla e a sostenerla. Un compito questo che la Chiesa dovrebbe svolgere per prima per servire davvero la politica senza inseguirla. Come disse il martire del regime comunista Jerzi Popieluszko: «I cattolici non possono rettificare le menzogne che altri sostengono...compito del cristiano è rimanere attaccato alla verità anche se dovesse costargli molto...per il buon seme della verità a volte bisogna pagare un prezzo molto alto».

Infatti, sebbene a seguito delle elezioni del 2020 si poteva pensare che Trump alla fine avesse perso contro una cultura dominante troppo forte per permettere un reale cambiamento, dopo la sentenza di giugno è più corretto credere che si sia sacrificato per un bene più grande.
Finché nessuno sarà disposto a tanto, facendo il primo passo, abbattendo il tabù e cominciando a dire che l'aborto va limitato se non vietato e che ormai gli "aborti terapeutici" vengono eseguiti da chiunque voglia abortite dopo il terzo mese, insomma finché nessuno metterà in discussione la legge 194 (parlando dei bambini oltre che delle donne e dei loro diritti), la cultura necessaria alla vittoria della vita non farà mezzo passo in avanti.