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Il quotidiano LGBT Washington Blade ci informa che «Democracy Forward e l'American Civil Liberties Union, due organizzazioni impegnate nella tutela dei diritti costituzionali degli americani, hanno intentato una class action presso un tribunale federale per contestare le politiche di divieto di accesso ai bagni dell'amministrazione Trump-Vance».

La causa è stata intentata per conto di LeAnne Withrow, dipendente civile della Guardia Nazionale dell'Illinois. Il pomo della discordia è la disposizione presidenziale che vieta ai dipendenti federali di usare bagni diversi dal loro sesso biologico. Tale disposizione è contenuta nell’ordine esecutivo di Trump intitolato Difendere le donne dall'estremismo dell'ideologia di genere e ripristinare la verità biologica al governo federale.

Gli avvocati di Withrow scrivono nella loro difesa: «La signora Withrow si sentirebbe insicura, umiliata e degradata se usasse un bagno maschile... Chiunque la vedesse entrare nel bagno maschile potrebbe cercare di impedirglielo o di farle del male fisicamente. Le azioni degli imputati [il governo] hanno causato alla signora Withrow sofferenza fisica ed emotiva e hanno limitato la sua capacità di svolgere efficacemente il suo lavoro».

Due note. La prima: l’insicurezza, l’umiliazione e la degradazione provata non sono da addebitare al fatto che un uomo debba andare nel bagno maschile, ma alle conseguenze di una scelta errata: quella di “cambiare” sesso. Tale scelta errata non può essere assecondata dalla permissione di recarsi nel bagno delle donne. Sarebbe un secondo errore che aggraverebbe il quadro. In secondo luogo stentiamo a credere che ci sia qualcuno che voglia usare violenza fisica contro una persona di sembianze femminili al fine di non farle varcare la soglia dei bagni maschili. Ed anche se fosse, la colpa non sarebbe dell’amministrazione Trump bensì di chi pratica tal atto di violenza.