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UTERO IN AFFITTO

Ucraina, fabbrica dei bimbi. Ma l'omologa non è da meno

«Ci trattavano come bestiame», spiega Alina finita nella fabbrica Ucraina dell'"utero in affitto". L'avvocato Antonov parla 2.500 fabbricati così ogni anno, ma dei danni subiti dai bimbi non parla nessuno. Perciò non basta stracciarsi le vesti per la "surrogacy", occorre spiegare perché la fecondazione artificiale, in ogni sua forma (anche omologa fra coniugi) è una barbarie che priva i figli della loro identità.
-IL CONTRADDITTORIO INNO ALLA PROVETTA DI J-AX di Valerio Pece

Vita e bioetica 23_09_2018

Il 13 settembre scorso Aljazeera ha denunciato la presenza di una nuova “fabbrica di bambini” che si sta allargando notevolmente dopo la chiusura di quelle in India, Nepal e Thailandia proibite per legge dai loro Stati inseguito agli scandali e agli sfruttamenti legati all’utero in affitto.

«È dura trovare lavoro ben pagato in Ucraina, volevo rinnovare casa e risparmiare soldi per le tasse universitarie di mio figlio, sono molto costose», spiega Alina denunciando i trattamenti ricevuti dalla BioTexCom, l’azienda di “uteri in affitto” più famosa del suo paese, che offre 11 mila dollari a gravidanza più 250 mensili, promettendo alle donne che «si sarebbero presi veramente cura di me». Alina racconta la sua scelta non semplice, ma sicuramente più leggera di una dipartita all’estero da dove mantenere la famiglia, come facevano la donne ucraine fino a qualche anno fa magari trovando impiego come badanti. 

Così nel marzo 2017, con l’approvazione del marito, ha deciso di portare in grembo il figlio di Anca, una 38enne rumena che, dopo alcuni tentativi di impianto degli embrioni prodotti tramite la fecondazione assistita omologa, ha deciso di rivolgersi all’azienda di bambini ucraina più economica di quella americana. Insomma, non contenta di quattro tentativi di fecondazione artificiale andati male, il che significa quattro o più embrioni prodotti in laboratorio e poi morti, Anca ha deciso di produrre l’ennesimo figlio e di farlo crescere nel grembo di una donna il cui Dna non ha nulla a che vedere con il suo, ma di cui si abituerà a sentire la voce che poi non potrà più ascoltare in vita sua. Producendo un trauma alla nascita, come spiegato da numerosi studi internazionali sul “bounding” (legame feto-madre-padre), per cui il feto è affetto dall’amore/attaccamento, dal rifiuto/distacco (anche attraverso la produzione ormonale), dalla voce o dagli odori materni già in grembo. 

Il ministero della Salute ucraino non ha ancora i dati ufficiali delle nascite avvenute tramite questa tecnica, ma Sergii Antonov, avvocato specializzato in questo campo, ha dichiarato che i bambini che vengono fabbricati così, e che vedono la luce, sono circa 2.000/2.500 all’anno, di cui circa la metà tramite la BioTexCom. Il resto del racconto è sul trattamento ricevuto da Alina e da altre donne, costrette a condividere la stanza nei mesi di gravidanza: «Eravamo tutte molto stressate. La maggioranza delle donne viene da piccoli villaggi in situazioni disperate. Abbiamo passato le prime cinque settimane piangendo senza poter mangiare», aggravando dunque la storia già compromessa del nascituro, che però nell’articolo non viene mai menzionato.

Infatti, oltre ai rischi per la salute del feto durante una tale gravidanza ci sono quelli strettamente legati alle tecniche di fecondazione artificiale, che salta la selezione naturale degli spermatozoi e degli ovociti migliori. Ma non solo, perché in aggiunta al distacco dal "grembo in affitto" in cui il feto è cresciuto, il metodo di concepimento comporta anche danni alla psiche del nascituro: secondo alcune ricerche, il concepimento tramite un atto d’amore, di sottomissione o di violenza ha conseguenze molto diverse sul feto, date le sostanze differenti che il corpo guidato dal cervello materno produrrà, figurarsi cosa accade quando il tutto accade in un laboratorio asettico. 

Durante il parto poi le donne venivano trattate dai medici «come bestiame», aggiunge Alina. Inoltre le condizioni di salute della donna non erano state seriamente analizzate prima del concepimento, tanto che, ha sottolineato Anca, «siamo stati davvero fortunati per il fatto che tutto sia andato a buon fine, ma Alina non avrebbe dovuto essere una candidata per la maternità surrogata: c'erano troppi rischi».

L’articolo prosegue denunciando la storia di una coppia i cui gemelli sono nati troppo prematuramente da una donna a cui la BioTexCom aveva permesso di viaggiare a gravidanza avanzata, sebbene la prematurità potrebbe essere stata semplicemente causata dalla fecondazione assistita. Inoltre, il racconto ha delle contraddizioni, dato che prima si sosteneva che le donne dovevano stare chiuse in una stanza. Non si capisce quindi se l'articolo abbia appositamente esasperato i dettagli, ma in ogni caso lo scopo dell’inchiesta di Aljazeera pare unicamente la denuncia non tanto dell’"utero in affitto" ma delle condizioni in cui viene permesso spingendo per una regolamentazione («la maternità surrogata commerciale in Ucraina non è regolamentata e i due terzi del settore opera illegalmente», sintetizza l’emittente araba.). Come se il problema fosse solo la salute materna e non l’ingiustizia subita dal bambino, quand'anche le “surrogate” fossero tratte come principesse e la regolamentazione icrementasse la pratica e il suo business.

Per questo, quanti hanno davvero a cuore i bambini, volendo mettere il loro interesse davanti ai capricci degli adulti, non può limitarsi a stracciarsi le vesti per le "fabbriche di surrogacy". L’immoralità principale, da cui si generano tutte le altre, è a monte, nell’aver permesso la produzione di figli in laboratorio, al di fuori del rapporto sessuale uomo donna, per cui invece che accogliere un bimbo come un dono che può arrivare o meno, in un momento non stabilito dall’uomo e in un atto gratuito, si preferisce trasformarlo in un oggetto di produzione umana e fredda.

In sintesi, per condannare le derive a cui siamo giunti, occorre tornare a spiegare perché la fecondazione artificiale, in ogni sua forma, anche omologa fra coniugi, è una barbarie. Dato che priva il piccolo della sua identità che deriva dall’essere nato da un gesto di donazione che va al di là del potere e controllo dei suoi genitori, e il cui frutto misterioso (perché non fino in fondo programmabile da loro) è la sua vita.