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STRAGI E POLIZIA VIOLENTA

Sparatorie Usa, come vedere la malattia oltre il sintomo

L’America ha sempre avuto un rapporto di amore e odio con le pistole. Il Secondo Emendamento protegge il diritto di portare armi, anche per difendersi da tirannie esterne e interne. Ma le stragi di massa e la violenza della polizia, in queste settimane, stanno mettendo in discussione ogni certezza. Serve un'analisi lucida per capire le ragioni. Perché sono gli uomini che uccidono, non le armi.

Esteri 20_04_2021 English
Casa Bianca, bandiera a mezzasta dopo la strage di Indianapolis

L’America ha sempre avuto un rapporto di amore e odio con le pistole. Nella maggior parte dei casi, il possesso di armi da fuoco negli Stati Uniti non ha nulla a che fare con la passione per la caccia, né per rivivere il sogno del Selvaggio West, ma è incardinato nel Secondo Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti. Il Secondo Emendamento venne introdotto per incoraggiare il possesso di armi da fuoco e preparare i cittadini a difendersi da una potenziale aggressione (straniera o interna) ai loro diritti e libertà, donati da Dio. Con una cittadinanza armata, poteri politici in malafede sarebbero disincentivati a prendere il sopravvento se una “milizia ben organizzata” fosse pronta ad essere schierata per combatterli.

Con il possesso delle armi ci si attendeva una grande responsabilità, a partire dal primo che propose la proprietà privata delle armi, James Madison, perché servisse, soprattutto, come difesa e deterrente contro i nemici della libertà. Tuttavia, l’ultima ondata di sparatorie di massa e gli episodi di uccisioni commessi da poliziotti ai danni di sospetti che resistono all’arresto, fanno sì che, ancora una volta, l’America si chieda se questo diritto costituzionale abbia ancora senso.

Le ultime settimane sono state particolarmente drammatiche. Il 15 aprile segna il culmine di una serie di sparatorie letali, con un totale di 36 morti. L’ultimo episodio è avvenuto in un deposito della Federal Express a Indianapolis, quando un uomo armato ha ucciso 8 persone e poi se stesso. Una settimana prima, il 7 aprile, Phillip Adams, un ex giocatore professionista di football americano ha sparato a 6 persone nella Carolina del Sud, per poi volgere la pistola su se stesso e porre fine alla sua esistenza. Ancor prima, il 31 marzo, altri 4 sono stati colpiti nella contea di Orange, in California, da un uomo che ha dichiarato di conoscere le vittime personalmente, ma che le ha uccise comunque, sparando loro a bruciapelo, compreso un bambino di 9 anni assassinato fra le braccia di sua madre. Il 22 marzo, a Boulder, Colorado, 10 persone, compreso un agente di polizia, sono state trucidate da un uomo armato in un supermercato. E il 16 marzo, ad Atlanta altre 8 persone (comprese 6 donne di origine asiatica) sono state assassinate da un 21enne in tre diversi centri benessere.

Infine, si sono registrati alcuni incidenti di notevole impatto in cui un poliziotto uccide un sospetto criminale che resiste all’arresto. Il 13 aprile, Daunte Wright, un ragazzo afro-americano di 20 anni, ricercato per rapina a mano armata, è stato ucciso “per errore” da una poliziotta a Minneapolis. L’agente ha dichiarato di aver pensato di estrarre il suo taser invece della pistola. Poi c’è il caso di Adam Toledo, 13enne latino-americano, ucciso a Chicago da un agente di polizia dopo aver tentato di fuggire e aver gettato la sua pistola in un vicolo oscuro, alle 2,30 di notte.

La serie di violenze con armi da fuoco, apparentemente senza fine, sta avvenendo proprio mentre il “processo del secolo” sta arrivando al culmine, quello sul sospetto omicidio di George Floyd per mano dell’agente Derek Chauvin, un caso di uccisione fortemente dibattuto che ha dato il via alla nuova ondata di proteste di Black Lives Matter in tutto il mondo. Esperti chiamati a testimoniare affermano che Chauvin non abbia provocato direttamente il soffocamento Floyd con il suo ginocchio, perché un paramedico che aveva visitato Floyd ha testimoniato che stesse assumendo oppiacei ogni 20 minuti, “a causa della sua forte dipendenza”, comprese le pastiglie che ha sputato nell’auto della polizia. Lo stesso paramedico ha testimoniato che Floyd avesse una pressione sanguigna pericolosamente alta, 216 di massima e 160 di minima, collegata al massiccio uso di droga. Nel frattempo i disordini scoppiati a seguito della sua morte stanno furiosamente rimontando a seguito, sia delle prove contradditorie, sia degli ultimi morti provocati dalla polizia. Non potrebbe esserci una coincidenza peggiore.

Al tempo stesso, leader politici contrari al Secondo Emendamento sono intenzionati a eliminare o ridurre fortemente il diritto a possedere armi da fuoco. Il presidente Joe Biden ha appena firmato una serie di “ordini esecutivi” per combattere quella che lui definisce “un’epidemia e una vergogna agli occhi del mondo”. Il sindaco di estrema sinistra di Chicago, Lori Lightfoot, in un vibrante discorso, ha pianto la morte di Toledo: “Abbiamo fallito, Adam! Non possiamo permetterci di fallire con nessun altro ragazzo di questa città!”. La deputata ancor più di sinistra Alexandria Ocasio Cortez, molto seguita dai suoi 12,6 milioni di followers delle sue pagine social, ha caldeggiato l’abolizione della polizia e ha twittato la sua ira: «Per porre fine a tutto questo non ci si deve limitare a punire chi preme il grilletto. Ma si deve ammettere che c’è un intero sistema che esiste solo per proteggere, difendere e nascondere la violenza di Stato e lo si deve affrontare”. Infine il senatore del Colorado Michael Bennet, che si definisce “un pragmatico” ha chiesto una riforma immediata e massiccia del controllo sulle armi da fuoco, a seguito delle sparatorie nel suo Stato. «Boulder guarirà, ma questa ferita rimarrà sempre aperta. La generazione di mia figlia porterà sempre il peso di un governo federale che non fa nulla per proteggerla”.

La reazione impulsiva dei progressisti è quella di eliminare o ridurre drasticamente il possesso di armi da fuoco e “ripensare” o “abolire la polizia americana. Ma i difensori del Secondo Emendamento non seguono questo discorso emotivo. Pensano che i progressisti vogliano curare il sintomo e non la malattia.

In uno studio giuridico pubblicato recentemente dalla Heritage Foundation, Malattia mentale, armi da fuoco e violenza, giuristi affermano che mentre la malattia mentale sia alla base di una piccola frazione (dal 3 al 5%) di tutti i crimini e degli episodi di violenza accidentale commessi negli Usa, la proporzione cambia nel caso delle sparatorie di massa, in cui la stragrande maggioranza degli artefici ne è affetta, con patologie psichiatriche non curate o neppure diagnosticate. Quindi, la loro tesi è quella di non gettare il bambino con l’acqua sporca, ma identificare e curare in modo appropriato la vera causa della tragedia, con una sanità più accessibile e vigile, anche con un registro nazionale per coloro che hanno avuto una diagnosi di malattia mentale. Anne Coulter, un’opinionista conservatrice, è nota per aver detto: «Le pistole non uccidono la gente, sono i malati mentali che uccidono». E dobbiamo sapere chi sono. Nel suo editoriale sulla Heritage Foundation, la co-autrice dello studio, Amy Swearer, scrive: «Mentre gli atti di violenza di massa pubblica sono estremamente rari, spesso sono eventi che ottengono grande visibilità che influenzano profondamente la percezione sulla diffusione del crimine. Le sparatorie di massa, in particolare, influenzano il dibattito nazionale sul controllo delle armi da fuoco e sulla violenza con armi da fuoco, per ragioni comprensibili. (Tuttavia) la maggioranza degli autori di stragi di massa sono molto probabilmente affetti da gravi malattie mentali prima che commettano il loro crimine e spesso mostrano chiari segni di disordine mentale, paranoia e un carattere irascibile spesso associati a malattie quali la schizofrenia e il disordine bipolare».

Lo studio della Heritage non fa alcuna allusione diretta ad eventuali problemi mentali o traumi degli agenti di polizia, ma solo alla malattia degli “omicidi di massa”. Nonostante tutto, è ben noto che la polizia stia accumulando una dose inimmaginabile di tensione nel loro quotidiano lavoro di pattuglia e devono anche “sopportare traumi” che arrivano fino alla sindrome del disordine post traumatico (o “shock da trincea”) come spesso accade con poliziotti che combattono, come soldati, in una guerra contro nemici nascosti. Non per assolvere la polizia, ma non si può giustificare la richiesta di disarmarla o di cambiare drasticamente le regole su come affrontare chi si oppone all’arresto. Anche la salute mentale degli agenti di polizia deve essere controllata regolarmente, come per ogni uomo che ha le sue fragilità e deve essere impartito un ulteriore addestramento in tecniche di de-escalation, cosa su cui la precedente amministrazione Trump si era impegnata, firmando anche un ordine esecutivo dopo la tragedia di George Floyd.

Infine, quel che lo studio della Heritage non affronta pienamente è il drastico cambiamento dell’atteggiamento dei giovani nei confronti dell’autorità. Contrariamente alle sparatorie di massa, causate da episodi di follia involontaria, la maggior parte dei sospetti che resistono all’arresto sono adolescenti che non temono di combattere contro agenti di polizia e minacciano di ucciderli con le loro armi. Questo avviene anche quando la polizia ha tutto il diritto di chiedere e ottenere la loro detenzione, spesso pienamente giustificata da mandati di arresto o quando li coglie in flagrante mentre brandiscono armi o minacciano altri. Questo è il caso di Toledo e di Wright che hanno tragicamente perso le loro vite in scontri con la polizia. Alcuni giuristi hanno ritenuto che questo fosse anche il caso di George Floyd. Se non avesse immediatamente protestato e fosse rimasto seduto nell’auto della polizia, il destino suo e dell’intera nazione sarebbe stato molto diverso.