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LE RACCOMANDAZIONI

Se l’oncologia sposa l’agenda trans

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L’Associazione Italiana di Oncologia Medica esprime dieci raccomandazioni per la cura dei pazienti transessuali. Alcune sono ragionevoli. Ma altre si allineano al politicamente corretto, sposando le rivendicazioni Lgbt. A danno degli stessi trans.

Editoriali 24_10_2023

Il 16 ottobre scorso è stato pubblicato su eClinicalMedicine, rivista scientifica del gruppo The Lancet, il Position paper dell'Associazione Italiana di Oncologia Medica sulle disparità sanitarie tra le persone transgender e di genere diverso: le raccomandazioni di Assisi. Il position paper è un documento che espone la posizione di un ente, di un gruppo di lavoro, di un’associazione, di un partito politico o di un’azienda su un certo argomento, spesso al centro di vivaci dibattiti.

In questo documento vi sono espresse dieci raccomandazioni per la cura delle persone transessuali o per quelle che, con loro grande sforzo di fantasia, non si riconoscono in nessun sesso. Da una parte, alcune di queste raccomandazioni colgono nel segno perché il paziente transessuale, proprio a motivo delle operazioni subite e/o degli ormoni assunti nonché a motivo del suo stile di vita, merita un’attenzione particolare sotto il versante clinico. In altri termini il suo transessualismo può interessare l’eziologia della patologia, il suo sviluppo e la sua cura.

Su altro fronte però vi sono raccomandazioni che si allineano al politicamente corretto. Ad esempio nella raccomandazione n. 2 possiamo leggere: «Evitare un linguaggio suppositivo durante la stesura dei protocolli clinici». Per capire cosa si debba intendere per “linguaggio suppositivo” andiamo a leggere le Raccomandazioni “oncologia di genere” pubblicate sempre dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) nel luglio di quest’anno. A pagina 11 possiamo leggere: «I reparti oncologici dovrebbero garantire moduli di accettazione con un linguaggio che non faccia supposizioni sull'anatomia in base al genere (ad esempio, “solo per le donne: quando ha avuto l'ultima mestruazione?”)».

Nella raccomandazione n. 3 troviamo invece scritto: «Consentire ai pazienti transgender e di genere diverso di registrarsi con il nome alias e il sesso scelto nei registri sanitari». Ma il nome alias è giuridicamente illegittimo. Continuiamo a leggere: «Rispettare l’identità di genere: utilizzare un linguaggio sensibile al genere, chiedere i pronomi preferiti dei pazienti transgender e di genere diverso. Evitare servizi oncologici etichettati in base al genere (ad esempio, casi di studio esclusivamente femminili in poster e/o altro materiale informativo nelle sale d'attesa e nelle cliniche per la cura dei tumori ginecologici)». Dunque, per non turbare la sensibilità di un maschio che si crede donna non si dovrebbe nemmeno far accenno ai tumori ginecologici. Evidentemente è la natura e non l’uomo a discriminare, dato che la donna è diversa fisicamente e psicologicamente dall’uomo.

Sempre la raccomandazione n. 3: «Nel caso di cliniche ospedaliere che offrono stanze condivise, i pazienti transgender e di genere diverso dovrebbero essere assegnati a stanze condivise in base alla loro preferenza di genere». Avete capito bene: un uomo potrebbe farsi ricoverare in una stanza dedicata solo a pazienti donne. Un principio inclusivo a discapito di quelle donne che non vogliono vedersi aggirare nella loro stessa stanza un uomo in pigiama, magari non ancora operato.

Naturalmente non poteva mancare il dovere di «implementare servizi igienici neutri rispetto al genere» e di «inserire simboli come la bandiera arcobaleno o la bandiera transgender sui siti Web ufficiali degli ospedali».

Passiamo alla raccomandazione n. 6: «Promuovere campagne di sensibilizzazione mirate ai giovani LGBTQIA+ sullo smettere di fumare, sulla riduzione del consumo di alcol, sull’importanza dell’attività fisica e di un’alimentazione sana, sulla prevenzione e sullo screening delle infezioni sessualmente trasmissibili». A parte l’ultima indicazione, assai utile perché l’omosessualità espone maggiormente ad alcune infezioni, non si comprende perché si debba pensare a campagne di sensibilizzazione mirate a persone omosessuali e transessuali su tematiche dove l’essere gay e trans è ininfluente. È come ideare una campagna informativa sul cancro per i giardinieri o i tifosi di calcio.

Raccomandazione n. 7: «Non interrompere il GAHT [interventi ormonali e somministrazione di medicinali volti a mutare i caratteri sessuali] se non strettamente necessario dal punto di vista clinico o come richiesto dai pazienti». Questa raccomandazione, come alcune altre, dimentica gli effetti devastanti sul corpo e sulla psiche dei trattamenti ormonali, effetti riportati da copiosa letteratura scientifica (qui ne vengono indicati, dalla Società Italiana di Andrologia e Medicina della Sessualità, solo alcuni per il “passaggio” da maschio a femmina e qui per il “passaggio” da femmina a maschio. Qui invece gli effetti devastanti della demolizione di organi sani per creare neo peni o neo vagine). Una raccomandazione, la n. 7, che, forse più delle altre, stupisce dato che viene da un’autorevole associazione medica.

Citiamo infine insieme le raccomandazioni nn. 9 e 10: «Offrire una guida ai pazienti transgender e di genere diverso su come possono far valere i propri diritti a ricevere cure adeguate. Collaborare con organizzazioni LGBTQIA+. Contattare i rappresentanti delle organizzazioni LGBTQIA+ nella tua zona e collaborare con loro per nuovi progetti di ricerca. Assicurarsi che le voci della comunità transgender siano sempre ascoltate e integrate nel processo di ricerca e cura». Il contenuto di queste due raccomandazioni, se rimaniamo al loro senso letterale, potrebbe essere anche condivisibile: l’omosessualità e la transessualità, come accennato, possono essere variabili rilevanti per individuare la genesi di alcuni tumori e per la loro cura. Dunque, può essere utile interfacciarsi con le comunità LGBT per trial clinici, studi scientifici, etc. Accanto a questa interpretazione, però, ne esiste un’altra: forte è l’impressione che l’AIOM sposi appieno l’ideologia LGBT volendo così che l’agenda arcobaleno possa dettare le sue regole anche all’interno dei reparti ospedalieri e nei centri di ricerca. La clinica e la scienza medica invece devono astenersi da approcci ideologici. E questo, banale a dirsi, per il bene dei pazienti. Persone transessuali comprese.



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