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Ratzinger in difesa di Tucho, una magia di Tornielli

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Benedizioni "non liturgiche"? Per giustificare Fiducia supplicans il direttore del Dicastero per la Comunicazione tira fuori dal cilindro un documento che parlava d'altro, creando un precedente che non c'è.
- Bux: non esistono benedizioni non liturgiche

Editoriali 29_02_2024 English
IMAGOECONOMICA - PAOLO CERRONI

Vatican News è un giornale di regime. Punto. Non che se ne avesse qualche dubbio, ma la sua ultima prestazione dimostra che la difesa d'ufficio del capo può giungere fino a fare a pezzi la più minima forma di decenza. Fiducia supplicans, benedizioni non liturgiche e quella distinzione di Ratzinger è il titolo peloso di un articolo di Andrea Tornielli (e di chi, sennò?) del 27 febbraio, che sostiene in sostanza una sola cosa: la distinzione introdotta da FS tra benedizioni liturgiche e pastorali non è farina di Tucho, ma nientepopodimeno che del cardinale Ratzinger.

Eccola la prova, la pistola fumante: l'Istruzione circa le preghiere per ottenere da Dio la guarigione della Congregazione per la Dottrina della Fede, all'epoca – a.D. 2000 – guidata proprio da Ratzinger. Che cosa dicesse, tra le altre cose, questo documento, ce lo spiega Tornielli: «Dunque si sancisce che esistono preghiere di guarigione liturgiche o rituali, e altre che non lo sono, ma che pure sono legittimamente ammesse». Ed aggiunge: «Da queste citazioni del testo firmato da Ratzinger e approvato da Papa Wojtyla si evince come il significato del termine “liturgico” utilizzato in Fiducia supplicans per definire le benedizioni rituali, diverse da quelle pastorali, rappresenti certamente uno sviluppo ma che si inserisce nell’alveo del magistero degli ultimi decenni».

Vediamo cosa dispone l'Istruzione a riguardo; nell'art. 2 della sezione “Disposizioni disciplinari” si legge: «Le preghiere di guarigione si qualificano come liturgiche, se sono inserite nei libri liturgici approvati dalla competente autorità della Chiesa; altrimenti sono non liturgiche». “Liturgico” è preso come sinonimo di “rituale”. Ora, è piuttosto ovvio che qualsiasi preghiera può essere liturgica o non liturgica: le orazioni del mattino e della sera che il cristiano compie nella propria casa non sono liturgiche; le Lodi e i Vespri sono preghiere liturgiche. Nihil sub sole novi.

Lo stesso criterio vale per le preghiere per i malati. Il contesto dell'Istruzione è quello di regolare le preghiere di guarigione, praticate da “gruppi carismatici”, e fin dall'art. 1 delle “Disposizioni disciplinari” si chiarisce che «ad ogni fedele è lecito elevare a Dio preghiere per ottenere la guarigione»; quando però si ricorre al Rituale, allora è chiaro che queste preghiere vengono elevate dal ministro competente, con i paramenti e le formule previste.

Dunque, qual è il soggetto di cui si occupa il documento, nonché soggetto dell'affermazione dell'art. 2? Le preghiere di guarigione, rituali o non rituali. Non le benedizioni. Altro è la preghiera e altro la benedizione; più precisamente: altro sono la preghiera e la benedizione ascendente (un'invocazione) e altro la benedizione discendente (benedizione propriamente detta). E quando FS apre alla benedizione di coppie irregolari o omosessuali, parla proprio di benedizioni discendenti (cf. n. 30), benedizioni su queste coppie, di queste coppie, impartite a queste coppie. E dunque le benedizioni differiscono essenzialmente dalle preghiere.

Conseguenza: il sacerdote può compiere delle preghiere non liturgiche, come qualsiasi altro cristiano; mentre invece, quando il sacerdote benedice (benedizione discendente), benedice come ministro della Chiesa, anche se la sua benedizione non è rituale. Quest'ultima benedizione è liturgica? Se per “liturgica” intendiamo un'azione della Chiesa, sì, lo è. Se invece intendiamo “liturgico” come sinonimo di “rituale”, allora non sempre lo è. Ma in entrambi i casi, il sacerdote benedice come ministro della Chiesa, mentre non sempre prega come ministro della Chiesa.
Una preghiera per i malati, come qualsiasi altra preghiera, può non essere liturgica, cioè non compiuta a nome della Chiesa, anche quando vi partecipa un sacerdote. Mentre non è così per la benedizione sacerdotale, che è sempre ecclesiale e, in questo senso, liturgica, anche se non rituale.

Tornielli prende dunque un granchio quando pretende di porre la distinzione fatta dal cardinale Ratzinger, che riguardava le preghiere per i malati, come precedente per legittimare quella introdotta da FS, perché non considera la distinzione fondamentale tra preghiera, anche del sacerdote, e benedizione.

C'è poi una seconda differenza palese, che è sfuggita (forse) a Tornielli. Ossia quella tra un malato e una coppia gay o che vive more uxorio.  Se il Direttore editoriale del Dicastero per la Comunicazione avesse riflettuto solo un attimo su questa distinzione avrebbe compreso perché non è possibile in alcun modo benedire la seconda, mentre invece è più che legittimo benedire il malato (tra l'altro, nell'Istruzione del 2000 non si parla propriamente di benedizione dei malati, ma di preghiera). E la risposta sta sempre in quel Responsum del 2021, con il quale FS è entrato in palese contraddizione: «sono quindi compatibili con l’essenza della benedizione impartita dalla Chiesa solo quelle realtà che sono di per sé ordinate a servire quei disegni». Ordinate. E la persona malata è ordinata a servire i disegni di Dio, la relazione che costituisce la coppia che vive sessualmente fuori dal matrimonio è oggettivamente disordinata.

Anche sul finale dell'articolo, Tornielli commette un nuovo errore, piuttosto grossolano. La benedizione pastorale di FS non legittimerebbe in alcun modo, secondo lui, la prassi sessuale extra coniugale, perché avrebbe il semplice significato di «un'invocazione a Dio perché permetta ai semi di bene di crescere nella direzione da Lui voluta». Ma un'invocazione è una preghiera o una benedizione ascendente, non discendente, che invece è proprio quello che ha introdotto FS. Ma in questo caso, il sacerdote non deve compiere alcun gesto sacerdotale di benedizione sulla coppia che si presenta, come tracciare il segno di croce o imporre le mani. Cosa che invece si sta verificando, con tanto di foto pubbliche – tipo quelle di padre James Martin –, per criticare le quali il sig. Tornielli non si è preoccupato di dedicare nemmeno una riga.

Il prestigiatore-mentalista Tornielli dev'essersi alquanto arrugginito nelle sue arti illusioniste, se pensa di ingannare qualcuno con lo pseudo riferimento a Ratzinger. Piuttosto, un articolo del genere dimostra una volta di più, l'ormai totale mancanza di autorevolezza di questo pontificato, che la nomina al Dicastero per la Dottrina della Fede di un teologo del “calibro” di Fernández non poteva che peggiorare. Per questo pontificato appare vitale ricorrere all'autorità di Ratzinger per poter dare autorevolezza alle sue creazioni claudicanti, quando non palesemente irricevibili. Un fenomeno che si era registrato fin dall'inizio, con la prestazione del collega di Tornielli, mons. Dario Edoardo Viganò, che aveva cercato di arruolare Ratzinger tra i sostenitori dell'alta teologia di Francesco, subito sbertucciato dai suoi maldestri e dalla finezza del Papa emerito. VaticanNews ci ha riprovato e non ha fatto una figura migliore, ma il punto rimane: questo pontificato non riesce ad avere alcuna autorevolezza ed ha sempre bisogno di ricorrere a conferme esterne autorevoli. Che di fatto non ci sono: sono solo le illusioni del mago Tornielli.



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