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STATE OF THE UNION

Parole, omissioni (e gaffe) nel primo discorso di Biden

Sconfitte omesse, successi gonfiati, molta enfasi su quel che sta avvenendo in Ucraina. Se si può lapidariamente riassumere il discorso alla nazione di Joe Biden, il primo State of the Union, alla conclusione del primo anno di amministrazione, queste sono le sue tre caratteristiche. E non manca la gaffe, tipica dell’uomo. 

Esteri 03_03_2022
Joe Biden, Nancy Pelosi (a destra), Kamala Harris (a sinistra)

Sconfitte omesse, successi gonfiati, molta enfasi su quel che sta avvenendo in Ucraina. Se si può lapidariamente riassumere il discorso alla nazione di Joe Biden, il primo State of the Union, alla conclusione del primo anno di amministrazione, queste sono le sue tre caratteristiche. E non manca la gaffe, tipica dell’uomo: “Putin può circondare Kiev con i carri armati, ma non conquisterà mai i cuori e le anime del popolo iraniano (sic!)”. Un brutto lapsus freudiano, oppure un "ukrainian" talmente distorto che tutti hanno capito "iranian" e così è stato riportato persino nella trascrizione del New York Times. In un momento drammatico in cui tutti stanno vivendo col fiato sospeso, almeno un po’ di leggerezza ci voleva.

L'inizio del discorso, tutti i primi quindici minuti, è stato dedicato all’Ucraina. L’invasione russa è considerata come “una scossa alle fondamenta stesse del mondo libero”. Putin è considerato come un presidente che ha commesso un grave “errore di calcolo” perché al contrario delle previsioni di una vittoria facile, “ha incontrato un muro di forza che non aveva previsto, né immaginato. Ha incontrato il popolo ucraino”. Il principio fondamentale di quello che viene visto come il conflitto generale fra democrazie e autocrazie, è: “nel corso della storia abbiamo imparato questa lezione: quando i dittatori non pagano alcun prezzo per la loro aggressione, essi creano ulteriore caos. Continuano a muoversi. E i costi e le minacce per l’America e per il mondo continuano ad aumentare”.

Tuttavia, a questa visione del mondo, tipica degli idealisti (Biden si identifica con la comunità delle democrazie, più che con l’America first), non segue l’enunciazione di una strategia, all’infuori delle sanzioni economiche. “Questa sera, io dico agli oligarchi russi e ai leader corrotti che lucrano miliardi di dollari in questo regime violento: adesso basta. Il Dipartimento di Giustizia sta organizzando un reparto dedicato a investigare sui crimini degli oligarchi russi. Stiamo unendo le forze con gli alleati europei per cercare e requisire i loro yacht, i loro appartamenti lussuosi, i loro jet privati. Stiamo venendo a sequestrare i vostri guadagni illeciti”. Per combattere la nuova guerra fredda, può bastare un sequestro di beni? La sua visione della Russia, popolare negli Usa, parrebbe fondarsi sull’idea dello Stato criminale in cui gli oligarchi hanno come primo fine il guadagno e, se privati dei loro yacht, appartamenti e jet, sarebbero pronti a uccidere Putin che glieli ha fatti perdere. Ma la classe dirigente russa è costituita da militari e agenti dei servizi (lo stesso Putin viene dal Kgb). Con questa guerra ha dimostrato di non essere affatto interessata al denaro, ma di compiere una missione “storica”, a prescindere dai costi. A giudicare dal discorso di Biden e dalle azioni fin qui intraprese, a quanto pare manca un’idea chiara per contenere (o far arretrare) questa Russia.

Non ci sono altri temi di politica estera. La Russia ha involontariamente dato al presidente la possibilità di non parlare di Afghanistan. Neanche un accenno alla ritirata precipitosa che ha lasciato il mondo attonito, lo scorso agosto. E soprattutto, neanche un accenno ai 13 militari americani morti nell’attentato dell’aeroporto di Kabul mentre coprivano la ritirata. Comprensibile che il presidente non vada a rinvangare in quella che è sicuramente una sua sconfitta. Ma non ammettere gli errori, non parlarne, non rendere omaggio alle vittime, non è sicuramente un segno di auto-stima.

Il grosso del discorso di Biden è sulla ricostruzione dell’economia americana, dopo due anni di crisi pandemica. Il presidente democratico sottolinea la sua differenza con il predecessore repubblicano in tema di politica economica. “Contrariamente al taglio di tasse da 2 miliardi di dollari approvato dall’amministrazione precedente a beneficio dell’1% degli americani, l’American Rescue Plan ha aiutato i lavoratori e non ha lasciato indietro nessuno. Ed ha funzionato. Ha permesso la creazione di posti di lavoro, molti posti di lavoro. Nello specifico, la nostra economia ha creato più di 6,5 milioni di posti di lavoro solo l’anno scorso, il maggior dato annuale nella storia d’America”. Idem per la produzione: “La nostra è cresciuta del 5,7% l’anno scorso, il dato più alto negli ultimi 40 anni”.

I dati sono reali e verificabili, ma Biden omette il contesto. L’economia americana sta recuperando rapidamente, ha raggiunto e superato leggermente i livelli pre-crisi, ma questo dopo una rapida e profonda recessione nel 2020. Ed anche le persone assunte l’anno scorso, non possono essere contate come “nuovi” posti di lavoro, se non si tolgono i dati sui licenziamenti nel 2020. Si parla di rimbalzo, non di una vera crescita. Per altro, il tanto contestato taglio di tasse di Donald Trump aveva garantito, invece, una crescita record, molto maggiore rispetto agli anni di Obama. In compenso si sta registrando, in questo inizio 2022, la più rapida crescita dell’inflazione degli ultimi 40 anni.

Su un punto, Biden è indistinguibile da Trump: il protezionismo. Buona parte del discorso economico è improntato sul principio America First: “Noi usiamo i dollari del contribuente americano per ricostruire l’America. Noi compiamo americano, compriamo prodotti americani per sostenere lavoratori americani. Ogni amministrazione dice che lo vuole fare, ma noi lo stiamo facendo. Noi compreremo americano per assicurarci che tutto, dal ponte di una portaerei all’acciaio dei guardrail delle autostrade è prodotto in America”.

Su un altro aspetto, invece, Biden è l’opposto di Trump. È apertamente schierato contro il diritto alla vita, per i “diritti delle donne”. Riferendosi alla sconfitta subita dai Democratici in Senato, sulla proposta di liberalizzare l’aborto a livello federale, Biden dichiara: “Promuovere la libertà e la giustizia richiede anche la protezione dei diritti delle donne. Il diritto costituzionale, stabilito nella sentenza Roe vs Wade (aborto legale, ndr), che ha fatto da precedente per mezzo secolo, ora è sotto attacco come mai prima. Se vogliamo andare avanti, non indietro, dobbiamo proteggere l’accesso ai servizi della sanità. Difendere il diritto di scelta della donna”. Ma non del nascituro.