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EDITORIALE

Papa e ius soli tra equivoco e malafede

Nella frase incriminata nel messaggio di papa Francesco per la Giornata dei migranti, in effetti non c'è un riferimento allo ius soli ma ad un altro problema che riguarda alcuni paesi del Sud del mondo. Eppure la Sala stampa vaticana, così come tante alre volte, se ne guarda bene dal correggere certe distorsioni. Una situazione inaccettabile che intanto consiglia di ignorare giornali e tg per leggere direttamente le parole del Papa.

Editoriali 23_08_2017
Interventi estemporanei del Papa

La strumentalizzazione, che la stampa amica del governo ha fatto in Italia di una frase del recente messaggio di Francesco per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2018, conferma quanto il Papa abbia bisogno di una Sala Stampa Vaticana efficiente, di cui a quanto pare è invece privo.

Si è preteso che fosse una dichiarazione di appoggio al progetto di legge cosiddetto dello “ius soli” la frase che segue: “Nel rispetto del diritto universale ad una nazionalità, questa va riconosciuta e opportunamente certificata a tutti i bambini e le bambine al momento della nascita. La apolidia in cui talvolta vengono a trovarsi migranti e rifugiati può essere facilmente evitata attraverso una legislazione sulla cittadinanza conforme ai principi fondamentali del diritto internazionale”.

In effetti con tali parole ci si riferisce a un caso molto specifico che riguarda per lo più Paesi poco sviluppati dell’emisfero Sud. Nei Paesi più sviluppati e organizzati, infatti, è ovvio e normale che l’anagrafe registri anche la nascita di stranieri, senza che tale registrazione implichi pure (salvo diversa norma di legge) il riconoscimento ipso facto della cittadinanza. L’avvenuta registrazione viene poi trasmessa al Paese d’origine o automaticamente o a cura dei genitori del nato.  

In molti Paesi meno sviluppati dell’emisfero Sud, invece, la registrazione all’anagrafe equivale (o comunque viene spesso confusa) con il riconoscimento della cittadinanza. Può perciò accadere che invece di affinare le procedure amministrative si eluda il problema negando  la registrazione della nascita ai figli di stranieri.  Non potendo perciò venire registrati nemmeno nel Paese di cittadinanza dei lori genitori, questi bambini e bambine diventano degli apolidi se non dei veri e propri “fantasmi” amministrativi.  E’ il caso ad esempio dei figli dei braccianti haitiani che vanno a lavorare nelle piantagioni della vicina Repubblica Dominicana.  

Come si vede la questione non c’entra per nulla con il progetto di legge che il governo Gentiloni intende far passare nel nostro Paese, quello cioè in forza del quale dei minori nati in Italia da stranieri potrebbero diventare cittadini italiani a prescindere dalla cittadinanza dei genitori. Un progetto – osserviamo qui per inciso - che senza alcun necessario motivo spacca al loro interno le famiglie degli immigrati. Già a legislazione vigente, infatti, la concessione della cittadinanza ai genitori si estende automaticamente ai loro figli minori. Non si vede  invece quale bisogno ci sia di aprire la strada alla possibilità che in una stessa famiglia siano stranieri il padre e la madre, e invece cittadini italiani i loro bambini. 

Al di là di questo sta di fatto che, come si è detto, la frase in questione non c’entra per nulla con il dibattito in corso in Italia. Non sorprende che ancora una volta il pensiero di Francesco sia stato ripreso da grandi media “laici” in modo censurato e distorto. Sorprende però che dalla Sala Stampa Vaticana non venga il minimo contrasto a tali censure e distorsioni (e probabilmente anche nessun consiglio su come ridurre la vulnerabilità al riguardo dei documenti che vengono via via pubblicati).  

Per motivi sia attuali che storici, sui quali già più volte ci soffermammo, nel suo insieme il sistema massmediatico internazionale è mal disposto se non ostile alla visione del mondo cristiana.  Nel mondo dei media tutto ciò che proviene dal Papa, dalla Chiesa e in genere da realtà cristiane naviga, per così dire, costantemente contro vento. Chi lavora al servizio della comunicazione del Papa dovrebbe più che mai tenerne conto. Non si possono lanciare i documenti papali come aeroplanini di carta nello spazio senza poi preoccuparsi della fine che fanno. Bisogna scortarli. E’ ovvio che non deve farlo il Papa, ma dovrebbe farlo la Sala Stampa Vaticana, come magistralmente accadeva ai tempi di Giovanni Paolo II e di Joaquín Navarro Valls. La situazione di fondo è quella che dicevamo, ma dalla Sala Stampa Vaticana potrebbero fare molto per mitigarne le conseguenze negative. Invece a quanto si vede non fanno nulla. 

Frattanto l’unico modo per mettersi al sicuro da tali censure e distorsioni è quello di non dare il minimo credito a ciò che i maggiori giornali e telegiornali riferiscono del Papa. L’unica notizia certa che ne possiamo ricavare è che Francesco ha detto qualcosa; non che cosa ha detto. Di qui l’urgenza di impegnarsi  con se stessi a non pensare nulla in proposito prima di aver letto di persona le sue parole, oggi accessibili a chiunque via Internet sul sito www.vatican.va.