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PMA E MAGISTERO

Ovociti congelati, quel che la ginecologa Porcu non dice

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In un’intervista al Quotidiano Nazionale, Eleonora Porcu, ginecologa di fama, parla del congelamento degli ovociti ai fini della fecondazione artificiale come se fosse una pratica accettata dalla Chiesa. Ma così non è. Riprendiamo il Magistero.

Vita e bioetica 13_03_2024
Icsi (Wikimedia commons)

Alle cronache, dal Corriere della sera al Quotidiano Nazionale, è nota come la donna che ha fatto nascere circa 5 mila bambini concepiti in provetta. Parliamo di Eleonora Porcu, ginecologa di fama oggi in pensione, membro del Consiglio superiore di sanità e per decenni responsabile del centro di fecondazione artificiale del Policlinico Sant’Orsola di Bologna, con Carlo Flamigni tra i suoi maestri.

Tra i fondatori di Scienza & Vita, figura molto in vista ai tempi del dibattito sulla Legge 40, la dottoressa Porcu si dichiara cattolica praticante. E negli ambienti e media del cattolicesimo “liberal”, il suo approccio alla Pma (procreazione medicalmente assistita, come viene eufemisticamente chiamata la fecondazione artificiale) è da tempo indicato come un modello da seguire, come se fosse in linea con l’insegnamento costante della Chiesa. Le cose non stanno così, anche se certe interviste della ginecologa contribuiscono ad alimentare la confusione, complice ovviamente il fatto che sono ormai poche le voci che trasmettono e ricordano pubblicamente quanto dice il Magistero sul tema.

La dottoressa Porcu è stata una pioniera nell’uso congiunto del congelamento degli ovociti e dell’Icsi (iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo), una tecnica che costituisce una variante della fecondazione in vitro. E vanta, tra gli altri record, la prima nascita a livello mondiale con l’uso di ovociti congelati e Icsi (1997). Ma andiamo alla confusione di cui sopra. Alla domanda di Monica Raschi, per il Quotidiano Nazionale, su come sia stata possibile la lunga collaborazione con l’ateo Flamigni alla luce della diversità di vedute etiche, la Porcu risponde: «Flamigni capì che il mio approccio alla scienza voleva rispettare le radici della vita. Lui amava definirsi agnostico più che ateo, propenso alla sperimentazione. Il congelamento degli ovociti poteva coniugare un importante aspetto scientifico con quello etico, che sostituiva il congelamento degli embrioni, non ben visto dalla Chiesa».

Vero che la Chiesa condanna il congelamento degli embrioni perché contrario alla dignità della persona; ma quel che nell’intervista non si dice – e che la Porcu, stando a quanto riportato su QN, non chiarisce neanche nella successiva risposta su come sia stato accolto il suo lavoro nella Chiesa (né dà conto della diversità di idee dei cardinali che cita) – è che il Magistero rigetta anche il congelamento degli ovociti. Per dirla con le parole dell’istruzione Dignitas Personae (2008) della Congregazione per la Dottrina della Fede: «La crioconservazione di ovociti in ordine al processo di procreazione artificiale è da considerare moralmente inaccettabile». (DP, 20).

E allo stesso modo, chiaramente, la Chiesa considera la collegata tecnica dell’Icsi, che separa i due significati dell’atto coniugale, cioè il significato unitivo e quello procreativo. Infatti, come altre forme di fecondazione in vitro, «anche l’Icsi – come aggiunge la Dignitas Personae citando la Donum Vitae (1987) nella parte in cui tratta di Fivet omologa – “è attuata al di fuori del corpo dei coniugi mediante gesti di terze persone la cui competenza e attività tecnica determinano il successo dell’intervento; essa affida la vita e l’identità dell’embrione al potere dei medici e dei biologi e instaura un dominio della tecnica sull’origine e sul destino della persona umana. Una siffatta relazione di dominio è in sé contraria alla dignità e all’uguaglianza che dev’essere comune a genitori e figli. Il concepimento in vitro è il risultato dell’azione tecnica che presiede alla fecondazione; essa non è né di fatto ottenuta né positivamente voluta come l’espressione e il frutto di un atto specifico dell’unione coniugale”». Detto altrimenti, se le tecniche mediche aiutano a rimuovere le cause dell’infertilità e al contempo rispettano la dignità della persona (come si propone ad esempio la naprotecnologia) sono lecite, ma non lo sono se si sostituiscono all’atto coniugale, come avviene con la Pma.

Dunque, il lavoro della dottoressa Porcu in fatto di fecondazione artificiale può anche godere del plauso di una discreta fetta del mondo cattolico – una fetta che oggi probabilmente è divenuta maggioritaria e che cade nel tranello del cosiddetto “male minore” – ma rimane contrario al costante Magistero della Chiesa e alla legge morale naturale che esso trasmette. Legge naturale la cui «osservanza, chiesta dal Creatore, è necessaria alla salvezza», come ricorda il Catechismo.

Se lo si riscoprisse, il Magistero, si constaterebbe come esso non è affatto estraneo alla necessità di amare ogni singolo bambino concepito con tali tecniche (di cui i figli non portano ovviamente la responsabilità morale); né tantomeno è estraneo alle sofferenze di quelle coppie che non riescono a concepire un figlio, ma le esorta a coltivare questo desiderio, in sé legittimo, nella logica del dono e quindi all’interno dell’ordine voluto dal Creatore, ben sapendo che nell’unione alla croce di Cristo anche una sterilità fisica può tramutarsi in una grande fecondità spirituale (cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2379). La scelta, in definitiva, è tra il summenzionato dominio della tecnica sull’origine della persona e, all’opposto, la collaborazione degli sposi all’opera creatrice di Dio, dove cioè l’essere umano origina – come disse san Giovanni Paolo II in un discorso del 1983, ripreso dalla Donum Vitae – da una procreazione «legata all’unione non solamente biologica ma anche spirituale dei genitori uniti dal vincolo del matrimonio». Tutto un altro sguardo.



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