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Obbligo vaccinale, sulla Corte l'ombra della politica

Sulla decisione della Consulta in merito all'obbligo vaccinale aleggia l'ombra di un condizionamento politico? Due terzi dei suoi attuali membri sono il riflesso dell’indirizzo politico delle ultime coalizioni di centro-sinistra, quindi la Corte Costituzionale risente di un’affinità alla sensibilità politica e culturale del centro-sinistra per la vaccinazione di massa. Il fatto riporta a galla il tema mai risolto del rischio che un giudice costituzionale sia indotto a “piegare” la ratio delle disposizioni all’indirizzo politico e agli orientamenti ideologici espressi dei partiti dominanti.

Politica 23_12_2022

La decisione della Corte costituzionale che “salva” l’obbligo vaccinale, come anticipato dal comunicato stampa del 1° dicembre 2022, pare da un lato disattendere i dubbi di legittimità costituzionale rilevati da numerosi giuristi (professori, avvocati e magistrati), dall’altro deludere le aspettative di un’ampia parte dei cittadini italiani che si è sentita lesa nei diritti e nelle libertà fondamentali a seguito dei provvedimenti adottati dai precedenti governi.

Fra le pagine di codesto quotidiano sono stati versati fiumi di “inchiostro” per rilevare i molteplici aspetti di incostituzionalità dell’obbligo vaccinale. Allorquando verrà emessa la sentenza si conosceranno le ragioni della decisione, ma, allo stato, bisogna prendere atto che il Supremo organo che esercita il controllo di conformità costituzionale degli atti aventi forza di legge (art. 134 Cost.) ha ritenuto “non irragionevoli, né sproporzionate, le scelte del legislatore adottate in periodo pandemico sull’obbligo vaccinale del personale sanitario”. Una tale decisione sembra smentire le ragioni di quanti invocavano il rispetto della Costituzione contro l’obbligo vaccinale.

Come noto, la Corte costituzionale è composta di quindici giudici, nominati per un terzo dal Presidente della Repubblica, per un terzo dal Parlamento in seduta comune, e per un terzo dalle supreme magistrature ordinaria ed amministrative, i quali rimangono in carica per nove anni (art. 135 Cost.). Attualmente la Corte è composta da 2 giudici nominati nel 2014 da Giorgio Napolitano e 3 da Sergio Mattarella (fra quelli eleggibili dal Capo dello Stato). Dei 5 giudici nominati dal Parlamento in seduta comune (fra essi vi è la presidente della Corte Silvana Sciarra) ben 4 sono stati eletti sotto il Governo Renzi (2014-2015).

Un quadro della composizione dei membri della Corte costituzionale permette di focalizzare che due terzi dei suoi membri sono il riflesso dell’indirizzo politico che le coalizioni ed i partiti di centro-sinistra hanno impresso alle istituzioni repubblicane. Ed infatti i 4 giudici della Corte nominati nel 2014-2015 sono espressione della maggioranza parlamentare che apparteneva alla allora coalizione di centro-sinistra, guidata dal Partito democratico; mentre altri 5 giudici sono espressione del percorso politico e culturale degli ultimi due Presidenti della Repubblica. Giorgio Napolitano ha militato negli anni della giovinezza nel Partito comunista per poi essere transitato verso i valori del socialismo democratico (è stato ministro dell’Interno del Governo Prodi nel 1996 ed europarlamentare fra le file dei democratici nel 1999-2004); Sergio Mattarella, dopo l’inizio nella democrazia cristiana, ha proseguito il suo impegno politico aderendo a partiti di centro-sinistra (PPI, Margherita, Partito democratico), ricoprendo vari ruoli istituzionali (è stato ministro nei governi d’Alema e Amato 1998-2001). Nella candidatura e nell’elezione dei due Presidenti hanno avuto un ruolo essenziale i partiti e i leader di centro-sinistra.

Ciò spiega perché non desti alcuna meraviglia la decisone della Corte costituzionale sull’obbligo vaccinale: essa risente di un’affinità alla sensibilità politica e culturale del centro-sinistra per la vaccinazione di massa (raccomandata o resa obbligatoria). Si pensi non solo ai più recenti interventi in materia di obbligo vaccinale anticovid-19 assunti dal governo Draghi, che, pur trovando un appoggio trasversale anche in partiti di centro destra, sono stati largamente sostenuti e voluti dai partiti di centro-sinistra con a capo il Ministro della salute Roberto Speranza; ma si pensi anche ad interventi normativi meno recenti, tesi a rafforzare gli obblighi vaccinali esistenti e ad introdurne di nuovi (si ricordi il Decreto legge n. 73/2017 che ha esteso da 4 a 10 le vaccinazioni obbligatorie in età pediatrica, approvato sotto il Governo Gentiloni). Il Presidente Sergio Mattarella, lungo tutto il corso della “pandemia” da coronavirus e sin dall’introduzione dell’obbligo vaccinale e del green pass - quale garante della Costituzione - non ha mai esercitato il potere di veto sospensivo, rinviando una legge al Parlamento e chiedendo un nuova deliberazione o un riesame (art. 74 Cost.).

Non si intende qui delegittimare il ruolo e la funzione della Corte Costituzionale che è un organo di importanza fondamentale dell’assetto costituzionale italiano (e di ogni moderno Stato democratico fondato su una Costituzione rigida), cui spetta esercitare un controllo a garanzia della Costituzione, ma evidenziare che la Corte, così come è composta - sebbene annoveri fra i suoi membri personalità di alto profilo ed eccellenti competenze giuridiche - subisca un’ingerenza eccessiva da parte del potere politico, direttamente (attraverso l’elezione del Parlamento) e indirettamente (con la nomina da parte del Capo dello Stato, che a sua volta è eletto del Parlamento).

Il rischio è che un giudice costituzionale, nell’attività di interpretazione della Carta costituzionale sia indotto a “piegare” il senso letterale e la ratio delle disposizioni e dei principi ivi contenuti, all’indirizzo politico e agli orientamenti ideologici espressi dei partiti dominanti. Ed infatti quanto più la composizione della Corte riflette le posizioni del potere politico, tanto più sarà portata a legittimarne le scelte incorporate negli atti di legge adottati, sino a forzarne - oltre misura - una lettura ed una interpretazione conforme alla Costituzione.

È evidente che un eccessivo condizionamento politico della Corte costituzionale ne svuota o svilisce la funzione principale che è proprio quella di sindacare l’operato del legislatore ordinario, al fine di verificarne la conformità alla Costituzione. Per allontanare questo rischio e preservare il ruolo della Corte costituzionale come collegio super partes, svicolato dagli interessi e dalle ingerenze dei partiti e dagli altri organi costituzionali, e garantirne l’effettiva neutralità ed imparzialità, sarebbe utile, oggi, ripensare alla sua composizione e ai criteri di nomina dei suoi membri che incidono sugli equilibri della maggioranza e sulle sue decisioni (un’ipotesi potrebbe essere quella di conferire un maggior peso di nomina dei membri della Corte alla magistratura).

Ma a ben vedere il problema non riguarda i criteri di nomina dei membri della Corte, per i quali i costituenti hanno prefigurato un eccellente equilibrio, attribuendo ai 5 giudici nominati dal Capo dello Stato la funzione di ago della bilancia, fra quelli eletti dal Parlamento e quelli eletti dalla Magistratura. Il problema attiene al Presidente della Repubblica, ed in particolare alla mancanza della previsione, per tale ruolo, di criteri di ineleggibilità o incandidabilità. Oggi a Capo dello Stato può essere eletto qualunque cittadino che abbia cinquant’anni d’età e goda diritti civili e politici (art. 84 Cost.). Ma ciò è sufficiente per garantirne l’imparzialità ed il ruolo super partes di garante della Costituzione? Quanto invece il percorso politico, spesso di parlamentare e/o con incarichi anche di governo, può incidere sulla neutralità ed imparzialità richieste per tale ruolo istituzionale?

Solo prevedendo criteri rigorosi di imparzialità ed indipendenza del Capo dello Stato e della Corte costituzionale, la Carta fondamentale della Repubblica italiana potrà essere “difesa” dall’attività del legislatore, sia in via preventiva mediante il potere di rinvio al Parlamento di una legge di dubbia costituzionalità da parte del Presidente della Repubblica, sia in via mediata con la facoltà di nomina ad esso spettante dei 5 membri della Corte costituzionale, sia in via successiva attraverso il sindacato di costituzionalità che compete ai giudici della Corte.