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fede e ragione

Leone XIV e la Rerum novarum: un consiglio di Augusto Del Noce

L'auspicio del nuovo Papa a riscoprire l'enciclica più nota di Leone XIII implica il ritorno all'intero corpus leonino e alla filosofia cristiana, senza i quali essa diventerebbe incomprensibile.

Dottrina sociale 19_06_2025

Si fa un gran parlare oggi della ripresa di Leone XIII e della Rerum novarum dopo l’appello in questo senso di Leone XIV. Perfino l’Osservatore Romano ha pubblicato i primi due paragrafi dell’enciclica. Il punto, però, è cosa si voglia riprendere di Leone XIII e della Rerum novarum.

A questo proposito risulta di grande interesse un intervento di Augusto Del Noce del 1982 pronunciato all’VIII Congresso tomistico Internazionale e avente come titolo “Fede e Filosofia secondo Étienne Gilson”. In esso Del Noce parla di Gilson ma anche di Leone XIII e inquadra l’insegnamento sociale di quest’ultimo nel suo contesto più proprio.

Secondo Gilson – è Del Noce che parla – “il lavoro del filosofo si riduce a rendere esplicita la concezione del reale che si trova implicita nella rivelazione”. Ciò richiede di pensare che la rivelazione contenga delle pretese epistemiche, ossia che non possa accompagnarsi ad ogni filosofia, ma proponga dei contenuti affidando alla filosofia cristiana impostata sul realismo metafisico il compito di svilupparli. Questa filosofia naturale si chiama “cristiana” non perché diventi una fede, ma perché esplicita i contenuti metafisici della fede. Del Noce è ancora più chiaro: “La fede suppone infatti inclusa in essa una metafisica, e non si esce dalla fede rendendola esplicita”. Se la filosofia si stacca dalla fede diventa “positivismo”, ossia si perde come filosofia dato che il positivismo è la negazione della filosofia.

A questo punto dell’articolo Del Noce introduce Leone XIII considerandolo “il più grande filosofo cristiano del secolo XIX e uno dei più grandi di tutti i tempi”. Papa Leone, secondo Del Noce, aveva prodotto un corpus della filosofia cristiana del secolo XIX costituito dalle sue maggiori encicliche: Aeterni Patris, 1879; Libertas, 1888; Arcanun divinae sapientiae sul matrimonio cristiano, 1880; Humanum genus sulla massoneria, 1884; Diuturnum illud sul governo civile, 1881; Immortale Dei sulla costituzione cristiana degli Stati, 1885; Quod apostolici muneris sul socialismo, 1878; Sapientiae christianae sul cristiano nella società, 1990; Rerum novarum su diritti e doveri del capitale e del lavoro, 1891.

Nell’enciclica Annum ingressi del 1902, poco prima della sua morte, il Papa stesso fece l’elenco di queste encicliche indicando l’ordine logico con cui avrebbero dovuto essere lette. Nell’articolo di cui stiamo parlando Del Noce si chiedeva “perché nessuno in Italia abbia pensato alla edizione delle nove encicliche” e aggiungeva: “Mi sono altresì domandato se, almeno di sei di queste encicliche, la più gran parte degli intellettuali cattolici conoscano almeno il nome”.

Infine, Del Noce parla della Rerum novarum in questi termini: “Non possiamo non constatare l’oblio in cui sembra caduta la sola di queste encicliche a cui i politici cattolici erano soliti fare riferimento in un passato non troppo lontano, la Rerum novarum. Diciamo pure con ragione, perché scissa dal suo fondamento filosofico, dal contesto delle nove encicliche essenziali, e in particolare dalla Aeterni Patris, è destina a perdere significato”.

Il ritorno alla Rerum novarum proposto ora da Leone XIV è ben più di un ritorno alla Rerum novarum. L’invito comporta un ritorno all’intero corpus leonino e alla filosofia cristiana. Ma soprattutto richiede di confermare che la rivelazione cristiana contiene in sé una metafisica che spetta alla ragione esplicitare. Sull’ordine che in questo modo viene messo a fuoco si fonda poi la Dottrina sociale della Chiesa.