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SANTI E ANIMALI / 2

La lepre e Marculfo, il “santo dei re”

L’agiografia di Marculfo fa risalire al 538 l’anno in cui, passando per l’episodio del salvataggio di una lepre nel bosco, iniziò una lunga tradizione durata fino a Luigi XIV: quella dei re di Francia che dopo l’incoronazione andavano in pellegrinaggio sulla tomba del santo per chiedere di essere preservati dalla scrofola e guarire i malati lì presenti.
- LA RICETTA: TEURGOULE

Cultura 05_09_2022

Il bosco fitto risuona di voci concitate e latrato di cani. L’uomo seduto su un tronco caduto interrompe la preghiera e tende l’orecchio. Sente il fruscio delle foglie morte e vede una lepre impaurita sbucare dal bosco. L’uomo si alza. Porta un saio semplice legato in vita con una corda. I piedi nudi calzano sandali rattoppati con lo spago. Tende le braccia e la lepre vi si rifugia. Subito dopo, la terra trema sotto gli zoccoli dei cavalli e un gruppo di cavalieri appare a sua volta. Un giovane in sella ad un cavallo nero punta verso il petto del monaco l’arco con la freccia innestata e gli intima di consegnargli la lepre. Il monaco la lascia andare invece. La lepre scompare nel bosco.

I cavalieri ridono divertiti, mentre il giovane col cavallo nero si arrabbia ancora di più sentendosi sbeffeggiato dai compagni. Minaccia il monaco. In quel momento il suo cavallo si imbizzarrisce e lo sbatte a terra. Il giovane è seriamente ferito, si lamenta per il dolore. Con tutta evidenza ha un braccio spezzato e una gamba è piegata in modo innaturale sotto di lui. Gli altri uomini sono scesi dai cavalli e si sono messi in semicerchio intorno all’amico caduto. Sono preoccupati e non sanno troppo cosa fare.

Il monaco si avvicina e posa le mani prima sul braccio, poi sulla gamba del giovane, mentre prega sotto voce. Poi fa il segno della croce e benedice il ragazzo, che smette di lamentarsi e si alza da terra arzillo. In quel momento dal fitto del bosco sbuca un altro cavallo, di rara bellezza, addobbato con paramenti reali. In sella c’è il re, che ha visto tutta la scena. Il re scende e si dirige verso il monaco. Si inginocchia davanti a lui e gli chiede la benedizione e l’imposizione delle mani, implorando la guarigione. Il monaco lo benedice e gli tocca il collo. Siamo nel VI secolo, nel 538 per la precisione, e ci troviamo nel bosco di Coutances, nel nord della Francia. Il monaco è Marculfo (o Marcolfo), diventato poi santo, mentre il re è Clotario I (498-561) re merovingio dei Franchi.

Quel momento costituisce linizio di una lunga tradizione, durata fino al Re Sole: quella dei re di Francia che dopo l’incoronazione andavano in pellegrinaggio sulla tomba di san Marculfo per chiedere la guarigione dal “male dei re”. Questo male altro non era che la scrofola, o più scientificamente adenopatia tubercolare cervicale cronica: è il nome di una malattia di origine tubercolare che provoca fistole purulente localizzate sui linfonodi del collo.

Marculfo era stato dato alla luce nel 490 circa a Bayeux, nel dipartimento del Calvados, una zona della Normandia. Nasce in una famiglia nobile cristiana. Fin da piccolo ha una forte vocazione e una fede profonda, che lo porta alla maggiore età a donare tutti i suoi beni e a ritirarsi a Coutances. Qui viene ben accolto dal vescovo del luogo, che diventa suo padre spirituale. Giunto all’età di trent’anni, Marculfo viene ordinato prete dal vescovo, che lo invia poi ad evangelizzare i villaggi della regione. Marculfo conduce una vita santa ed esercita il suo dono di guaritore. Attrae molti discepoli che raccoglie in un monastero a Nanteuil, di cui diviene il primo abate. Trascorre la Quaresima in un’isoletta vicina, chiamata più tardi San Marculfo, dove muore nel 558.

Nel IX secolo, dopo l898, le sue reliquie furono traslate a Corbeny (Aisne), tra Reims e Laon. Corbeny fu offerta nell’aprile del 907 a Frederuna al momento del suo matrimonio con Carlo III il Semplice, e alla sua morte passò per testamento ai monaci del priorato di Saint-Marcoul de Corbeny che dipendeva dall’abbazia di Saint-Remi de Reims. Come ci ricorda Rombaut van Doren, «il nome di Marculfo è associato al “privilegio” che, nel 906, avrebbero ottenuto dal santo i re di Francia: quello di guarire, toccandole, le piaghe. Dopo essere stato incoronato a Reims il re (per lo meno da san Luigi a Luigi XIII), si recava in pellegrinaggio a Corbeny, vi venerava il capo del santo e, dopo aver ascoltato la Messa, faceva sui malati un segno di croce dicendo: “Il re ti tocca, Dio ti guarisce”».

Sotto i carolingi, Corbeny aveva una residenza reale. Vi soggiornarono Pipino il Breve e suo figlio Carlo Magno e, poi, vi soggiornò anche Carlo III il Semplice nel 900 durante le invasioni normanne. Quest’ultimo concesse asilo ai monaci di Nanteuil, che portarono con sé le reliquie di san Marculfo. Fece costruire un priorato a Corbeny. In questo priorato, oggi distrutto, riposavano come detto le reliquie di san Marculfo. I re di Francia vi venivano a meditare il giorno dopo la loro incoronazione a Reims, prima di dedicarsi nella chiesa o nel cortile del palazzo alla sopra descritta pratica di guarire i malati attraverso la venerazione delle reliquie del santo e la sua intercessione.

Uno dei re più devoti a san Marculfo era san Luigi IX (1214-1270), che si recava spesso al suo santuario e toccava le reliquie per ottenere la guarigione dal “male dei re”. Anche alcuni re inglesi medievali seguirono questa pratica.

Le reliquie di Marculfo, che erano state nel frattempo portate a Reims per l’incoronazione di Luigi XIV e dei suoi successori, furono prese di mira dai rivoluzionari francesi, nel 1793: era comprensibile, visto che Marculfo era in qualche modo il “santo dei re”… Infatti, durante la Rivoluzione francese, il priorato di Corbeny fu abolito e dichiarato proprietà nazionale secondo la legge. Le reliquie di san Marculfo furono trasferite nella chiesa parrocchiale, ma nel 1793 la teca che le conteneva fu rotta. Il culto cattolico fu nuovamente autorizzato nel 1795 e le reliquie nascoste da un abitante del villaggio furono restituite alla chiesa di Corbeny. Nel corso del XIX secolo le reliquie furono poste in una nuova teca.

San Marculfo è stato raffigurato in diverse opere d’arte, per esempio: come abate di Nanteuil in una bellissima vetrata del 1898 della chiesa di Saint Marcel de Charray; una statua policroma è esposta alla cappella di Saint Michel a Clermont-en-Auge, nel Calvados. Oggi il culto di san Marculfo continua immutato, non solo in Francia. È ricordato il 1° maggio ed è protettore contro le malattie della pelle e la scrofola. Ogni anno migliaia di pellegrini si recano a Corbeny per chiedere la grazia della guarigione.