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IL QUESITO

La fine della pandemia (quando lo decideranno "loro")

Quando finirà la pandemia? Non quando i morti saranno a zero, ma quando la società cesserà di essere interamente consumata dalla scioccante metrica della pandemia. Spetta anche a noi fare sì che non sia un prodotto appetibile per i grandi media. 

Editoriali 24_01_2022 Español

La fine della pandemia non dipende dal virus, bensì dai governi e dai media. Il British Medical Journal ha di recente pubblicato un interessante articolo che s’intitola La fine della pandemia non sarà trasmessa. David Robertson e Peter Doshi, i due autori dell’articolo, scrivono: «Non esiste una definizione universale dei parametri epidemiologici per la fine di una pandemia. Con quale parametro, quindi, sapremo che in realtà sarà finita? L'Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato la pandemia di Covid-19, ma chi ce lo dirà quando sarà finita?».

Gli autori spiegano che l’infodemia dilagante «ha contribuito a creare la sensazione che la pandemia sarà finita quando tutti gli indicatori […] raggiungeranno lo zero (infezioni, casi, decessi) o 100 (percentuale di vaccinati). Tuttavia, le pandemie respiratorie del secolo scorso mostrano che la fine non è precisa e che la fine della pandemia è meglio intesa come ripresa della vita sociale, non con il raggiungimento di obiettivi epidemiologici specifici. Le pandemie respiratorie degli ultimi 130 anni sono state seguite da ondate stagionali annuali alimentate dall'endemicità virale che in genere continua fino alla prossima pandemia».

In particolare l’articolo sottolinea che il criterio “malati zero” e/o “mortalità zero” non può essere assunto come criterio valido per dichiarare chiusa la stagione pandemica: «L'idea […] che una pandemia finisca quando i casi o i decessi scendono a zero è in contrasto con l'evidenza storica la quale ci dice che una sostanziale morbilità e mortalità per influenza continua a verificarsi, stagione dopo stagione, tra le pandemie».

Non solo, ma l’indice riferito alla mortalità può essere fuorviante anche per un altro motivo. Gli autori avvertono che «la fine di una pandemia non può essere definita dall'assenza di morti in eccesso associate all'agente patogeno della pandemia». Ciò a dirsi che è da rifiutare il seguente criterio: quando il numero di morti all’anno rientra nella media annuale allora vuol dire che la pandemia è finita. Ma questo criterio non è valido perché si è visto che a volte, nei periodi tra una pandemia e un’altra, i morti sono stati maggiori. Dunque si potrebbe decretare erroneamente la fine di una pandemia perché la mortalità è inferiore ai periodi passati, periodi però che sono fuori media.

Passiamo ad un altro criterio per stabilire la fine della pandemia: «La revoca di misure o restrizioni a tutela della salute pubblica». Tra l’altro gli autori appuntano che «rispetto alle pandemie precedenti, la pandemia di Covid-19 ha prodotto un'interruzione senza precedenti della vita sociale». 

Ma la revoca delle restrizioni quando avverrà? Questo è il punto: quando i governi, lobby di potere, élite politiche useranno i media per dire che è finita la pandemia. L’asserzione pare ovvia – fine pandemia uguale fine restrizioni – ma in realtà non è così scontata. In breve i due autori ci stanno dicendo che non dipende dal virus la fine della pandemia, ma dal binomio governi-media: «Le pandemie non si concludono quando la trasmissione della “malattia finisce ma piuttosto quando, all'attenzione del pubblico in generale e nel giudizio di alcuni media ed élite politiche che modellano quell'attenzione, la malattia cessa di essere degna di nota” (Greene JA, Vargha D., Come finiscono le epidemie, Boston Review, 30 giugno 2020)».

Tutto quindi è in mano a questi gruppi di potere: finché ne parli e ne parli in un certo modo la pandemia non finirà: "I dashboard pandemici [tabelle, grafici, torte, schemi riassuntivi, etc.] forniscono carburante infinito, garantendo la costante attualità della pandemia di Covid-19, anche quando la minaccia è bassa. In tal modo, potrebbero prolungare la pandemia influenzando in senso negativo la percezione che sia finita o limitando il ritorno alla vita pre-pandemia”. Allora la cessazione di flussi continui di informazione “potrebbe essere la scelta più efficace e unica per porre fine alla pandemia".

Da qui la conclusione: «La storia suggerisce che la fine della pandemia non sarà la semplice conseguenza del raggiungimento dell'immunità di gregge o non deriverà da una dichiarazione ufficiale, ma piuttosto avverrà gradualmente e in modo non uniforme quando la società cesserà di essere interamente consumata dalla scioccante metrica della pandemia». Se la narrazione governativa e massmediatica sarà tranquillizzante allora il percepito collettivo metterà in soffitta questa stagione pandemica, altrimenti, per ipotesi, la pandemia potrebbe non cessare mai. In breve la pandemia continuerà ad esistere finchè continuerà ad esistere nelle nostre teste: «La fine della pandemia è più una questione di esperienza vissuta, e quindi è più un fenomeno sociologico che biologico. […] La pandemia di Covid-19 sarà finita quando spegneremo i nostri schermi e decideremo che altre questioni meritano di nuovo la nostra attenzione. A differenza del suo inizio, la fine della pandemia non sarà trasmessa», ciò a dire che non esisterà un giorno preciso in cui Tv e giornali daranno questa notizia.

Infine, il non detto dell’articolo sta forse in questo: spetta anche a noi iniziare a non pensare sempre alla pandemia, tirandoci fuori dal flusso continuo di informazioni al riguardo. Il nostro disinteresse disincentiverà i media a parlare ancora di Covid. E dunque, pare questo il suggerimento dei due ricercatori, facciamo sì che il Covid non sia più un prodotto appetibile per i grandi media.