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Accordo migranti Unhcr-UA-Rwanda

L’11 ottobre è arrivato a Kigali il secondo gruppo di emigranti provenienti dalla Libia

Altri 182 emigranti sono stati trasferiti in Rwanda in base agli accordi tra Unhcr, UA e governo rwandese del 10 settembre. Ma ne restano in Libia quasi 4.000 e l’Unhcr non sa dove riallocarli

 

Migrazioni 18_10_2019

L’11 ottobre è arrivato in Rwanda il secondo gruppo di emigranti provenienti dai centri di detenzione libici. Si tratta di 182 persone, 99 uomini, 24 donne, 59 minorenni. L’Unhcr informa che 106 sono eritrei, 15 somali, due sudanesi. Circa 80 avrebbero dovuto essere trasferiti in Niger, ma a causa di un ritardo nell’organizzazione del viaggio sono stati portati in Rwanda. In base all’accordo firmato il 10 settembre tra Unhcr, Unione Africana e governo rwandese sono in tutto 500 gli emigranti detenuti in Libia che verranno ospitati nel campo allestito a Gashura, circa 55 chilometri a sud della capitale Kigali, ristrutturato nelle settimane precedenti dall’Unhcr. Vengono scelti tra i più fragili e a rischio, ma il trasferimento è su base volontaria. In base all’accordo, gli emigranti ottengono in Rwanda lo status di richiedenti asilo mentre la loro situazione viene verificata. Hanno facoltà di chiedere un permesso di soggiorno permanente in Rwanda, asilo in un paese terzo sicuro oppure, sempre che siano d’accordo, possono essere aiutati a tornare nei paesi di origine. Complessivamente erano circa 4.500-4.700 gli emigranti illegali bloccati in un centro di transito in Libia. Proprio l’11 ottobre l’Unhcr ha annunciato di non essere in grado di trasferirne altrove la maggior parte. L’agenzia delle Nazioni Unite sostiene che dall’inizio del 2019 ha già aiutato 1.663 emigranti vulnerabili a lasciare la Libia, ma ha dichiarato che “chiaramente il numero dei paesi disponibili per il trasferimento e l’evacuazione continuerà a essere inferiore alle necessità”. Dall’inizio del 2017 l’Unhcr ha provveduto a portare altrove più di 4.400 persone particolarmente vulnerabili bloccate in Libia, 2.900 delle quali in Niger, grazie a un meccanismo di transito d’emergenza, e 425 in Europa, grazie al Centro di transito d’emergenza rumeno.