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testimonianze dalla guerra

Israele inizia a contare morti e feriti e scopre la paura

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«La situazione è drammatica: il governo israeliano ha proibito ogni tipo di raduno o assemblea, anche le Messe. La gente corre nei negozi a fare scorta ed è spaventata. Le sirene suonano di continuo ma non ci sono abbastanza rifugi per tutti». Il drammatico racconto dell'arcivescovo Antoniazzi alla Bussola da Rameh, in Galilea. 

Esteri 16_06_2025

«La situazione qui a Rameh (villaggio della Galilea ndr) dove mi trovo per le cresime ed un’ordinazione sacerdotale non è per nulla buona. Anzi, è drammatica. Il governo israeliano ha proibito ogni tipo di raduno o assemblea, e perciò anche gli incontri religiosi. Abbiamo annullato le cresime, le prime comunioni e un'ordinazione sacerdotale in programma. Una situazione terribile. Sia gli israeliani che gli arabo-israeliani sono molto preoccupati. La gente corre nei negozi per fare scorte. È spaventata. Non ci sono mezzi di trasporto. Tutto è bloccato.  Le sirene suonano di continuo annunciando l'arrivo di droni o missili. Si dovrebbe correre nei rifugi, ma non ce ne sono a sufficienza». A parlare è Ilario Antoniazzi, arcivescovo emerito di Tunisi, che dopo il suo ministero episcopale nel paese nordafricano, da qualche mese, ha fatto rientro nel Patriarcato di Gerusalemme, diocesi nella quale è incardinato, avendo lasciato il Veneto, all'età di quindici anni, per diventare sacerdote in Terra Santa.

«È mai possibile che non possiamo vivere un giorno senza paura? È da quando sono in Terra Santa, dal 1962, che convivo con le guerre. Prego il Signore che metta la sua mano, sembra che l'uomo sia impazzito in una sorta di delirio di onnipotenza ... Non so come sarà questa notte. In quella appena trascorsa abbiamo dormito ben poco a causa delle sirene. È vero che la mia vita non è monotona e ogni giorno porta la sua sorpresa bella o brutta. Per fortuna il Signore non ci abbandona. Mi mancava soltanto questa guerra contro l'Iran!».

È sconfortato il vescovo Antoniazzi. E di guerre ne ha viste tante, ma quella iniziata in quel tragico 7 ottobre, con questo nuovo sviluppo sul fronte iraniano, è la più terribile.

Ora in Israele c'è paura. S’iniziano a contare i morti e i feriti. Un pilota di un F35, con la stella di Davide, dopo l’abbattimento del suo velivolo, è stato catturato. Secondo il portavoce dell'esercito iraniano sono stati distrutti anche numerosi droni. Ma l'Idf smentisce: «Nessun caccia è stato distrutto». L'aeroporto Ben Guiron di Tel Aviv, per il quarto giorno consecutivo, è rimasto chiuso. Interdetti tutti i voli, sia in partenza che in arrivo. Le compagnie israeliane, El Al, Arkia e Israir hanno trasferito i propri aeri a Cipro, ma anche in Italia. Si stima che a oltre 100mila israeliani siano stati cancellati i voli per far rientro in patria. Tra questi c'è il parroco di Zababdeh (Samaria), abuna Elias Tabban, che con un gruppo di scout si trovava a Roma per il gemellaggio con la parrocchia Sant'Ippolito. «Siamo bloccati a Roma, ci hanno cancellato il volo del rientro. Non è chiaro quando si potrà ritornare a casa. La situazione in Terra Santa si è ulteriormente aggravata. È indispensabile costruire una pace duratura fondata sulla fratellanza e sul bene comune».

Non solo in Israele si vivono momenti drammatici dopo l'ordine impartito all'esercito israeliano, dal primo ministro Benjamin Netanyahu, di attaccare l'Iran, ma anche in Cisgiordania il contesto è terribile. I quasi 900 posti di blocco allestiti dall'esercito ebraico per isolare i palestinesi sono stati chiusi. Di questi, 224 sono stati realizzati dopo il 7 ottobre. Anche le ambulanze non riescono a prestare soccorso. Tre milioni di persone sono bloccate nei loro villaggi e tenute lontane dalle loro abitazioni. Anche il valico di Karamek, conosciuto come il valico del ponte di re Hussein, a Gerico, è stato chiuso. Impossibile entrare o uscire. La Palestina è diventata un carcere a cielo aperto.

Ieri mattina, domenica, i soldati israeliani hanno eseguito numerosi arresti a Hebron, in particolare nel quartiere di Beit Idhna e nella città di Adh Dhahiriya. Anche a Betlemme i militari hanno fatto irruzione in diverse abitazioni arrestando alcuni cittadini.

Nel frattempo, a Gaza la situazione peggiora di giorno in giorno. A nulla valgono gli appelli ad un cessate il fuoco e gli inviti al governo Netanyahu di far entrare i mezzi con gli aiuti umanitari. La popolazione è affamata. Non c'è più cibo, e già si registrano i primi decessi per malnutrizione. Il sistema sanitario non esiste più. Si improvvisa qualche pronto soccorso utilizzando qualsiasi rifugio per poter accogliere e tentare di curare i feriti. Ma mancano i medicinali. «Non riesco a pensare cosa provino i bambini, è qualcosa che noi religiosi gridiamo al cospetto di Dio», ha detto il cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme dei Latini. «Sono esterrefatto, non riesco a capire il senso di tutto questo, che va oltre ogni limite comprensibile. Quello che è e resta inaccettabile - sottolinea il cardinale - è la condotta dell'attuale governo israeliano, che tuttavia non rappresenta tutti gli ebrei. Questa guerra la stanno pagando gli ultimi, i poveri, le donne, i bambini, che, non dimentichiamolo, sono solo affamati e non vanno neanche più a scuola: è una situazione disumana».

È disumano lasciar morire le persone in questa assurda guerra; è disumano usare l'arma della fame per raggiungere i propri obiettivi di conquista. È disumano mettere fratelli contro fratelli. È il caso di Yasser Abu Shabab, componente della tribù Tarabin, capo di una milizia armata presente nella Striscia e sostenuta da Benjamin Netanyahu in funzione anti-Hamas. Il primo ministro israeliano ci ritenta anche con questa guerra. Vuole un gruppo, finanziato e armato, da utilizzare in chiave antipalestinese. E in questo caso contro Hamas. 

Abu Shabab, salafita, non è nuovo alle cronache. È un personaggio noto. È a capo delle cosiddette Forze popolari, al-Quwat al-Shaabiya, circa 200-300 uomini armati con fucili Ak-47, il kalashnikov, armi sequestrate ad Hamas e ridistribuite con l'approvazione degli israeliani, impegnati in furti e razzie, oltre ad essere accusati di vari omicidi. Ora, Abu Shabab, con il suo gruppo, è stato ingaggiato per assaltare depositi e mezzi degli aiuti umanitari destinati alla popolazione di Gaza, per poi rivenderli al mercato nero.  

Ma avrà successo quest’ultima creazione dei servizi segreti israeliani? Sono trascorsi oltre seicento giorni dall'inizio della guerra tra Israele e Hamas. Il bilancio delle vittime è agghiacciante: 55.200 sono i morti, compresi donne e bambini e oltre 128mila i feriti, molti dei quali in gravi condizioni, che non hanno speranza di essere curati. Sempre nella Striscia un soldato delle Forze di difesa israeliane è stato ucciso sabato scorso. Dall'inizio del conflitto sono 430 i militari israeliani morti.