Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Nicola di Bari a cura di Ermes Dovico
HONG KONG

Iniziato il processo al cardinale Zen

«Non colpevole». Così il cardinale Zen e gli altri 5 imputati che sono comparsi il 26 settembre davanti alla corte di Hong Kong, accusati per la gestione di un Fondo di assistenza per gli attivisti democratici. Intanto nello stesso giorno a Hong Kong, dopo due anni è caduta la quarantena obbligatoria anti-Covid.

Libertà religiosa 28_09_2022
Il cardinale Zen arriva in tribunale

Il 26 settembre è stato un giorno speciale a Hong Kong. Il governo, dopo due anni, ha decretato la fine della quarantena obbligatoria per coloro che arrivavano nella città, una quarantena che a un certo punto era diventata di 21 giorni, di fatto mettendo in ginocchio l’economia della città. Ora si sta comprendendo che la strategia “zero contagi” non è ragionevole e si cerca di convivere con il virus.

Ma il 26 settembre ha catturato l’attenzione internazionale anche per un altro fatto. L’inizio del processo per la mancata registrazione del Fondo umanitario “612”, un Fondo creato per assistere gli attivisti che si sono trovati in prigione o in difficoltà varie in seguito alle proteste del 2019. Gli imputati sono la cantante e attivista Denise Ho, l’avvocato Margaret Ng, l’ex legislatore Cyd Ho, lo studioso Hui Po-keung, Sze Ching-wee e il cardinale Joseph Zen.
Naturalmente la presenza di quest’ultimo ha catturato l’attenzione internazionale. Si era annunciato l’inizio del processo per il 19 settembre ma anche qui il Covid ha voluto farla da protagonista, infettando il giudice che presiede, Ada Yim.

Le prime fasi di questo processo, in cui gli imputati si sono dichiarati non colpevoli, sono state interlocutorie, con la difesa che intende dimostrare che il fatto non sussiste e con il giudice che ha cercato di spiegare che il giudizio verrà dato in base alle norme sulla registrazione delle società e non su basi politiche. Si spera che questo corrisponda effettivamente alla verità.

La vicenda giudiziaria del cardinale Zen ha naturalmente scosso molti in giro per il mondo, cattolici e non cattolici. In campo cattolico molti sono rimasti basiti da quello che sembra, almeno in superficie, un abbandono dell’illustre Porporato al suo destino, malgrado la sua azione sia stata dettata da quei principi di dottrina che la Chiesa al suo livello più alto dovrebbe proclamare apertamente. Il Santo Padre nel 2018 si era così indirizzato ai cattolici cinesi: «Sul piano civile e politico, i cattolici cinesi siano buoni cittadini, amino pienamente la loro Patria e servano il proprio Paese con impegno e onestà, secondo le proprie capacità. Sul piano etico, siano consapevoli che molti concittadini si attendono da loro una misura più alta nel servizio al bene comune e allo sviluppo armonioso dell’intera società. In particolare, i cattolici sappiano offrire quel contributo profetico e costruttivo che essi traggono dalla propria fede nel regno di Dio. Ciò può richiedere a loro anche la fatica di dire una parola critica, non per sterile contrapposizione ma allo scopo di edificare una società più giusta, più umana e più rispettosa della dignità di ogni persona».

Ma se la parola critica sembra attirarti il biasimo piuttosto che l’elogio, in quanti saranno ancora capaci di pronunciarla? Per essere onesti, dobbiamo dire che ci sono stati prelati che hanno fatto sentire il proprio deciso supporto al cardinale Zen, come il cardinale Gerhard Müller, il cardinale Charles Maung Bo che già al tempo dell’arresto in maggio fece sentire la sua protesta, il cardinale Fernando Filoni con una bella lettera al giornale dei vescovi italiani Avvenire, il vescovo Athanasius Schneider che sui suoi social ha invitato a pregare per il cardinal Zen, “leale figlio della Chiesa”. Il supporto degli altri prelati al momento non ci è pervenuto, ma sono sicuro che lo avranno espresso in modi che a noi sono ignoti ma che sono conosciuti alla Divina Provvidenza e soprattutto al buon Dio che sono chiamati a servire e a cui alla fine dovranno rendere conto.