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CEI

Immigrati irregolari, ora i vescovi italiani scendono in mare

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Per la prima volta una nave finanziata dalla Fondazione Migrantes della CEI partecipa alle operazioni di recupero dei migranti irregolari nel Mediterraneo; e con la "benedizione" del Papa. Una decisione che abdica al vero compito della Chiesa per identificarsi con uno schieramento ideologicamente motivato.

Ecclesia 27_08_2024 English Español

La Mare Jonio di Mediterranea Savings Humans, Luca Casarini e il “cappellano” don Mattia Ferrari sono quindi tornati in mare in cerca di migranti irregolari da salvare. Sono partiti da Trapani nei giorni scorsi con la benedizione del vescovo locale. Questa volta, però, con due novità. La prima è che la nave è accompagnata da una barca a vela di supporto finanziata dalla Fondazione Migrantes della CEI (Conferenza Episcopale Italiana), di cui è presidente l'arcivescovo di Ferrara-Comacchio Gian Carlo Perego. La seconda è che Francesco ha inviato al gruppo un messaggio scritto a mano in cui dice: «Vi auguro il meglio e invio la mia benedizione all’equipaggio di Mediterranea Saving Humans e a Migrantes. Prego per voi. Grazie tante per la vostra testimonianza. Che il Signore vi benedica e la Madonna vi custodisca. Fraternamente, Francesco».

Nei primi giorni di dicembre 2023 la stampa aveva ampiamente commentato l’antefatto di questa nuova missione. Era venuto alla luce che numerose diocesi avevano dato a Casarini decine di migliaia di euro per contribuire alle sue missioni nel Mediterraneo. Erano anche state poste le basi per un rastrellamento sistematico di contributi dalle parrocchie destinato a questo fine. Ne aveva parlato anche la Bussola [QUI], commentando anche i comunicati di difesa della diocesi di Modena, fortemente implicata, e della Conferenza episcopale italiana, che se ne tirava fuori [QUI]. L’operazione sembrava molto anomala, propria non di una Chiesa ma di un gruppo ideologico attivo, di un commando politico movimentista. Era noto a tutti il passato di militanza ideologica di Casarini e dei suoi compagni d’azione e questo faceva nascere molte perplessità, nonostante Casarini avesse partecipato come invitato al Sinodo dei vescovi nel precedente mese di ottobre. Stranezza che si aggiungeva a stranezza.

Ora, la nuova impresa iniziata nei giorni scorsi (nella foto un momento delle operazioni di salvataggio) presentava le due novità viste sopra, che appesantiscono la sua indigeribilità. La partecipazione attiva della CEI tramite la Fondazione Migrantes avvalora le nostre ipotesi di allora, ossia che il cardinale Matteo Zuppi, presidente della CEI, non poteva non sapere dei finanziamenti delle diocesi alla Mare Jonio. Il messaggio autografo di Francesco, anche se non nuovo a questo genere di iniziative ma ultimo di una lunga serie, delinea ancora una volta un punto sul quale non si può essere d’accordo con lui.

La Chiesa non è un partito né un gruppo di azione. Non deve scendere in campo se non per fornire i princìpi e le finalità affinché qualsiasi iniziativa sociale e politica possa dirsi onesta, utile per il bene comune, rispettosa del progetto di Dio sull’umanità. Il suo compito è aiutare a individuare nell’agire politico i condizionamenti ideologici e ad evitarli, per questo essa si richiama alle verità della propria dottrina e alla vera carità cristiana.

Nel dare questi insegnamenti, la Chiesa pone attenzione a non difendere interessi di parte, ma nella sua libertà si sente vincolata solo dal vero e dal bene. Per le questioni sociali si avvale della sua Dottrina sociale di cui propone i principi e le direttive di azione, lasciando però alla responsabilità dei soggetti direttamente coinvolti la decisione su cosa fare.
Nel fornire questi criteri valutativi, la Chiesa sta attenta a orientare le menti e i cuori al quadro completo e realistico, senza amputazioni. Non è parte in causa e non vuole essere immischiata in interessi particolari, sia teorici che pratici.

Può anche approvare esplicitamente qualche iniziativa particolarmente significativa e che sia di buon esempio - senza tuttavia mai “benedirla” nelle sue concrete forme esecutive, che possono sempre contenere errori e ingiustizie umane  - ma solo se essa ottempera a tutti i principi della morale umana e cristiana e non è di scandalo per nessuno.
Certamente non farà uno screening della “moralità” personale dei protagonisti a questa iniziativa, ma non si farà nemmeno conquistare da simpatie non adeguatamente fondate, esaminerà le situazioni con realismo cristiano e non eviterà di interrogarsi sui loro possibili secondi fini.

Nel caso in questione non sembra che questo sia stato il comportamento. Il sostegno è stato dato ad un gruppo dalle idee discutibili; sono state adoperate risorse derivanti dalle offerte dei fedeli per scopi che molti di essi disapproverebbero; della questione immigrazione è stata appoggiata una visione ideologica che mette in ombra molti aspetti e ne deforma altri; non si tiene conto delle strumentalizzazioni che pesano sui cosiddetti profughi, né della loro realistica motivazione alla partenza, né dei traffici di cui sono vittime e che una accoglienza cieca corrobora; non si pensa alle possibili violazioni delle leggi esistenti italiane e internazionali; non si tiene conto che mentre i vescovi italiani finanziano le missioni in mare, i vescovi africani invitano a fermare le partenze.

La Chiesa dovrebbe elaborare una proposta che tenga insieme il tutto e che dia, con giustizia, a ciascuno il suo. Invece in questo caso identifica se stessa con una azione di gruppo di un certo colore e su di essa scommette il proprio nome. I vescovi italiani da tempo fanno politica diretta: sulle elezioni europee, sulla autonomia differenziata e ora sullo ius scholae; ma in questo caso, oltre a dare indicazioni politiche, che non è comunque il loro compito, scendono addirittura direttamente in campo, o meglio in mare.



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