I santi che parlavano “cuore a cuore” con Gesù
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La vita interiore di innumerevoli uomini e donne è stata plasmata da un dialogo silenzioso scandito dal palpito d’amore di Cristo che ancora oggi risuona per chiamare ciascuno alla vita nuova, cioè alla santità.

L’anatomia del cuore è davvero affascinante. Nella parte superiore vi sono collocati gli atri destro e sinistro. Nella parte inferiore, i ventricoli destro e sinistro. E poi, abbiamo le valvole cardiache. E poi, ancora, la parete del cuore che è composta da tre strati: l’epicardio, il miocardio e l’endocardio. Nomi che con il loro carattere scientifico possono sembrare asettici, eppure danno vita. A tutti gli uomini. Il suo funzionamento non può che far venire in mente un’armoniosa sinfonia di elementi. Lo stesso battito, se ci pensiamo, ha un qualcosa di musicale: una sorta di metronomo dell’esistenza. Fin qui, il cuore dell’uomo. Ma quello di Gesù Cristo? Di quell’Uomo, Figlio di Dio? In questo caso, allora, seppure già il cuore dell’umano rimanga – in una certa misura – un miracolo dalla conformazione stupefacente, davanti a quello di Cristo non si può che rimanere muti, per la sua immensa grandezza e bellezza.
E al Sacro Cuore di Gesù molti santi hanno guardato, diffondendo la sua devozione. Quasi come se ci fosse un legame nascosto tra il Cuore di Cristo e il loro: un dialogo silenzioso di quello che potrebbe definirsi una conversazione “cuore a cuore” appunto. Come, ad esempio, San Francesco di Sales (Thorens-Glières, 21 agosto 1567 – Lione, 28 dicembre 1622) che meditava soprattutto sul costato di Gesù. Il santo francese in una lettera a santa Giovanna Francesca di Chantal (Digione, 28 gennaio 1572 - Moulins, 12 dicembre 1641), scriveva: «Mi è molto chiaro che noi non rimarremo più in noi stessi […] e che dimoreremo per sempre nel fianco squarciato del Salvatore; senza di lui, infatti, noi non solo non possiamo, ma anche se potessimo, non vorremmo fare niente».
Non fu, dunque, certamente un caso che proprio lo stemma dell’ordine di religiose fondato dai due santi nel 1610 ad Annecy, l’ordine della Visitazione di Santa Maria, avesse al centro proprio il Sacro Cuore: «Ho dunque pensato, mia buona Madre, se ne siete d'accordo, di prendere come nostra arma un unico cuore trafitto da due frecce, racchiuso in una cornice di spine, un povero cuore che serve di piedistallo a una croce che la sormonterà e porterà scolpiti i due nomi di Gesù e Maria. Il Salvatore morente ci ha generati con l’apertura del Suo Sacro Cuore ed è quindi giusto che il nostro cuore attraverso una assidua mortificazione resti sempre circondato dalla corona di spine che posò sulla testa del nostro Capo, finché l'amore lo tenne inchiodato al trono dei suoi dolori mortali».
Per san Francesco di Sales, il Cuore di Cristo si apre al fedele: sembra quasi possibile intravedere nelle parole del santo vescovo un abbraccio di Gesù agli uomini che avviene grazie proprio al suo Sacro Cuore. Un abbraccio che scalda, che avvolge l’umanità con infinita misericordia e tenerezza: «O Dio, che felicità stare così tra le braccia e sul petto [del Salvatore]. […] Rimanete così, Figlia cara, e come un altro piccolo san Giovanni, mentre gli altri mangiano vari cibi alla tavola del Salvatore, voi riposate e inclinate, con semplicissima fiducia, la vostra testa, la vostra anima, il vostro spirito sul petto amorevole del caro Signore», così scriveva sempre alla santa.
Volti di santi si alternano in questo vasto panorama di aureole devote al Sacro Cuore. E fra tutti questi nomi, non poteva mancare colei che per antonomasia è stata definita “apostola del Sacro Cuore”, santa Margherita Maria Alacoque (Verosvres, 22 luglio 1647 – Paray-le-Monial, 17 ottobre 1690): le apparizioni di Cristo avvenute tra la fine di dicembre 1673 e il giugno 1675 a lei destinate, possono ritenersi una vera e propria dichiarazione d’amore di Cristo per l’umanità intera. E a essere “collante” di tutto è proprio il Sacro Cuore. Le parole della prima apparizione alla santa furono esplicite: «Il mio divin Cuore è tanto appassionato d’amore per gli uomini e per te in particolare, che, non potendo più contenere in sé stesso le fiamme del suo ardente Amore, sente il bisogno di diffonderle per mezzo tuo e di manifestarsi agli uomini per arricchirli dei preziosi tesori che ti scoprirò».
Rivelazioni, promesse, esortazioni spirituali: tutto ciò in quelle apparizioni. E proprio in una di queste, Cristo volle esprimere un desiderio: «Ti domando che il primo venerdì dopo l’ottava del Santissimo Sacramento sia dedicato a una festa particolare per onorare il mio Cuore, facendo ad esso riparazione d’onore mediante onorevole ammenda, comunicandosi in quel giorno per riparare le indegnità che esso ha ricevuto mentre veniva esposto sugli altari; e ti prometto che il mio Cuore si dilaterà per diffondere con abbondanza gli influssi del suo divino amore su quanti gli renderanno questo onore». E proprio queste parole furono fondamentali per vedere istituita la solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù. Era Il 20 ottobre 1672 quando san Giovanni Eudes celebrava per la prima volta questa solennità che però divenne obbligatoria per tutta la Chiesa solamente nel 1856 sotto il pontificato del beato papa Pio IX.
Vicino a santa Margherita Maria Alacoque troviamo un altro nome: quello di san Claudio de La Colombière (Grenoble, 2 febbraio 1641 - Paray-le-Monial, 15 febbraio 1682), suo direttore spirituale. Anche lui, altro apostolo del Sacro Cuore di Gesù. Suoi, i versi di questa preghiera: «Sacro Cuore di Gesù, insegnami a dimenticare completamente me stesso perché questa è l'unica via per poter davvero entrare in Te. E poiché ciò che farò per l'avvenire sarà tuo, fa' in modo che non compia mai nulla che non sia degno di Te. Compi in me anche mio malgrado la tua volontà. Tocca a Te, Cuore Divino di Gesù, fare tutto in me così Tu solo se mi farò santo avrai la gloria della mia santificazione». Il nome di san Claudio de La Colombière rimane legato a quello della Alacoque: due cuori che in un solo Cuore hanno vissuto, amato, servito.
Si arriva così all’Ottocento. In questo secolo troviamo il nome di san Daniele Comboni (Limone sul Garda, 15 marzo 1831 - Khartum, 10 ottobre 1881). Nella sua vita e azione pastorale troviamo un perseverante e fiducioso abbandono all’azione del Sacro Cuore di Gesù. «Questo Cuore divino che tollerò d’essere squarciato da una lancia nemica per poter effondere da quella sacra apertura i Sacramenti onde s’è formata la Chiesa, non ha altrimenti finito di amare gli uomini, ma continua a vivere sui nostri altari prigioniero di amore e vittima di propiziazione per tutto il mondo», così si legge negli scritti. Il Sacro Cuore fu, dunque, al centro della sua spiritualità, divenendo soprattutto il motore dell’azione missionaria.
«Desidero esprimere la mia approvazione e il mio incoraggiamento a quanti, a qualunque titolo, nella Chiesa continuano a coltivare, approfondire e promuovere il culto al Cuore di Cristo, con linguaggio e forme adatte al nostro tempo, in modo da poterlo trasmettere alle generazioni future nello spirito che sempre lo ha animato. Si tratta ancora oggi di condurre i fedeli a fissare lo sguardo adorante sul mistero di Cristo, Uomo-Dio, per divenire uomini e donne di vita interiore, persone che sentono e vivono la chiamata alla vita nuova, alla santità, alla riparazione, che è cooperazione apostolica alla salvezza del mondo». Queste parole sono custodite nel Messaggio che san Giovanni Paolo II scrisse l’11 giugno 1999 in occasione del centenario della consacrazione del genere umano al Cuore divino di Gesù stabilita per tutta la Chiesa nel 1899 da papa Leone XIII con la Lettera Enciclica Annum Sacrum. Parole che divengono esortazione per tutti i tempi, rivolte al cuore di tutti gli uomini.
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