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l'allarme

Gogna social, il rischio dell'Intelligenza artificiale

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Tra i fattori che rischiano di alterare la corretta amministrazione della giustizia e di ledere i diritti fondamentali, il Procuratore Generale di Cassazione ha inserito anche l’Intelligenza artificiale perché diffonde forme non umane di logica. Mitigare il rischio diventa impellente. 

Attualità 27_01_2024

Da anni vengono giustamente denunciati i processi mediatici, vale a dire i frequenti esempi di rappresentazione televisiva delle vicende giudiziarie all’insegna della spettacolarizzazione. Negli studi tv si discute di un processo in corso, ma non ci si limita a commentare la cronaca. La pretesa è quella di pronunciare un verdetto da dare in pasto all’opinione pubblica, senza aspettare la sentenza del tribunale. Nonostante il Codice proposto dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni quindici anni fa e firmato da tutte le emittenti radiotelevisive e dai vertici dei giornalisti, l’andazzo è rimasto quello.

Ora, però, si affaccia un’altra emergenza, ancora più devastante per i diritti degli indagati, degli imputati e dei condannati in primo o secondo grado, quindi non ancora in via definitiva: la gogna social. Si tratta di una forma di condanna virtuale, alimentata da un impeto collettivo di indignazione, spesso basata su informazioni parziali o fuorvianti. Le vicende giudiziarie, una volta riservate agli ambienti legali, si sono ora trasformate in spettacoli online in cui la presunzione di innocenza può essere rapidamente e brutalmente compromessa.

Proprio due giorni fa il Procuratore Generale di Cassazione, Luigi Salvato, nel suo intervento durante l’inaugurazione dell’anno giudiziario, ha lanciato l’allarme: «La valutazione dell’attività del pubblico ministero, ma anche della magistratura giudicante, non deve tuttavia essere alterata dal mediatico addebito di responsabilità che non li riguardano. Nell’ambito del diritto punitivo compito della magistratura è applicare la legge, accertare e giudicare i fatti-reato e gli illeciti disciplinari configurati come tali dal legislatore. La torsione verso un diritto punitivo etico ed un’ingenua concezione della sufficienza pedagogica della legge alimentano invece insoddisfazione per un’azione ritenuta talora blanda talora rigorosa sulla base di convincimenti personali, sganciati dal diritto positivo, che spesso sfociano in verdetti resi dalla “smisurata giuria pubblica” dei social media, che giudica in tempo reale, attraverso grotteschi simulacri di processi e plebisciti governati dalla sola logica dell’emotività, a rischio di manipolazione, accresciuto dall’intelligenza artificiale».

Senza alcun dubbio uno dei fattori chiave nell'amplificare le vicende giudiziarie sui social è la velocità con cui le informazioni si diffondono. Un singolo post, una foto o un commento possono diventare virali in pochi istanti. Inoltre, la rapidità con cui le notizie si diffondono può portare a una semplificazione eccessiva dei fatti, con il rischio di creare un'opinione pubblica distorta e incompleta.

Nelle vicende giudiziarie questa degenerazione può avere effetti nefasti in termini di compressione dei diritti delle persone coinvolte, primo fra tutti la presunzione di innocenza. Sui social, infatti, spesso si assiste a un’anticipazione della condanna, che distrugge l’immagine pubblica dei soggetti coinvolti e alimenta il discredito nei loro confronti, magari immotivatamente. Difficile poi riabilitarsi anche in caso di assoluzione, se il tribunale dei social ha già condannato.

Come ha aggiunto il Procuratore Generale di Cassazione, Luigi Salvato, «la verità giudiziaria è solo quella raggiunta nell’osservanza del giusto processo di legge celebrato da magistrati e avvocati e pretendere di sostituirla con improbabili indagini, abnormi plebisciti, significa distruggere le basi dello Stato di diritto e delle nostre libertà».

Tra i fattori che rischiano di alterare la corretta amministrazione della giustizia e di ledere i diritti fondamentali il Procuratore Salvato ha inserito anche l’Intelligenza artificiale: «È una tecnologia - ha detto - che plasma e diffonde forme non umane di logica; gli algoritmi di machine learning non sempre sono trasparenti, spiegabili o interpretabili, soprattutto se utilizzano tecniche di deep learning. Alto è il rischio della lesione dei diritti fondamentali e dell’alterazione dell’essenza del processo; alta deve essere attenzione e prudenza nell’applicarla».

Di qui la necessità che le autorità giudiziarie e le piattaforme social lavorino in sinergia per sviluppare strumenti e politiche che possano mitigare gli effetti dannosi di questa amplificazione sensazionalistica delle vicende giudiziarie nello spazio virtuale.