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arte e fede

Federico Barocci, il pittore gioioso in mostra a Urbino

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Con La Madonna della gatta e altre opere esposte al Palazzo Ducale fa ritorno nella città natale l'artista urbinate che – a detta di Nicholas Penny, già direttore della National Gallery – “ha reso il sacro allo stesso tempo divinamente bello e irresistibilmente umano”.

Cultura 27_06_2024

La Madonna della gatta è un dipinto incantevole che ci conferma quanto Federico Barocci, suo artefice, prima ancora che pittore encomiabile fosse uomo di grande fede. La tela, di fatto, è un gioco di sguardi carichi di dolcezza e di confortante serenità, suscitate entrambe dalla semplice presenza di un Bambino che riposa in una culla, vegliato dalla Madre e dal padre, Giuseppe, che scosta una tenda per consentire di assistere a tanta meraviglia. La Vergine sorride a un piccolo Giovanni Battista che a sua volta si gira verso di noi per indicarci dove rivolgere, e concentrare, il nostro di sguardo. Elisabetta e Zaccaria non possono che contemplare quanto si sta svelando sotto i loro occhi mentre una gatta, ai piedi del letto, accovacciata sul manto di Maria, allatta il suo cucciolo. Sul fondo, prospetticamente, si spalanca il panorama definito dall’inconfondibile profilo dei torricini di Palazzo Ducale a Urbino, luogo caro al maestro che qui nacque intorno al 1535 e qui decise di tornare dopo un soggiorno romano che gli valse fama, onori e commissioni altisonanti. Il dipinto, di consueto custodito a Firenze, torna ora a casa in occasione dell’attesissima monografica dedicata al pittore urbinate.

Non è l’unico ritorno: da Roma arrivano tre pale d’altare, una delle quali commissionata da Filippo Neri – di lì a poco proclamato santo – che fu grande estimatore della pittura del Barocci di fronte a cui sosteneva di raggiungere “uno stato di dolce estasi”. Al fondatore dell’ordine degli Oratoriani si deve la genesi della Visitazione proveniente dalla chiesa di Santa Maria in Vallicella, la cui domestica ambientazione cattura l’osservatore dentro la scena, mentre l’espressione e la gestualità dei personaggi riescono a rendere perfettamente la feriale quotidianità in cui il divino irrompe, complici la luce che fa vibrare i colori e un raffinato disegno che addolcisce le figure.

Chi avrà occasione di visitare le sale attraverso cui si sviluppa il percorso espositivo non potrà, allora, non condividere ciò che del maestro marchigiano disse Nicholas Penny, già direttore della National Gallery di Londra: “ha reso il sacro allo stesso tempo divinamente bello e irresistibilmente umano”. E chissà se questa bellezza e questa umanità non siano stati proprio i motivi del plauso e dell’ammirazione che, vivente l’artista, gli rivolsero alcuni dei suoi più illustri colleghi quali un ormai anziano Buonarroti e un altro Michelangelo, il Merisi – in arte il Caravaggio – alle prime armi nella Città Eterna.

La mostra, suddivisa in sei sezioni organizzate tematicamente e cronologicamente, vuole rendere un sentito omaggio a un artista forse ignorato, per lo più, dal grande pubblico ma annoverato tra i maestri della pittura italiana. Un pittore gioioso, che non lasciò al caso, o semplicemente al suo talento, comunque straordinario, il compito di raccontare il sacro: prova ne sia il ricco corpus di disegni, in mostra a Urbino, che ci documenta l’accurato studio e l’elaborata gestazione che precedono la realizzazione, a colori e su tela, delle sue opere.

FRANCESCO BAROCCI. L’emozione della pittura moderna
Urbino - Galleria Nazionale delle Marche
Fino al 6 ottobre
www.gallerianazionalemarche.it



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