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LETTERA AL PREMIER

Caro Draghi, parli di pace, non di armi

Caro presidente Draghi, ha detto che è necessario rifornire di armi lo Stato ucraino. Affermazione gravissima. Dalla Sua bocca non sono uscite parole per una seria ricerca di pace. Segua l'esempio di Kennedy, mi dia retta.

Editoriali 24_03_2022

Caro presidente Draghi,
Premetto la mia bassissima considerazione dei politici in generale, soprattutto negli ultimi anni. Da privata cittadina Le ricordo che Lei è stato nominato Presidente del Consiglio in Italia, non per elezione in un qualsiasi partito politico, che magari seppur piccolo, comunque rappresenta una parte d’Italia, ma dall’alto per una scelta di emergenza politica. Motivo in più per sentirsi obbligato ad ascoltare tutti gli italiani, compresi coloro che, politicamente parlando, non hanno nessun peso ma che lei rappresenta nel suo ruolo di Presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana.

Le scrivo a causa del suo discorso in Parlamento dello scorso 22 marzo nel quale ha dichiarato che è necessario per l’Italia rifornire di armi lo Stato Ucraino.

Affermazione, la Sua, gravissima!
Dalla Sua bocca non sono uscite parole per una seria ricerca di pace, né suggerimenti al Presidente Zelensky per risolvere attraverso vie diplomatiche – che ripudiano la guerra - di porre fine al dramma, sotto gli occhi di tutti, di tanta distruzione e dolore riguardante il suo popolo!
Parola d’ordine è stata “armi!”.

Siamo ben consapevoli delle valangate di armi che tutti promettono: vediamo ogni giorno gli effetti di distruzione procurati dalle armi (non solo in questa guerra, ma anche in altre che si stanno tuttora combattendo). Eppure, continuiamo a produrre armi e a ritenere che siano queste, con le loro “performance” di distruzione, in tutti i settori e livelli della vita, e col rischio costante e l’alto pericolo di “escalation, la soluzione ai problemi di convivenza umana.

Speravo che la storia e i drammi della guerra suggerissero un maggiore buonsenso. Mamma mia, come piace ai Potenti il Dominio. E il collasso dei tanti poveri Cristi che ci rimettono la vita? Non pretendo che l’appello di Gesù: “Amate i vostri nemici e pregate per coloro che vi perseguitano” (Mt. 5, 44), caro Dott. Draghi, diventi un codice applicato alla politica. Nessuno vuole ridurre la religione alla politica, ma certamente un riferimento alla Fede, se non detto almeno pensato, aprirebbe ad una visione più alta dell’uomo e della realtà politica attuale.

Tale approccio, inoltre, potrebbe risultare in questo momento liberatorio, sia a livello sociale che individuale, rispetto al rischio che a determinare il futuro dell’umanità siano motivazioni di interesse economico o ideologico.

Una riflessione morale ci costringerebbe a fare i conti con il rischio che le nostre azioni ci portino verso una pericolosa escalation, che potrebbe travolgerci tutti e portare a fine vita non solo migliaia di persone ma intere Nazioni.

Caro Dott. Mario Draghi, prestato dalle Banche alla politica, La invito a rileggersi le parole del presidente americano John Kennedy quando, il 22 ottobre del 1962, alle ore 19 ordinò il blocco navale da tutte le stazioni televisive americane, dichiarando che: “Ogni missile lanciato da Cuba sarà considerato come un attacco diretto dell’Unione Sovietica contro l’America…”. Ma poi concluse così: “Il nostro obiettivo non è di dare una prova di forza, ma di rivendicare la giustizia – non la pace a spese della libertà, ma sia pace sia libertà, qui, in questo emisfero e, speriamo, in tutto il mondo. Con l’aiuto di Dio raggiungeremo questo obiettivo”.

Ora, come in quel momento storico, il mondo è febbrilmente in angoscia. Il 25 ottobre 1962 Papa Giovanni XXIII si rivolse al mondo intero con queste parole: “…Quanti hanno responsabilità di potere, con la mano sulla coscienza, ascoltino il grido d’angoscia… dai piccoli innocenti agli anziani, dai singoli individui alle comunità, che sale verso il cielo: Pace! Pace! Scongiuro tutti i governanti di non rimanere insensibili a questo grido dell’umanità! Facciano tutto ciò che è in loro potere per salvare la Pace… promuovere, favorire, accettare trattative a ogni livello e in ogni tempo!”.

Questo appello è valido per i governanti di oggi?
Purtroppo la sensazione è di assistere ad una tragica Commedia umana in cui il protagonista è chi è più bellicoso.

Caro Presidente, la storia - purtroppo - si ripete!
Il 25 ottobre del 1962 durante il blocco di tutte le navi dell’Unione Sovietica, una petroliera russa cercò di forzare il blocco. Molti Potenti di allora, gridarono alla “pistola fumante”, tale atto fu visto come la flagrante provocazione che giustificava lo “schiacciamento di alcuni bottoni”, tutti si aspettavano “il bombardamento”. Kennedy, con sorpresa di tutti, ordinò che si lasciasse passare la nave dicendo testuali parole: “Date a Kruscev il tempo di pensare!

Giorni oscuri e tremendi, dove l’angoscia universale, come si dice a Bergamo, si tagliava a fette col coltello! Dal Vaticano, in quel momento, trapelò che il Papa Giovanni XXIII passava le notti in ginocchio a pregare, con il cuore sanguinante. Ebbi la fortuna personale di incontrare più volte e parlare personalmente con mons. Loris Capovilla – segretario personale di Giovanni XXIII - quando risiedeva a Sotto il Monte: la sua mente era un’enciclopedia storica di avvenimenti chiave e importanti: era semplicemente affascinante sentire con quanta fluidità verbale raccontava alcuni momenti duri riguardanti l’umanità.

Il 28 ottobre 1962, alle ore 9.00 del mattino, la Casa Bianca registra la risposta di Kruscev che diceva: “Ho dato ordine di smantellare le basi cubane… perché il Presidente Kennedy mi ha dato assicurazione che non ci saranno (da parte dell’America) atti aggressivi verso l’isola!

Caro presidente Draghi, pensi che coincidenza: il giorno 28 ottobre 1962 cadeva di domenica, cioè era il giorno del Signore. Papa Giovanni XXIII ripeteva spesso che “bisogna aver fiducia nella forza dell’Amore!” E citando il Vangelo aggiungeva: “Quando vi percuotono su una guancia, presentate l’altra. Prova, vediamo che cosa ti capita!”. Kennedy, che era cattolico, in un discorso all’Università di Boston, nel 1963 citando l’enciclica Pacem in Terris di Giovanni XXIII, dichiarò: “Come cattolico ne vado orgoglioso, e come americano ne ho tratto insegnamento.”

Pensieri e parole oggi desueti. Dove sono oggi gli operatori di Pace?
Al primo posto c’è la propria individualità. Il proprio ruolo politico!

E il mercato delle armi è l’unico che, perennemente, non conosce mai la crisi. Sicuramente, aiutare chi è in difficoltà e sostenere e riconoscere le fatiche di molte famiglie portate allo stremo, è meno remunerativo.

Caro dottor Draghi, dia a me il 2 per mille della spesa affrontata per gli armamenti e, lo giuro, costruirò un centinaio di asili nido in tutta Italia, a sostegno delle tante famiglie in difficoltà.

Le ricordo, ma senza dubbio Lo saprà, che nella storia sono stati numerosi i casi di governi corrotti, razzisti, violenti o semplicemente inetti, che sono stati mantenuti al potere grazie all’aiuto delle armi. Le armi hanno alimentato, nel Mondo, numerose guerre e guerriglie che non hanno fatto l’interesse dei popoli, ma dei dominatori di turno.

Eh sì, abbiamo una società fondata sul dominio.

Auguri Caro Presidente.

Può essere che Lei non abbia tempo di leggere questa lettera. Abbia però l’umiltà e il buon senso di fare una riflessione sugli scritti di Papa Giovanni XXIII. Cito ancora una sua frase: “Non condanne, non scomuniche per nessuno, alla Chiesa basta la forza della sua dottrina, l’antica dottrina degli Apostoli!”. In queste parole c’è tutta la vita della Chiesa e di chi si dichiara cattolico.

Caro Presidente… rifletta! In questo momento il Mondo ha più che mai bisogno di “operatori di pace”!

*Consacrata, fondatrice della Comunità Shalom