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OLTRE L'OBIEZIONE DI COSCIENZA

Aborto: l'Irlanda avrà una delle leggi più radicali

Nel ddl che il Parlamento deve votare entro la fine di dicembre si parla di aborto fino a sei mesi, mentre l'obiezione di coscienza non viene tutelata, chiedendo al personale sanitario che non vuole praticare l'omicidio di partecipare al processo. Secondo medici, infermieri e ostetriche le norme sono ambigue e potranno creare un caos e una discriminazione dei pro life senza che il governo ne appaia responsabile. 

Vita e bioetica 06_12_2018

Prima che fosse abolito il divieto di aborto, contenuto nell’ottavo emendamento della costituzione, il premier Leo Varadkar (sodomita dichiarato) aveva chiarito che, se il referendum del 25 maggio 2018 avesse dato esito positivo, avrebbe poi presentato un ddl estremamente progressista, in un paese che fino a un anno fa puniva con il carcere l’omicidio dei bambini. Come promesso, la norma che il Parlamento dovrebbe votare a breve (il governo vuole che entri in vigore l'1 gennaio 2019) permette l’aborto fino alle prime 12 settimane di gravidanza, estendibile in casi particolari (salute fisica e mentale della mamma, salute fisica del bambino) e finanziato con i soldi dei cittadini.

Ma alla follia di permettere l’aborto anche fino a sei mesi, si è aggiunto un emendamento gravissimo, che non è previsto nemmeno nei paesi in cui l’omicidio dei bimbi in grembo è legale da circa 40 anni. Il tentativo è infatti quello di vietare l’obiezione di coscienza, costringendo così tutti i medici e gli infermieri, oltre che gli ospedali, a praticare l’aborto.

Eppure il 25 luglio il ministro della Salute, Simon Harris, aveva dichiarato che «l’obiezione di coscienza è per gli individui non per le istituzioni» e che «questa dovrebbe essere una dichiarazione che ha dell’ovvio!». A settembre il ministro ha poi specificato che sì, anche gli ospedali cattolici dovranno fornire il servizio di morte. Ora invece il ddl contiene il divieto all’obiezione di coscienza anche per il personale sanitario. Alla sezione 24,3 si legge infatti che “una persona che solleva l'obiezione di coscienza…deve, appena possibile, prendere i provvedimenti necessari per trasferire le cure della donna incinta come necessario per permettere alla donna in questione di terminare la gravidanza”. Ossia dovrebbe partecipare al processo che permette l’omicidio del bambino assecondandolo.

Al contrario, nei paesi in cui vige davvero l’obiezione di coscienza tutto questo non è obbligatorio. Diverso è il dovere di assistenza, a procedura e aborto terminati, in caso di conseguenze gravi sulla donna. Nella legge irlandese non vi sono neppure norme che vietino l’aborto per motivi eugenetici, per la razza o il sesso (nonostante lo scandalo degli aborti delle femmine scoppiato nella vicina Gran Bretagna) né per le minorenni senza consenso dei genitori. Figurarsi poi se vengono citati i processi, come la rianimazione, da attuare nel caso di bambini che, sopravvivendo all’aborto, nascono vivi.

Per questo motivo 500 infermiere e ostetriche hanno già sottoscritto una petizione appena lanciata per chiedere al ministro della Salute, Simon Harris, di garantire l’obiezione di coscienza. Ma il ministro non sembra molto propenso ad ascoltare, dato che in questi mesi ha rifiutato ogni richiesta di incontro, fra cui quella di un gruppo di infermiere e ostetriche pro life (Nurses and Midwives 4 Life). Spaventate per l’obbligo di partecipare all’omicidio o di vedersi impossibilitate a praticare la propria professione, hanno denunciato l'irresponsabilità e la leggerezza del governo, dato che per «qualsiasi servizio sanitario nuovo, c’è da spiegare come questo si attua», ma «nulla di ciò è accaduto, siamo completamente e totalmente all’oscuro».

Ma anche anche centinaia di medici hanno denunciato il fatto che il governo abbia proceduto senza consultare nessuno della categoria, sottolineando che da quanto afferma la norma in esame anche loro potrebbero essere costretti a partecipare all’omicidio. Inoltre il procedimento non è chiaro: si sa che saranno tutti gli ospedali, non le cliniche private, a dover garantire l’aborto, ma i dottori non conoscono ancora le procedure oltre che non sapere se potranno sollevare l'obiezione di coscienza. Perciò 640 medici avevano già firmato una petizione parlando di «una seria crisi» che si sta «verificando ora sulle pratiche abortive».

Certo è che se la legge entrerà in vigore senza alcuna spiegazione si creerà un caos senza limiti, in cui la discriminazione dei pro life potrebbe essere effettuata in maniera subdola. In sintesi, anziché affermare chiaramente che l’obiezione di coscienza è vietata in ogni caso, si lascerà fare il lavoro sporco ai datori di lavoro e alle amministrazioni ospedaliere che potranno interpretare la norma ambigua a proprio piacimento, magari licenziando coloro che si rifiuteranno di avviare il processo di morte o che proveranno a consigliare alle donne altre strade.