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ANNIVERSARIO

3 gennaio 1954: io, primo autore televisivo della RAI

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Settanta anni fa la RAI iniziava le trasmissioni televisive. Ecco la eccezionale testimonianza di colui che scrisse i testi del documentario "Antenne TV" andato in onda in quella occasione.

Cinema e tv 03_01_2024
La storica sigla di inizio delle trasmissioni Rai

Apprendo che la RAI rievocherà sul suo primo canale i 70 anni dell’inizio ufficiale delle trasmissioni televisive. Anche io avrei voluto unirmi alla celebrazione come suo testimone, e presumo unico protagonista in vita, avendo anche scritto di quell’evento in un recente libro, che ha per titolo “Verità e beffe del secolo passato“ (Marcianum Press). Il sesto capitolo (“In TV fin dalla nascita”) comincia ricordando il documentario “Antenne TV”  che insieme con lo “storico” annuncio della presentatrice televisiva Fulvia Colombo, costituirono le uniche due “celebrazioni” di quella giornata, il 3 gennaio 1954, che passò senza altre speciali connotazioni. Del documentario sono stato autore del testo.

Giornalista professionista e redattore del quotidiano cattolico milanese L’Italia, fin dal settembre precedente curavo, su incarico del direttore generale Sergio Pugliese, l’informazìone televisiva. Il primo compito fu quello di responsabile di fatto di un ufficio stampa e come tale operavo per i quotidiani, soprattutto milanesi. Ed essendo in contatto continuo con i dirigenti dei vari settori della produzione, e successivamente con attori, registi, capi e membri delle strutture, anche tecniche e di supporto dei programmi, ne scrivevo per il “Bollettino” destinato  alla stampa che veniva inoltrato in tutta Italia dalla sede centrale RAI di Torino, precisamente dal Servizio Propaganda e Sviluppo.

Essendo a conoscenza di tale attività fui incaricato dai direttore dei servizi tecnici, ing. Sergio Bortolotti, di redigere il testo del citato documentario. Che fu trasmesso quel giorno tre volte: alle ore 14,45 (dopo la rubrica “Arrivi e partenze” ), alle 15,30 (dopo lo spettacolo musicale presentato da Febo Conti, per la regia di Eros Macchi) e alle 20,45 dopo il Telegiornale. Ricordo pure di aver ricevuto questo compito quando il documentario era stato appena “montato” e mancavano pochi giorni alla sua programmazione, tanto che non fu possibile al “Radiocorriere”, che aveva tempi larghi di realizzazione, di corredare l’annuncio con i consueti particolari. Seppi dai realizzatori, che mi diedero le opportune istruzioni per redigere il commento, che avevano avuto tempi strettissimi. Le riprese avevano comunque riguardato il sistema di ripetitori da Milano alla Sicilia. Ricordo pure che ricevetti un compenso.

Antenne TV” aveva certo un significato politico. Ed emblematico, perché testimoniava un’Italia unita, dalle Alpi al Mezzogiorno, grazie alla RAI e alle sue antenne dei ripetitori TV montati sulle alture degli Appennini. Era il successo del nuovo mezzo di comunicazione, intrattenimento e spettacolo che da qualche anno si era affacciato nella realtà nazionale del dopoguerra. E le trasmissioni dei programmi venivano irradiate dalla città ambrosiana che era stata capitale della Resistenza.  

È stato anche un documentario storico. Il settimanale “Radiocorriere” n.1 del 1954, a pag.14, sottolinea: ”In edizione speciale per la giornata inaugurale della TV”. Evito di evocare enfasi di circostanza, preferendo un riconoscimento postumo: “Le informazioni sugli esordi del piccolo schermo sono quasi tutte debitrici al saccheggio di Antenne TV, il documentario che, prodotto per espressa volontà dei tecnici, ci informa sulle iniziali condizioni di lavoro”. Così l’autrice Ada Ferrari a pag. 114 di Milano e la RAI. Un incontro mancato? Luci e ombre di una capitale di transizione (1945-1977), edito da Franco Angeli nel 2007.   

“La Televisione, come ho scritto, - proseguiva - si era lasciata alle spalle il periodo sperimentale a Torino, la città culla della radio e sede legale… Da poco aveva piantato “tende” e strutture a Milano, anche se il grande edificio dell’epoca “littoria” (in corso Sempione, ndr) non era riuscito a ospitarli tutti”. Ricordo le estensioni e sistemazioni in altri edifici contigui di uffici e degli impianti, la costruzione di un antenna alta cento metri, soprattutto le persone che vi erano impegnate (dirigenti, registi, attori e attrici, cantanti, imitatori, parecchi divenuti famosi) in un lavoro creativo memorabile. Fra le citazioni “straripanti” c’è quella di Umberto Eco, quasi mio coetaneo, come me ex allievo salesiano e oratoriano. Sottolineo “il maggiore impegno della programmazione riservato al teatro di prosa, che più facilmente si prestava ad essere trasferito dal palcoscenico in uno studio”.

E, credo sia di un certo interesse, il fatto che ho ricostruito in più pagine del mio libro “la politica in casa RAI”, dall’”occupazione” fattane dai cosiddetti “intellettuali” comunisti della Resistenza “per gestire il consenso”, al risveglio del mondo cattolico, all’interesse della Chiesa ambrosiana “attenta agli avvenimenti” e ai suoi uomini  più impegnati, dal mio amico Giorgio Tupini, sottosegretario alla presidenza del Consiglio e stretto collaboratore di Alcide De Gasperi (ne parlo esplicitamente all’inizio del capitolo quinto), all’arcivescovo Ildefonso Schuster, al mio direttore de L’Italia mons. Ernesto Pisoni e al gesuita padre Nazareno Taddei, all’ing. Filiberto Guala  e a Pier Emilio Gennarini, fino a Ettore Bernabei, che consolida il potere televisivo democristiano a Roma, e al suo collaboratore Paolo di Valmarana, vicentino, figlio di potenti notabili,  da poco nominato capo dell’ufficio stampa. Con lui si conclude il mio servizio nella RAI-TV.

 



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