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libertà religiosa

USA, il governo difende il sigillo sacramentale dall’attacco dei Dem

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Una nuova legge dello Stato di Washington impone ai sacerdoti di violare il segreto della confessione nel caso di sospetti abusi sui minori. La Chiesa resiste, denunciando l’attacco a un sacramento. E il Dipartimento di Giustizia prende posizione contro la norma liberticida.

Libertà religiosa 25_06_2025

Che i Democratici americani fossero contrari alla libertà religiosa e accaniti avversari dei fedeli e della Chiesa cattolica è stato ampiamente provato dalle politiche promosse negli Stati Uniti sotto l’amministrazione del “cattolico fluido” Joe Biden. L’ennesimo salto di qualità, una volta perse le elezioni dello scorso anno e con tutta la nuova amministrazione Trump dedita a tutelare la libertà religiosa e di culto nel Paese, lo abbiamo visto nello Stato di Washington. Qui, il mese scorso, è stata approvata la legge che impone ai sacerdoti cattolici e ortodossi di violare il segreto del confessionale. Venerdì 2 maggio 2025, il governatore dello Stato di Washington, Bob Ferguson, aveva firmato il disegno di legge 5375 del Senato, intitolato “Riguardo al dovere del clero di denunciare abusi e negligenze verso i minori”, che prevede l'obbligo per i membri del clero, di tutte le confessioni, di denunciare casi sospetti di abusi sui minori. La nuova legge ribadisce le eccezioni e le clausole di riservatezza per moltissime professioni, ma non per i sacerdoti cattolici e ortodossi (questi ultimi pochissimi nello Stato), che rischiano fino a 364 giorni di carcere e una multa di 5.000 dollari.

Il segreto della confessione, nella Chiesa cattolica, è inviolabile e chiamato più propriamente "sigillo sacramentale". Il sacerdote non può rivelare in alcun modo ciò che gli viene confidato durante la confessione, pena la scomunica. Questo segreto si estende non solo ai peccati confessati, ma a tutto ciò che il sacerdote viene a sapere riguardo alla vita del penitente nel contesto del sacramento della Penitenza. Perciò i sacerdoti di Washington «sono disposti ad andare in prigione piuttosto che violare il segreto confessionale», aveva affermato il vescovo di Spokane, Thomas Daly, in una dichiarazione in risposta alla nuova legge, assicurando i fedeli della diocesi che «i pastori, vescovi e sacerdoti, sono impegnati a mantenere il segreto della confessione, anche al punto di andare in prigione» e ribadendo l’impegno massimo a difesa dei minori. Negli stessi giorni, domenica 4 maggio, l'arcivescovo di Seattle, Paul Etienne, aveva rilasciato una dichiarazione simile, in cui affermava che lui e altri membri del clero dell'arcidiocesi non avrebbero rispettato la legge, perché «dobbiamo obbedire a Dio piuttosto che agli uomini… Il clero cattolico non può violare il segreto confessionale, pena la scomunica dalla Chiesa. Tutti i cattolici devono sapere ed essere certi che le loro confessioni rimangono sacre, sicure, riservate e protette dalla legge della Chiesa», ha affermato l’arcivescovo.

Con questa legge, lo Stato di Washington prende di mira la tradizione cattolica, ovvero il sacramento della Riconciliazione, imponendo ai sacerdoti di violare un elemento essenziale del sacramento stesso, la comunicazione confidenziale tra il sacerdote e il penitente, in cui viene offerta l'assoluzione dei peccati. Così lo Stato cerca di estendere il proprio potere sulla Chiesa e la sua dottrina. Allo stesso tempo, però, le leggi dello stesso Stato di Washington garantiscono la riservatezza delle comunicazioni tra un avvocato e un cliente, un medico e un paziente, tra gli stessi coniugi, esentando dal segnalare informazioni sensibili.

Siamo all’ennesimo “doppio standard” che vuole umiliare la libertà dei cristiani. Ebbene, i Democratici hanno dovuto prendere atto che l’aria nel Paese e nell’amministrazione federale è cambiata; infatti, già il 7 maggio, il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti aveva affermato che il disegno di legge 5375 del Senato dello Stato di Washington «sembra violare il Primo Emendamento» e aveva promesso di indagare sul possibile conflitto con la Costituzione. Il 29 maggio erano stati tutti i vescovi cattolici dello Stato di Washington ad intentare una causa contro la nuova legge, sostenendo che essa viola il libero esercizio della religione protetto dal Primo Emendamento, violando il sacro sigillo della confessione. I leader di varie chiese ortodosse si sono uniti ai vescovi cattolici di Washington nella loro causa contro lo Stato, affermando, nella causa depositata il 16 giugno, che i sacerdoti ortodossi, come quelli cattolici, «hanno lo stretto dovere religioso di mantenere l'assoluta riservatezza» delle informazioni rivelate in confessione.

Ieri l’altro, il 23 giugno, l’attesa decisione ufficiale del Dipartimento di Stato federale, che con il  procuratore generale aggiunto Harmeet Dhillon ha preso posizione sulla norma. «Le leggi che prendono di mira esplicitamente pratiche religiose come il sacramento della confessione nella Chiesa cattolica non hanno posto nella nostra società. Il disegno di legge 5375 del Senato costringe incostituzionalmente i sacerdoti cattolici a Washington a scegliere tra i loro obblighi verso la Chiesa cattolica e i loro penitenti o affrontare conseguenze penali, trattando al contempo il privilegio sacerdote-penitente in modo diverso rispetto ad altri privilegi consolidati. Il Dipartimento di Giustizia non resterà inerte quando gli Stati attaccheranno il libero esercizio della religione».

Una posizione, questa del Dipartimento di Giustizia, che è come una “rivoluzione copernicana” rispetto alle continue persecuzioni contro i cattolici messe in atto dall’amministrazione Biden, il presidente tanto difeso in Vaticano sotto papa Francesco nonostante le sue iniziative apertamente contrarie alla legge naturale e alla dottrina cattolica. Ora, con la discesa in campo del Dipartimento di Giustizia, si accelereranno i tempi davanti alle corti dello Stato di Washington per ottenere una sospensiva della norma; e poi, con l’eventuale giudizio alla Corte Suprema, per dichiararne la palese incostituzionalità.