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LA POLEMICA

Un Expo a misura di Renzi (e dei suoi candidati)

Da maggio a ottobre Expo 2015 è la vetrina italiana nel mondo. Cosa c’entra tutto questo con la propaganda politica? Nulla. Eppure sabato scorso in quegli spazi espositivi si è celebrata l’assemblea nazionale del Partito democratico, con tanto di esternazioni a effetto del suo segretario nonché premier Matteo Renzi.

Politica 20_07_2015
Il premier Matteo Renzi

Da maggio a ottobre Expo 2015 è la vetrina italiana nel mondo. Milioni di visitatori affollano ogni giorno i padiglioni di Pero-Rho e si interrogano sul futuro del pianeta a partire dal tema del cibo. Un evento epocale reso possibile dall’impegno bipartisan di governi di centrodestra e di centrosinistra e della giunta Moratti che ha amministrato Milano fino al 2011. Cosa c’entra tutto questo con la propaganda politica? Nulla. Eppure sabato scorso in quegli spazi espositivi si è celebrata l’assemblea nazionale del Partito democratico, con tanto di esternazioni a effetto del suo segretario nonchè premier circa le scelte di politica fiscale del suo governo per i prossimi anni. Un comizio elettorale a tutto tondo che ha galvanizzato la platea dem e ha beneficiato in pieno di un proscenio eccezionale, quello di un evento mondiale come Expo 2015, sfruttato cinicamente per rilanciare una battaglia politica nazionale.

La questione presenta due risvolti, uno legale e uno di opportunità e di stile. Sotto il profilo della conformità alla legge, nulla da obiettare. Non esisteva alcuna “base legale” per poter negare al Pd l’utilizzo degli spazi di Expo per lo svolgimento della sua assemblea nazionale del 18 luglio. Il commissario unico della manifestazione, Giuseppe Sala, si è affrettato a chiarire che «se un altro partito politico italiano facesse la stessa richiesta, a parità di condizioni, la Società l’accetterebbe».  Non vi era quindi la possibilità, da parte del cda di Expo 2015, ammesso che sia stato coinvolto da Sala nella decisione e che abbia formalmente concesso l’autorizzazione al Pd, di rifiutare quella richiesta. I regolamenti del Bie (Bureau international des expositions) «non prevedono alcun divieto in merito alla possibilità di ospitare all’interno del sito espositivo, in idonea location, il congresso di un partito». Con queste parole ha replicato lo stesso Sala alle accuse rivoltegli dai partiti d’opposizione, in particolare la Lega e il Movimento Cinque Stelle. Sempre sul piano della regolarità formale, va altresì precisato che per l’affitto dell’auditorium di Expo 2015 per la giornata di sabato scorso i dem hanno regolarmente versato 20.000 euro.

Sul piano dell’opportunità e dello stile, invece, la scelta di concedere a un partito gli spazi di Expo 2015 appare alquanto infelice. É vero che in quell’auditorium si sono celebrate tante kermesse e numerosi convegni promossi da associazioni di categoria, da Coldiretti a Confindustria, senza contare istituzioni e organizzazioni come Consob e Caritas, che hanno organizzato in quello spazio riunioni istituzionali di altissimo livello e di grande richiamo. Tuttavia, un conto sono le manifestazioni collegate all’economia e alla società, e dunque prive di colore politico, altra cosa sono quelle con il simbolo di una forza politica, che sfrutta, a fini di propaganda, spazi attrezzati con altri intenti apartitici e tendenzialmente universali ed “ecumenici”.  I partiti politici sono portati a strumentalizzare luoghi, situazioni, istituzioni per raccogliere consensi e ritorni mediatici. Quale migliore palcoscenico di Expo 2015 per rilanciare l’azione di un partito infiacchita dai passi falsi elettorali e dalle laceranti divisioni interne?

Ma a questa “caduta di stile” imputabile alla governance di Expo 2015 si aggiunge un sospetto che, a prescindere dagli schieramenti politici, getterebbe davvero profondo discredito sull’intera manifestazione e soprattutto sulla gestione dell’evento. Da mesi si vocifera di una possibile candidatura del commissario unico, Giuseppe Sala, a sindaco di Milano. Non è un mistero che il premier Renzi caldeggi un’ipotesi del genere, anche per stoppare sul nascere le legittime aspirazioni dei leader del Pd milanese, da Emanuele Fiano a Pierfrancesco Majorino, che hanno già annunciato la loro candidatura. Considerato il fatto che appaiono assai probabili anche altre candidature, da quella di Umberto Ambrosoli a quella dell’ex assessore Stefano Boeri, senza contare l’eventualità di liste civiche ispirate, ce n’è abbastanza per considerare il centrosinistra milanese una polveriera e per comprendere i timori di Renzi di dover cedere al centrodestra la guida della città. Per questo motivo il presidente del Consiglio vorrebbe “imporre” Sala ed evitare le primarie, che rischierebbero di trasformarsi in una guerra fratricida, foriera di nuove scissioni nel suo partito, anche a livello milanese.

E allora tutto sembra tornare. L’assemblea Pd di sabato scorso non si è svolta per caso nei padiglioni di Expo 2015. Avrebbe dovuto essere il trampolino di lancio per Sala, ma evidentemente il premier, turbato dai tanti fronti di guerra interna attualmente aperti (da quello siciliano a quello romano, passando per i ritardi nell’approvazione delle riforme) ha pensato bene di posticipare l’annuncio della candidatura Sala, se mai ci sarà, e di concentrarsi sulla politica nazionale. Se questa ricostruzione dovesse rivelarsi veritiera, e quindi se il commissario Sala dovesse, presto o tardi, ufficializzare la sua candidatura a primo cittadino, ci sarebbero tutti gli estremi per censurare quanto accaduto sabato scorso: una vera e propria strumentalizzazione di luoghi ed eventi pubblici e universali per perorare una causa di parte. Esiste, però, un consiglio d’amministrazione di Expo 2015 al quale bisognerebbe chiedere un supplemento di riflessione. Questa vicenda va chiarita ufficialmente ora, senza aspettare che Sala sciolga la riserva. É una questione di credibilità, che investe Expo 2015. É una questione di trasparenza, che riguarda tutti i cittadini.