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gravidanza a contratto

Un Ddl per contrastare il mercato delle madri surrogate

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Negli Usa sono ormai 2000 i bambini nati da donne che partoriscono per conto terzi, spesso spinte dalla povertà. Una pratica che mercifica sia la donna sia il bambino. In Italia è reato, ma non se avvenuta all'estero. Per rimediare i senatori Rauti e Malan propongono di renderla reato universale.

Editoriali 16_02_2023

Sul suolo italiano la maternità surrogata è reato e la legge 40/2004 prevede per i trasgressori la pena della reclusione da 3 mesi a 2 anni e la multa da 600.000 a un milione di euro.

Se invece il ricorso all’utero in affitto avviene all’estero non è reato. Per rimediare a questa stortura Isabella Rauti e Lucio Malan, entrambi in quota a Fratelli d’Italia, hanno proposto un disegno di legge al Senato che prevede le stesse pene «anche se il fatto è commesso all’estero».

Nell’introduzione al disegno di legge i proponenti annotano che «la maternità surrogata sta diventando un vero e proprio business che, tanto per fare un esempio, in India vale oltre 2 miliardi di dollari l’anno. In questo Paese le "volontarie", reclutate nelle zone più povere, "producono" più di millecinquecento bambini all’anno per asse­condare la domanda che viene dall’estero, attirata dai prezzi bassi, "appena" 25.000/ 30.000 dollari rispetto ai 50.000 che si spen­dono negli Stati Uniti d’America. In India, le volontarie che entrano nel circuito legale delle cliniche per la maternità surrogata gua­dagnano tra gli 8.000 e i 9.000 dollari a gestazione, una cifra che corrisponde a dieci anni di lavoro di un operaio non specializ­zato, mentre quelle che ne rimangono al di fuori sono reclutate da veri e propri "scout", attivi nelle zone più povere, sono pagate molto meno – da 3.000 a 5.000 dol­lari – e sono costrette a firmare dei con­tratti che non prevedono alcun supporto me­dico post-parto».

Il testo inoltre ci informa che negli USA ormai sono duemila i bambini che nascono con questa pratica. «Tutto questo – continua l’introduzione – dimostra come la "favola" della madre che genero­samente presta il proprio corpo a una donna che non riesce a sostenere una gestazione sia lontana dalla realtà, mentre la verità è che si tratta di un banale mercimonio di ma­dri e di bambini». Il ddl rispecchia sia il tenore di una doppia sentenza della Corte Costituzionale: la maternità surrogata «offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane» (sentenza n. 272 del 2017, ripresa nella sentenza 33 del 2021); sia il contenuto di una Risoluzione del Parlamento europeo del 2014 in cui si «condanna la pratica della maternità surrogata, che compromette la dignità umana della donna, dal momento che il suo corpo e le sue funzioni riproduttive sono usate come una merce» (ma nulla si dice del nascituro).

Dato che l’utero in affitto praticato all’estero non è reato in Italia, i giudici italiani non sono in grado di perseguire quelle coppie che ritornano da noi con un bambino in braccio frutto della maternità surrogata se non appellandosi al reato di alterazione dello stato civile, dato che per l’ordinamento italiano si può diventare genitori solo se la madre ha partorito, tramite fecondazione naturale o artificiale, oppure per mezzo dell’adozione.

Diverse sono le critiche di ordine morale che si possono muovere a questa pratica. In primis non c’è utero in affitto senza fecondazione artificiale e la fecondazione extracorporea reifica il nascituro e lo espone ad altissimi rischi di morte. Quest’ultima pratica può essere omologa – e allora i richiedenti cresceranno un figlio biologicamente loro – oppure essere eterologa – e in questo caso il bambino potrà essere figlio della donna richiedente ma non dell’uomo richiedente o viceversa o, addirittura, potrà non essere figlio di nessuno dei due.

L’utero in affitto poi mercifica la donna perché la stessa diventa un'incubatrice di carne che spesso si presta a tale pratica perché stremata dalla povertà estrema: la maternità surrogata diventa dunque strumento di sfruttamento della donna. Quest’ultima inoltre non potrà vantare mai nessun diritto su quel bambino che ha fatto crescere in sé per nove mesi, anche nel caso in cui fosse figlio suo quando oltre all’utero ha venduto anche i suoi ovociti. Si aggiunga che non di rado nei Paesi poveri queste donne non hanno assistenza medica adeguata o legale.

Si mercifica non solo la donna, ma anche il bambino dato che la sua nascita viene pagata: il figlio viene dunque trattato alla stregua di un prodotto che si ordina (negli States si possono anche scegliere alcune caratteristiche somatiche del nascituro). Inoltre il bambino, se figlio della gestante, non crescerà con la sua madre biologica. Questo è un vulnus al diritto nativo del bambino di venire educato dai propri genitori biologici, diritto che può venire derogato solo se i genitori si dimostrano incapaci di prendersene cura in modo adeguato (tale diritto, inoltre, non viene rispettato quando il bambino è stato abbandonato).

La reificazione del bambino persiste anche qualora – caso più fantastico che reale – la gestante avesse portato a termine la gravidanza a titolo gratuito. Infatti il minore sarebbe comunque trattato come un pacco, seppur pacco dono. Una cosa da regalare. Infine è da ricordare che una buona fetta di clienti di questo commercio umano viene dal mondo gay maschile. Da ciò discende che il bambino crescerà in un ambiente privo della figura materna.

Nonostante tutti questi gravi inciampi di ordine morale, anzi, proprio a motivo di tutte queste aberrazioni etiche, l’associazione radicale Luca Coscioni e il partito +Europa difendono la pratica della maternità surrogata, che i neologisti pelosi hanno laidamente battezzato “gestazione per altri”. Yuri Guaiana di +Europa, ad esempio, ha dichiarato che il ddl «è propagandistico, privo di fondamento giuridico, inapplicabile, irragionevole e crudele». Sic.
Ben venga allora l’iniziativa targata Fratelli d’Italia perché tassello importante per arrivare a qualificare la maternità surrogata come reato universale.