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ARMI

Ucraina, la lunga guerra logora anche la Nato

La guerra di attrito in Ucraina sta mettendo a dura prova gli arsenali delle due nazioni belligeranti. La Russia, nonostante le difficoltà sottolineate dall'intelligence occidentale, ha ancora grandi scorte e si sta preparando alla guerra dal 2014. L'Ucraina non ha più capacità industriali proprie. E la Nato sta iniziando a esaurire le scorte. 

Esteri 08_09_2022
Artiglieria ucraina, un M777 fornito dalla Nato

La guerra in atto dal 24 febbraio in Ucraina ha comportato un numero imprecisato di perdite in vite umane, impossibile da valutare considerando che i belligeranti non rivelano informazioni credibili in proposito. Gli ucraini forniscono quotidianamente cifre sulle perdite russe (oltre 50mila morti a ieri) che appaiono però gonfiate dalla propaganda e hanno ammesso di aver avuto finora solo 9mila caduti. I russi invece tacciono sia sulle perdite subite che su quelle inflitte, dettagliate solo per quanto riguarda i mezzi nemici distrutti.  Di certo i belligeranti soffrono l’usura e le perdite di mezzi, armi e munizioni anche se russi e ucraini disponevano di ampie riserve di materiali anche datati, di epoca sovietica.

Esaminiamo, sempre con la dovuta cautela vanno presi i dati forniti dai belligeranti. Gli ucraini rivendicavano di aver distrutto al 5 settembre 2.068 carri armati, 4.459 mezzi corazzati, 1.157 sistemi d’artiglieria, 294 lanciarazzi multipli, 156 sistemi di difesa antiaerea, 3.286 autoveicoli, 236 aerei, 206 elicotteri, 867 velivoli senza pilota e 15 unità navali. Nel pomeriggio del 4 settembre Mosca ha reso noto il seguente bilancio delle perdite inflitte agli ucraini: 4.804 carri armati e veicoli corazzati da combattimento, 372 sistemi missilistici antiaerei, 824 veicoli lanciarazzi campali multipli, 3.367 cannoni, obici e mortai, 5.726 veicoli, 289 aerei, 151 elicotteri e 1.872 velivoli senza pilota.

Dati da prendere con le molle ma che inducono a chiedersi per quanto tempo possa essere sostenibile un simile sforzo bellico, tenendo conto che nessun apparato industriale al mondo sarebbe in grado di ripianare tali perdite in breve tempo, mentre gli stabilimenti ucraini sono stati in gran parte distrutti dai bombardamenti di precisione russi. Mosca dispone di ampie scorte immagazzinate avendo posto in riserva circa 7mila carri T-72 e forse 20mila obici di artiglieria di epoca sovietica, mentre l’Ucraina, dopo aver perso gran parte dei suoi mezzi nei primi 4 mesi di guerra, sta consumando ora armi e mezzi corazzati dello stesso tipo forniti dagli alleati Nato dell’Europa Orientale e impiegati in questi giorni nella controffensiva nel settore di Kherson.

Il sito d’informazione indipendente russo The Insider, valuta che Mosca potrebbe esaurire missili e proiettili di artiglieria entro la fine dell’anno registrando difficoltà anche nelle manutenzioni di veicoli corazzati e velivoli. Valutazioni simili, provenienti dall’intelligence di Londra e Washington, erano state formulate già nei mesi scorsi e anticipavano all’estate il forte calo delle capacità russe, ma non hanno avuto riscontri concreti. Secondo l’articolo di The Insider, che esamina anche i consumi di munizioni registrati in questo conflitto, a causa delle sanzioni occidentali la Russia potrebbe non essere in grado di garantire la piena produzione industriale per ricostituire le scorte in esaurimento. Mosca però si è preparata alla guerra almeno dal 2014 e non sembra soffrire al momento carenze di armi e ha reso noto nei giorni scorsi di aver aperto due nuovi stabilimenti per la riparazione di veicoli corazzati.

Le difficoltà russe sono state evidenziate in Occidente dalla notizia del ritiro dalla Siria settentrionale di una batteria missilistica antiaerea S-300, trasferita nel porto di Tartus per il rimpatrio su una nave russa diretta a Novorossijsk, sul Mar Nero. Si tratta però solo di un’ipotesi poiché il ritiro della batteria missilistica potrebbe dipendere anche da altre cause: manutenzioni e aggiornamenti o le ridotte esigenze di difesa aerea nel nord della Siria dopo le recenti intese tra Mosca e Ankara. Da tempo i servizi d’intelligence britannico e statunitense forniscono ai grandi media rapporti e indiscrezioni che tendono a evidenziare le difficoltà russe ad alimentare il conflitto attribuite anche alle carenze negli approvvigionamenti di componenti imposte dalle sanzioni occidentali: dalla fornitura di droni iraniani all’arruolamento di migliaia di volontari nordcoreani per combattere in Donbass fino all’acquisto, sempre in Corea del Nord, di ingenti quantità di missili e munizioni. Notizie tutte smentite da fonti ufficiali russe.   

Il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, John Kirby, ha escluso che ci siano indicazioni sull'uso di armi nordcoreane da parte di Mosca in Ucraina ma ha affermato che le vendite di armi alla Russia potrebbe includere milioni di munizioni, precisando però che gli Usa non sanno se l'acquisto sia già stato fatto. "Credo si tratti di un'altra falsità", ha detto il rappresentante permanente russo all'Onu, Vasily Nebenzya, citato dall'agenzia Tass. E’ evidente il valore politico delle indiscrezioni anglo-americane: abbinare il governo russo ai regimi iraniano e nordcoreano per sottolineare la natura antidemocratica di Putin e ribadire lo slogan divenuto ormai il messaggio-chiave della propaganda occidentale nel conflitto ucraino della “lotta per la libertà contro la tirannia”. In realtà l’ipotesi di tali forniture non sarebbe così improbabile poiché la Corea del Nord dispone di armi di tipo e calibro russo/sovietico, in grande quantità e con immensi depositi di munizioni per far fronte a una guerra su vasta scala con la Corea del Sud e gli Stati Uniti. I russi hanno scorte imponenti di armi e munizioni ma potrebbero avere interesse a preservarle in caso di guerra allargata con la Nato, acquistandone altre da impiegare nel conflitto ucraino. Del resto per pagarle ai russi non mancano né denaro né materie prime di cui Pyongyang ha invece molto bisogno.

Allo stesso modo trovano una spiegazione analoga le notizie su possibili acquisti di armi e munizioni in Pakistan da parte dell’Ucraina. L’industria della Difesa pakistana è molto sviluppata per sostenere forze armate imponenti sul piano numerico necessarie a combattere un eventuale conflitto ad ampio spettro con l’India. Islamabad potrebbe rivendere a Kiev qualche centinaio di carri T-80 acquistati in Ucraina negli anni scorsi e produce anche molti equipaggiamenti e munizioni di tipo cinese, derivati da modelli sovietici e quindi compatibili con gli arsenali ucraini che oggi solo parzialmente vengono rinnovati con armi occidentali e soprattutto statunitensi. 

Il 30 agosto il ministro della Difesa tedesco, Christine Lambrecht, ha ammesso di non vedere molte altre possibilità di inviare armi in Ucraina direttamente dalle riserve dell’Esercito tedesco. “Devo ammettere che (…) stiamo raggiungendo i limiti di ciò che possiamo consegnare da parte della Bundeswehr”, ha detto Lambrecht. Lo stesso vale per molte altre nazioni europee, inclusa l’Italia che non ha più mezzi e armi in surplus da offrire a Kiev. Le forze armate tedesche hanno bisogno di mantenere il possesso di tutti i mezzi e armamenti disponibili per garantire la difesa nazionale e dell’Alleanza, ha detto Lambrecht. Questo significa che, in futuro, la gran parte delle spedizioni militari tedesche per l’Ucraina saranno coperte dall’industria della Difesa, quindi con tempi di consegna misurabili in alcuni anni: troppi per chi deve combattere oggi.

Negli ultimi mesi alcuni report presentati ai parlamenti in Francia e Germania hanno messo in luce la limitata disponibilità di munizioni e la necessità di stanziare miliardi di euro e attendere anni per poter costituire riserve di munizioni adeguiate a far fronte a un conflitto convenzionale. Nessuna nazione europea sarebbe probabilmente in grado di sostenere un conflitto come quello in atto in Ucraina per più di una o due settimane, per quanto riguarda i mezzi corazzati e solo per pochi giorni per carenza di munizioni.

La necessità di rifornire continuamente le truppe ucraine sembra mettere in difficoltà anche gli Stati Uniti. A fine agosto un’inchiesta del Wall Street Journal ha evidenziato come i continui invii di armi a Kiev possano compromettere la prontezza al combattimento delle forze armate statunitensi a causa dell’esaurimento delle scorte di munizioni il cui ripristino procede a rilento. In particolare il riferimento era alle migliaia di armi anticarro e di razzi campali per i sistemi HIMARS oltre che agli 800mila proiettili da 155mm per gli obici M777. Il Pentagono non mai detto quanti proiettili da 155mm fossero disponibili a inizio anno e quanti ne siano rimasti dopo le ingenti forniture all’Ucraina, ma un ufficiale citato dal WSJ protetto da anonimato, ha rivelato che nelle ultime settimane la quantità di tali proiettili negli arsenali Usa è diventata “sgradevolmente bassa” e che il livello attuale non è ritenuto critico solamente perché gli Usa non sono attualmente impegnati in rilevanti conflitti terrestri.

L’Esercito americano ha chiesto al Congresso 500 milioni di dollari all’anno per potenziare la capacità di produzione di munizioni e il capo delle forze armate, generale Mark Milley, ha condotto revisioni mensili dello stato degli arsenali. Da un paio di settimane Washington ha iniziato a fornire all’Ucraina anche obici M118 e proiettili d’artiglieria da 105mm, probabilmente per non svuotare i magazzini dalle munizioni necessarie agli obici M777.