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REALTÀ IGNORATA

Seggiolini antiabbandono, il problema è l’Occidente di oggi

Quelle dei bambini dimenticati sono situazioni tremende, ma pensare che i dispositivi d’allarme siano la panacea è fuorviante. Le società occidentali, avendo messo da parte Dio e perso fiducia nella Provvidenza, pretendono di controllare tutto. E poi c’è il problema dei frenetici ritmi di lavoro sia per l’uomo che per la donna, di cui non viene più valorizzata la maternità. Ciascun sesso ha per natura il suo ruolo, anche se i governi ignorano la questione.

Educazione 19_11_2019

Al di là delle polemiche per l’ennesima spesa imposta alle famiglie italiane sui dispositivi anti abbandono (non ancora in regola) da applicare obbligatoriamente ai seggiolini-auto per bambini, la decisione si iscrive nella serie di provvedimenti schizofrenici che i governi occidentali prendono pensando di poter prevenire qualsiasi incidente, ma anche per ovviare ad uno stile di vita da loro stessi promosso.

È di luglio la notizia di uno dei rarissimi (8 in 20 anni in Italia) ma presenti casi di persone che, dimenticando i figli in auto, li hanno ritrovati morti. La tragedia è accaduta a New York, dove un padre di famiglia, Juan Rodriguez, militare di 39 anni, ha dimenticato in macchina i suoi gemelli di 1 anno, Luna e Phoenix, ritrovandoli ore dopo soffocati dal caldo.

La storia è sempre la stessa: un genitore corre al lavoro, l’altro anche, uno dei due nel tragitto lascia i bambini all’asilo e uno dei due la sera, dopo ore passate in ufficio, li andrà a prendere finché ritornando alle loro auto si accorgerà di averli lasciati sui sedili tutto il giorno. Le vicende narrate dalla cronaca sono sicuramente tremende, perché vedere il proprio piccolo morire per una dimenticanza è uno dei dolori capaci di segnare con maggior violenza la vita di una persona, essendo probabilmente fra i più difficili da sopportare, ma farsi prendere dal panico pensando che i dispositivi d’allarme siano la panacea è fuorviante.

Prendiamo infatti il caso di quei bambini che, divincolandosi dalle mani della madre, sono corsi in mezzo alla strada e sono stati investiti. Seguendo il ragionamento di chi obbliga tutti ad utilizzare i dispositivi anti abbandono si dovrebbe imporre ai genitori che tutti i figli siano tenuti al guinzaglio come i cani (c’è chi lo fa). Non ci sarebbe da stupirsi se accadesse, quando l’ideologia della sicurezza è la sola via conosciuta da una società che, avendo perso fiducia nella Provvidenza e nella certezza che la strada dei propri figli è in mano a Dio, tende a voler controllare tutto. L’alternativa non è certo trascurare i propri figli, ma nemmeno metterli sotto una campana di vetro tanto da dover costringere sempre più pediatri americani a prescrivere ai genitori il gioco all’aperto, incitando i genitori a lasciare che i pargoli si sbuccino le ginocchia.

C’è poi un altro problema che emerge da ogni tragedia raccontata dalla cronaca: il ritmo di lavoro a cui la famiglia è sottoposta. Un problema comune da quando sia l’uomo sia la donna, anche con figli, lavorano 10 ore al giorno, con una pressione tale da permettere che fatti simili accadano (magari anche più frequentemente dei pochi casi noti per via del decesso dei bambini). Infatti, dove lo stile di vita è più frenetico, come negli Stati Uniti, i casi non sono stati di 8 in 20 anni come in Italia, ma in media di 8 all’anno (fra il 1998 e il 2018).

L’ultima tragedia americana conferma come il modello in cui la madre lavora tutto il giorno, delegando l’educazione e la cura dei figli ad altri, abbia ancor più appesantito la famiglia gettandola in un vortice di incastri e corse: Marissa Rodriguez, la moglie di Juan, mercoledì scorso ha rilasciato un’intervista esclusiva a Dr. Phil spiegando che «mio marito mi ha chiamata, mentre stavo lavorando. La prima chiamata era stata verso le 16 circa. Mi ha detto: “Ok, è il tuo turno per andare a prendere i bambini”… doveva andare ad un evento militare… di solito andava lui all’asilo ma ci eravamo scambiati i turni…dissi: “Ok, non c’è problema vado a prenderli io”. Dovevo ancora lavorare per un’ora almeno. Ero al telefono con un cliente. Mi richiamò ma ignorai la chiamata perché stavo lavorando. Mi accorsi che aveva lasciato un messaggio in segreteria, cosa che non fa mai. Mi chiamò ancora. Risposi e lo sentii dire che erano morti». L’uomo aveva poi confessato di essere andato al lavoro pensando di essere passato per l’asilo nido.

È significativo il fatto che sua moglie lo abbia sempre difeso dichiarando che «anche se soffro come mai avrei pensato, amo ancora mio marito… è una brava persona, un grande padre e so che non avrebbe mai fatto nulla per fare intenzionalmente del male ai nostri figli… ho bisogno di lui a fianco per passare attraverso tutto questo insieme». Siamo certi che sia così, anche perché una madre non potrebbe sopportare altrimenti di vivere ancora con il responsabile della morte dei suoi figli. Ma allora che cosa non ha funzionato?

Certo, mentre un tempo l’uomo aveva come unica preoccupazione quella del suo lavoro, sapendo che la moglie era totalmente dedicata a casa e figli, oggi gli si sta chiedendo qualcosa di diverso, che non è nella sua stretta natura. In media è infatti la donna ad essere dotata di un cervello multitasking e non l’uomo, capace di concentrarsi su una cosa alla volta. Come a ricordare che la natura ha dato a ciascun sesso delle doti a seconda del ruolo cui è chiamato, quello di procurarsi il cibo del maschio e quello della cura della famiglia e della prole della donna. Come dice Chesterton nel saggio “La schiava moderna”, «la moderna donna lavoratrice porta sulle spalle un carico duplice» e infatti il cortocircuito nasce dall’averla caricata anche di un lavoro a tempo pieno e costringendo anche l'uomo a compiti casalinghi a lui non congeniali: «Pochi uomini sanno cos’è la coscienziosità. Essi comprendono cos’è il dovere che generalmente coincide con l’adempiere un solo dovere», continua Chesterton.

Ma è chiaro che i governi preferiscono ignorare la questione pensando di tamponare con la vendita massiccia di sistemi anti abbandono. Peccato che obbligare a installare un dispositivo di sicurezza come quello previsto, oltre ad essere inutile in Italia (dati i casi rarissimi) e a non essere una risposta adeguata a uno squilibrio famigliare come quello imposto dalla struttura delle società occidentali, genera nei figli un’ansia con cui è ingiusto che crescano: l’idea che i genitori, presi da mille occupazioni dentro cui li infilano, possano dimenticarsi facilmente di loro, produce l’ossessione della sicurezza e di una vita da cui difendersi (specialmente se anche i genitori possono facilmente mancare al loro ruolo protettivo). Così, mentre la sfiducia nella Provvidenza genera manie di controllo, i figli crescono sempre più impauriti dalla realtà.

Con questo non si vuole demonizzare la madre che nel caso narrato ha dimostrato di essere una grande donna, supportando il marito dopo una tragedia che potrebbe rompere facilmente matrimoni già fragili, ma dire che la vera risposta non sta nel pensare di poter prevenire ogni evento della vita. Semmai, servirebbe una politica economica che valorizzi la maternità e permetta alle donne di scegliere di stare a casa o di lavorare part time, magari anche aumentando le retribuzioni dei padri di famiglia. Ma guai a parlarne.