Chiesa africana contro la (dis)educazione sessuale a scuola
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Contraccezione e aborto nei corsi destinati ai bambini. Vescovi e organizzazioni cattoliche in Africa reagiscono: il risultato non è la prevenzione delle gravidanze ma una sessualità "libera" fin troppo precoce.

La Chiesa e le organizzazioni cattoliche in Africa svolgono un ruolo di primo piano nella difesa della famiglia e della vita, per gli abitanti dei loro Paesi e del mondo intero. Lo fanno affiancando i rispettivi governi quando, contro l’opposizione di lobby internazionali e governi stranieri, adottano o emendano, rendendole più severe, le leggi che proibiscono e sanzionano i rapporti omosessuali oppure si oppongono a politiche di pianificazione delle nascite intese e fermare la crescita demografica con ogni mezzo, incluso l’aborto. Ma lo fanno anche opponendosi con fermezza alle politiche governative quando le ritengono lesive dei valori cristiani e tradizionali.
È il caso del Sudafrica, l’unico Stato africano che ammette il matrimonio tra persone dello stesso sesso, legalizzato nel 2006. In Sudafrica da tempo, nell’ambito del programma di educazione sessuale elaborato dal dipartimento per l’istruzione, si tengono corsi destinati a bambini anche solo di nove anni nei quali si parla di masturbazione, aborto, contraccezione, orientamento sessuale, identità di genere. «I genitori non sono stati consultati, non sono neanche stati avvisati», spiega Ann Kioko, attivista cattolica kenyana responsabile per l’Africa dell’organizzazione CitizenGo, in una intervista rilasciata ad ACI Africa (Association for Catholic Information in Africa).
Il governo afferma di volerli proteggere, ma invece i bambini vengono esposti troppo presto a pressioni e sollecitazioni alle quali non sono preparati. I dati, oltre tutto, indicano che i corsi non servono a ridurre le gravidanze precoci, i contagi di Hiv, i comportamenti a rischio. Al contrario, sostiene Ann Kioko, così come viene impartita, l’educazione sessuale «normalizza la sperimentazione sessuale in giovane età, incoraggia i ragazzini a considerarsi esseri sessuali prima della maturità e crea confusione riguardo all’identità e alle relazioni di genere». Andando contro i valori, le tradizioni e la fede della maggior parte dei sudafricani, crea tensioni tra genitori e figli, mina il ruolo della famiglia come primo educatore, la priva dell’autorità che le spetta e questo mentre «le famiglie sudafricane stanno già lottando contro strutture sociali disgregate, disoccupazione e alti livelli di violenza». Per questo CitizenGo ha deciso di farsi portavoce dei genitori preoccupati e, anche, dei molti insegnanti in difficoltà perché costretti ad agire contro la loro coscienza.
L’educazione sessuale nelle scuole africane è un progetto fortemente voluto dall’Unfpa, il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione, che la ritiene necessaria affinché i giovani dispongano di conoscenze e competenze con cui tutelare salute, benessere e dignità. Il Sudafrica non è l’unico governo africano ad adeguarsi. In Kenya da quest’anno a contribuirvi sarà anche un libro di religione. Gli studenti delle scuole superiori, alla ripresa dei corsi il mese prossimo, troveranno infatti tra gli altri un testo che sta facendo discutere. Si tratta della nuova edizione del Libro di educazione religiosa cristiana, volume 4 e il motivo per cui sta attirando una allarmata attenzione sono le pagine nelle quali vengono descritti e illustrati i contraccettivi e altri metodi di controllo delle nascite e se ne raccomanda l’utilizzo. Leader religiosi, esponenti di organizzazioni civili e migliaia di genitori sono sul piede di guerra, indignati e preoccupati. Non è questo il compito di un libro di religione, protestano. Per dare loro voce CitizenGo il 19 agosto ha diffuso una petizione rivolta al Ministro dell’Istruzione Julius Migos Ogamba per chiedergli di ritirare la nuova edizione del testo prima della riapertura delle scuole.
Il libro viene meno al proprio scopo – si legge nella petizione – perché un testo di religione «dovrebbe guidare gli studenti nella morale e nella fede, concentrarsi sui valori biblici e non introdurli ai metodi contraccettivi. Se non si interviene, agli adolescenti kenyani verrà insegnato il controllo delle nascite come se fosse una verità di Fede». L’adozione del libro – prosegue la petizione – costituisce «un tradimento del verso scopo dell’educazione religiosa cristiana: insegnare valori radicati nella fede, non sessualizzare i bambini». I genitori confidano che la scuola garantisca un insegnamento morale ai loro figli e non mini i principi religiosi o la loro autorità in seno alla famiglia. Invece il contenuto del libro è un «attentato all’innocenza dei nostri figli e ai nostri valori».
La Conferenza episcopale del Kenya si è opposta all’introduzione di corsi di educazione sessuale nelle scuole per anni. Altrettanto fanno i vescovi di altri paesi africani, convinti che sia piuttosto l’educazione ai valori cristiani, al rispetto reciproco che uomo e donna si devono, alla difesa della vita e della famiglia la chiave per proteggere la salute e la dignità dei giovani e prepararli a essere adulti responsabili, capaci di costruire unioni stabili e fruttuose.
Se l’intenzione dei corsi di educazione sessuale è prevenire le gravidanze precoci e malattie, i dati in effetti non sono incoraggianti. In Kenya il 15% delle adolescenti restano incinte e ogni anno più di 13mila studentesse lasciano la scuola per questo motivo. In Sudafrica in media ogni anno almeno 26mila ragazze in età scolare diventano madri. In tutta l’Africa sub-Sahariana sono più di sei milioni le adolescenti che hanno interrotto gli studi perché incinte. Quanto alle malattie, in Africa sub-sahariana ogni settimana si registrano 3.100 nuovi casi di Aids tra le donne di età compresa tra 15 e 24 anni, il 77,5% del totale mondiale.
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