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FATTO RIVELATORE

Se i Fratelli Musulmani gioiscono per Biden

Dopo che i media mainstream hanno annunciato la (presunta) vittoria di Joe Biden, i Fratelli Musulmani hanno esultato. L’organizzazione terroristica internazionale e gli organi di stampa ad essa legati vedono in un’eventuale presidenza Biden una nuova era Obama-Clinton, la stessa durante la quale furono fomentate le cosiddette “Primavere arabe”.

Esteri 11_11_2020

Mentre i media, a cui non spetta il compito di determinare l’esito delle elezioni, nominavano Joe Biden come 46° presidente degli Stati Uniti, l’agenzia Anadolu (l’agenzia di stampa del governo turco) non esitava a condividere, con il mondo arabo, la gioia dei Fratelli Musulmani, per una simile notizia. L’organizzazione terroristica internazionale nata in Egitto nel 1928 e che nel 2012 prende il potere con l’elezione di Morsi - eppure oggi, proprio in Egitto, considerata illegale e fuori legge - è ormai presente in diversi Stati arabi a maggioranza islamica. E, godendo di diversi sponsor quali soprattutto Qatar e Turchia, ha sempre detestato Trump e la sua politica: Biden, in forza della sua vicepresidenza sotto Obama, sarebbe il perfetto alleato per l’islamizzazione dell’Occidente.

In verità è dall’indomani del 3 novembre che gli attivisti dei Fratelli Musulmani, e gli organi di stampa ad essi legati, si mostrano entusiasti dei progressi del candidato democratico Biden nella corsa alla Casa Bianca. Un entusiasmo che nasce dal sogno di una presidenza Obama III e che è stato condiviso anche dai media iraniani con la speranza di ripristinare il trattamento indulgente di cui godeva Teheran durante l’era Obama.

Egitto, Tunisia, Yemen e Stati del Golfo non hanno mai nascosto le loro speranze nella vittoria di Biden. Emgage, il più grande comitato di azione politica musulmana negli Stati Uniti, dal primo momento ha appoggiato la candidatura e la presidenza dell’ex vice di Obama. Non è un dettaglio trascurabile, inoltre, che l’affluenza tra gli elettori musulmani sia aumentata di ben 25 punti percentuali negli stati critici di Ohio, Florida, Michigan e Virginia tra il 2014 e il 2018, secondo le rilevazioni proprio di Emgage, gruppo oggi presente in 11 stati.

Ma perché Biden, proprio lui, risulta così ben visto dal mondo musulmano più islamista? Bisogna fare prima di tutto un grande passo indietro e tornare alle cosiddette “Primavere arabe”, cioè le proteste, meglio le rivolte popolari, più mistificate della storia recente, che nel 2011 colpirono la maggior parte del Nord Africa e alcuni Paesi del Medio Oriente e fecero cadere ben quattro capi di Stato: in Tunisia Zine El-Abidine Ben Ali, in Egitto Hosni Mubarak, in Libia Mu’ammar Gheddafi, catturato e ucciso dai ribelli nell’ottobre 2011, in Yemen, un anno più tardi, fu la volta della caduta di Ali Abdullah Saleh. Nel frattempo, il fuoco delle rivolte assumeva i contorni di vere e proprie guerre, spesso civili, ma non solo.

Le immagini diffuse erano principalmente quelle della rete qatariota, la prima interessata alla caduta di governi avversari, e che influenzarono i media occidentali. La narrazione era imposta e divenne presto univoca: era la narrazione utile a giustificare gli interventi armati come a tutela delle violazioni dei diritti umani che stavano caratterizzando i territori coinvolti nelle repressioni.

L’amministrazione Obama, in quegli anni nel pieno del suo vigore e sostenuta senza contraddittorio dalla stampa di tutto il mondo, sosteneva le rivolte. Lo confermavano i più importanti funzionari americani, le visite di Stato, le dichiarazioni dello stesso presidente dem. Obama e la Clinton soffiavano sul fuoco delle rivolte guardando al sogno di guadagnare sempre più la leadership sul futuro processo che avrebbe coinvolto i diversi Paesi. Un errore madornale, oggi pagato soprattutto dall’Europa. Le “Primavere arabe” furono, infatti, l’anticamera del sempre più vigoroso jihadismo.

E tutto questo è stato confermato a pochi giorni dal voto per le presidenziali Usa. Una serie di email di Hillary Clinton, del suo periodo come Segretario di Stato (2009-2013), rese pubbliche dalla presidenza Trump, hanno svelato quelli che erano solo sospetti: lo stretto legame che i dem stavano stringendo con l’organizzazione terroristica islamica dei Fratelli Musulmani proprio durante le “Primavere arabe” e fino alla caduta in Egitto, nell’estate del 2013, del governo islamista di Mohamed Morsi.

I documenti diffusi da Mike Pompeo - l’attuale segretario di Stato - hanno anche dimostrato gli stretti rapporti tra l’amministrazione Obama e l’emittente televisiva qatariota Al Jazeera, notoriamente vicina alle posizioni dei Fratelli Musulmani. Quel Qatar che resta il principale sponsor mediorientale dell’organizzazione terroristica islamica radicale: insieme, sotto Obama &Co, sono stati venduti al mondo come l’alternativa democratica a Gheddafi, Mubarak, Ben Ali e Bashar al-Assad. La politica estera Usa guidata da Obama, Clinton e Biden sostenne anche aperture nei confronti del regime iraniano e di Cuba.

Non è un caso, così, che anche il regime iraniano abbia annunciato con entusiasmo la possibile vittoria dell’ex vicepresidente Biden. Le autorità iraniane vedono Biden alla Casa Bianca come una svolta definitiva per Teheran dopo il trauma Trump. Hesameddin Ashena, consigliere del presidente iraniano Hassan Rouhani, ha twittato che gli iraniani “hanno resistito coraggiosamente fino a quando il tempo di quel codardo di Donald Trump non è arrivato”. I titoli dei giornali controllati dallo stato hanno celebrato la notizia, titolando: “Il mondo senza Trump!” (Aftabe Yazd); “Il signor Withdrawal (il riferimento è al ritiro dall’accordo sul nucleare con l’Iran) è vicino a essere cacciato dalla Casa Bianca”; “Vai al diavolo, giocatore d’azzardo!” (Sobhe Now) “La carta di Trump non è più valida per i media!” (Aftabe Yazd); “Il presidente degli Stati Uniti è stato umiliato” (Donyaye Eghtesad).

D’altronde, gli ultimi tre anni sono stati davvero un incubo per il regime iraniano: nessuna amministrazione americana prima del tycoon ha imposto una pressione così draconiana ai mullah e i loro soci.

Le sanzioni di Trump hanno mandato in crisi il regime della mezzaluna sciita che ha dovuto tagliare i finanziamenti ai loro alleati, milizie e gruppi terroristici - Hamas ed Hezbollah in primis. Il che ha arginato anche l’aggancio di Teheran al Mediterraneo.

L’obiettivo di al-Qaeda, oggi come ieri, resta quello di divulgare le idee di Sayyid Qutb (fondamenta dei Fratelli Musulmani insieme a quelle del fondatore Hassan al Banna) attraverso il jihad. Esiste, infatti, un solo comun denominatore chiamato shari'a che tiene insieme l’ideologia di Fratelli Musulmani, al-Qaeda, Isis, Hamas, Gruppo Islamico Armato e al-Gama’a al-Islamiyya e di cui Biden è il nuovo utile idiota, l’eroe del sogno dell’islamizzazione del tessuto sociale, economico e politico del mondo occidentale.