Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Santa Caterina da Siena a cura di Ermes Dovico
giustizia

Riforma Nordio: più garantismo fa bene anche all'economia

Ascolta la versione audio dell'articolo

Approvato in Consiglio dei Ministri il ddl del Guardasigilli che cancella il reato di abuso d'ufficio e limita il potere d'appello del pm e le intercettazioni. Benefici anche sul piano economico, ponendo fine alla "paralisi" dei pubblici amministratori. Il dibattito è acceso.

Politica 17_06_2023

Le parole del Ministro Carlo Nordio, all’indomani dell’approvazione in Consiglio dei ministri del suo disegno di legge sulla riforma della giustizia, sono assai indicative dello spirito che attraversa il nuovo testo normativo. «Riformiamo la giustizia in senso garantista. Peccato non lo veda Berlusconi», ha commentato il Guardasigilli. Gli invincibili e incalliti detrattori del Cavaliere, che continuano ad attaccarlo anche dopo la morte, addirittura hanno parlato di sua vendetta postuma attraverso questa riforma.

I numeri alle Camere appaiono rassicuranti per l’esecutivo e quindi il ddl Nordio, che cancella il reato di abuso d’ufficio e pone limiti al potere d’appello del pubblico ministero, non dovrebbe correre rischi. Tanto più perché, non solo nel Pd si è aperto un dibattito acceso sul testo, che avrebbe l’apprezzamento di moltissimi sindaci dem sparsi per l’Italia, ma anche perché il Terzo polo ha già assicurato che lo voterà con convinzione. Forse dietro questa decisione c’è anche una precisa strategia politica: quella di utilizzare il capitolo giustizia per avvicinarsi al centrodestra e drenare voti dal bacino di Forza Italia, puntando su quei deputati e senatori che non vogliono finire tra le braccia di Matteo Salvini o di Giorgia Meloni.

L’abuso d’ufficio è un reato regolato dall’articolo 323 del Codice penale, che punisce in modo specifico i pubblici ufficiali che si procurino un vantaggio ingiusto o arrechino danno ad altri, approfittando del proprio ruolo. La condotta è penalmente rilevante quando: avviene una violazione della legge; c’è dolo intenzionale, ossia la volontà consapevole di esercitare la condotta per trarne un beneficio o viene acquisito un beneficio suscettibile di valutazione economica o arrecato un danno – di qualsiasi tipo – ingiusto. Il reato è punibile con la reclusione da 1 a 4 anni, che può essere aumentata per rilevanti danni o vantaggi. Nel concreto, questo reato ha frenato molti pubblici amministratori che, per paura di essere coinvolti in inchieste per reati contro la p.a., avendo paura di mettere anche soltanto una firma, si sono astenuti dal prendere decisioni importanti a favore dei cittadini e dei territori e hanno preferito vivacchiare. Con danni inevitabili per lo sviluppo complessivo del Paese.

Il testo di riforma della giustizia ridisegna il potere d'impugnazione del pubblico ministero contro le assoluzioni in primo grado per escludere che possa proporre appello rispetto a sentenze relative a reati di contenuta gravità. Restano appellabili le decisioni di assoluzione per i reati più gravi, compresi tutti quelli contro la persona che determinano particolare allarme sociale, tra i quali sono ricompresi i reati cosiddetti da codice rosso. Anche questo dovrebbe contribuire a snellire l’iter giudiziario e a impedire di tenere sulla graticola per anni persone che si dimostrano subito innocenti.

Il ddl prevede interventi sull'applicazione delle misura della custodia cautelare, per la quale sarà necessario l'interrogatorio di garanzia dell'indagato, a meno che non sussista pericolo di fuga o di inquinamento delle prove. Questo per evitare l'effetto dirompente sulla vita delle persone di un intervento cautelare adottato senza possibilità di difesa preventiva e per consentire al giudice un contatto diretto con l'indagato prima dell'adozione della misura o per appagare i deliri di onnipotenza di molti pm, desiderosi di finire sui giornali per aver sbattuto in cella un potenziale delinquente. La decisione, nel caso della custodia cautelare in carcere, sarà affidata non al gip ma a un collegio di tre giudici. Questa disposizione, dato l'impatto sull'organizzazione dei tribunali, entrerà in vigore tra 2 anni per consentire un intervento di ampliamento della pianta organica dei magistrati di 250 unità.

Per quanto riguarda le intercettazioni, la stretta decisa dal Governo tutela semplicemente i soggetti coinvolti, senza penalizzare il diritto all’informazione. Non devono essere riportate le conversazioni e i dati relativi a soggetti non coinvolti dalle indagini, se non considerati rilevanti per il procedimento. Già oggi la legge vieta la pubblicazione del contenuto di intercettazioni fino al deposito: ora anche dopo il deposito degli atti, la pubblicazione del contenuto (totale o parziale) è possibile solo se le conversazioni sono citate dal giudice nella motivazione di un provvedimento o utilizzate nel corso del dibattimento. E non può essere rilasciata copia delle intercettazioni di cui è vietata la pubblicazione quando la richiesta è presentata da un soggetto diverso dalle parti o e dai loro difensori. Viene inoltre ampliato l'obbligo di vigilanza del pubblico ministero sui cosiddetti brogliacci e il dovere del giudice di "stralciare" le intercettazioni, includendovi, oltre ai già previsti "dati personali sensibili" anche quelli "relativi a soggetti diversi dalle parti", fatta salva, anche in questo caso, l'ipotesi che essi risultino rilevanti ai fini delle indagini.

Come detto, mentre sulla linea della maggioranza si schierano gli esponenti del Terzo polo, contro il provvedimento si registra la presa di posizione del Movimento 5Stelle. Il leader, Giuseppe Conte, ha commentato: «Mi sembra davvero inopportuno approfittare dell’onda emotiva per la morte di Berlusconi e di questo clima celebrativo, presentando questo provvedimento come un omaggio alla sua memoria. Fui io nel 2020, da premier, a circoscrivere l’applicazione di questo reato: era più che sufficiente. Ora invece stiamo facendo passi indietro su tutto il fronte del contrasto alla corruzione».

Di certo il dibattito politico sarà acceso su questo tema, anche perché l’Associazione nazionale magistrati ha già annunciato battaglia. Il clima, però, è decisamente diverso perché esiste la fondata convinzione nel Paese che il garantismo sia necessario per impedire il blocco delle attività produttive, tanto più in un periodo come questo in cui anche gli enti locali devono giocare un ruolo fondamentale per sbloccare e utilizzare al meglio i fondi del Pnrr. Non c’è altro tempo da perdere in quanto l’abuso d’ufficio, alimentando un clima di sospetto pregiudiziale nei confronti dei pubblici amministratori, ha finito per paralizzarne l’azione e per frenare la ripartenza post-Covid. Il Governo in questo modo, riformando la giustizia, inciderà positivamente anche sulla ripresa economica.