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CHIESA IN AFRICA

Assemblea Secam: i vescovi africani di fronte ai mali del continente

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A Kigali, Rwanda, la XX Assemblea Plenaria del Secam, con i rappresentanti di tutte le Conferenze Episcopali africane. Delineato un programma a lungo termine per l'impegno cristiano in un continente pieno di problemi, dalle guerre alla poligamia.

Ecclesia 08_08_2025
Cristiani in Africa (La Presse)

Dal 31 luglio al 4 agosto si è svolta a Kigali, capitale del Rwanda, la XX Assemblea Plenaria del Simposio delle Conferenze episcopali di Africa e Madagascar, Secam. Vi hanno partecipato più di 200 delegati: tra di essi, 13 cardinali e 85 vescovi. Sono state giornate di intenso lavoro perché molti erano i punti all’ordine del giorno. I più importanti: una valutazione dei progressi compiuti in Africa nel triennio trascorso dalla precedente Assemblea, la XIX, tenutasi nel 2022 ad Accra, capitale del Ghana; la presentazione del Piano Strategico Triennale del Secam (2025-2028); e la presentazione del Documento di visione a lungo termine del Secam per il periodo 2025-2050.

Ad Accra i vescovi avevano redatto un elenco dei principali e più diffusi mali che affliggono l’Africa: il grave stato d’insicurezza che caratterizza tante regioni del continente, l’instabilità geopolitica, la violenza diffusa, la povertà, la carenza di strutture sanitarie adeguate, lo sfruttamento della religione a fini politici, il malgoverno, la mancanza di rispetto per l’ambiente. «Queste sfide persistono e restano da superare» denunciano i vescovi nel documento finale dell’Assemblea. In effetti si sono aggravate. In Sudan, in particolare, è scoppiata una guerra responsabile della peggiore crisi umanitaria del mondo e degli ultimi decenni; il conflitto esploso nel 2013 in Sudan del Sud si è riacceso invece di risolversi come si era tanto sperato, nella Repubblica Democratica del Congo, complice il Rwanda, un gruppo armato ha conquistato territori estesissimi al costo di migliaia di vittime; il debito estero di molti paesi ha raggiunto livelli insostenibili determinando una contrazione dei servizi e un peggioramento generale delle condizioni di vita; l’intolleranza religiosa ha fatto sempre più vittime e il terrorismo islamico, rafforzatosi per l’incuria e l’impotenza di tanti governi, ha stretto la sua presa mortale su nuove comunità.

Per questo il Secam ha rivolto un appello pressante ai governanti africani affinché abbiano cura finalmente delle loro popolazioni e si impegnino concretamente per la pace, la democrazia e il buon governo. Ai fedeli invece la raccomandazione è che difficoltà e sfide «non devono essere la ragione di cadere nella disperazione. Cristo è la Fonte di speranza per l’Africa e per le sue popolazioni». Ma, avverte il messaggio del Secam, «la speranza cristiana non va confusa con una semplice proiezione mentale staccata dalla realtà. È invece un impegno attivo, una presenza in nome del Signore Gesù accanto a chi soffre, a chi sopporta l’ingiustizia».

Il Documento di visione a lungo termine è improntato a questa rappresentazione della Fede e della Speranza. Occorre nei prossimi 25 anni, hanno spiegato i relatori nel presentarlo nella seconda giornata dei lavori, «coltivare l’audacia di una parola che scuote e sconvolge questo mondo» e per riuscirci è necessario «il rinnovamento della nostra comprensione e della nostra pratica di essere una Famiglia di Dio e di servire le nostre comunità e il nostro continente con il Vangelo della riconciliazione, della giustizia e della pace». Le vie per concretizzare la visione di Fede proposta nel Documento sono state strutturate in 12 “pilastri”: vanno dall’evangelizzazione alla cura del Creato, al dialogo con altre Chiese e religioni, alla liturgia e alla vita di preghiera.

Una attenzione particolare nel messaggio diffuso al termine dell’incontro è dedicata alle tensioni tra stati e interetniche, quest’ultime tra le cause più frequenti di conflitto, responsabili di “sofferenze inimmaginabili” e di un impoverimento umano, materiale e morale che a sua volta, sostengono i vescovi, è ciò che paralizza l’intero continente. «Nessuno esce veramente vittorioso da un conflitto, qualunque ne sia la natura – hanno sottolineato – riconciliazione, perdono e pace sono indispensabili per lo sviluppo di tutti gli aspetti della vita umana».  Di nuovo, l’appello del Secam è ai governanti ai quali chiede senso di responsabilità e di giustizia ai fini di una pace duratura. Ai fedeli i vescovi ricordano che «la riconciliazione e la pace sono veramente un cammino di speranza, in quanto rivelano la vera natura della persona umana, intrinsecamente rivolta agli altri» e devono essere radicate «nella fede in Dio che ha riconciliato l’umanità a se stesso attraverso Cristo».

Tra i temi affrontati, uno era stato raccomandato con speciale urgenza. Si tratta della questione estremamente delicata della poligamia, di come la Chiesa africana si deve porre nei confronti di questa istituzione tipica delle società tribali, tuttora praticata specialmente dove ancora si rispetta il levirato, l’istituzione che impone alle vedove di sposare un fratello o un cugino parallelo del marito defunto, i quali, se anche già sposati, non possono a loro volta sottrarsi all’unione. Il loro matrimonio diventa quindi poliginico. Sono tante le persone in questa situazione, anche contro la loro volontà, che chiedono di essere battezzate o di ricevere altri sacramenti e di battezzare i loro figli. La XX Assemblea ha prodotto un documento intitolato Accompagnamento delle persone in situazione di poligamia. Vi si ribadisce che la Chiesa cattolica riconosce unicamente il matrimonio monogamico e si indicano alcune vie da seguire nel rapporto con i membri di famiglie poligame, volte a consentire loro di essere tuttavia parte della comunità dei fedeli, di sentirsene componente viva per non essere privati dell’ascolto della parola di Dio.