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Jihad

Padre Pierluigi Maccalli è in mano ai jihadisti da due anni

Era stato rapito il 17 settembre 2018 pochi giorni dopo essere rientrato nella sua missione, reduce da un breve viaggio in Italia. Solo lo scorso aprile è stata fornita la prova che è ancora vivo

 

Nella notte tra il 17 e il 18 settembre 2018 padre Pierluigi Maccalli, della Società delle Missioni Africane, veniva rapito in Niger, a Bomoanga. Era appena rientrato da un soggiorno in Italia. Quella sera si era ritirato nella sua camera dopo aver assistito un altro missionario, John Arokiya Dass, colpito da un attacco di malaria, quando degli uomini armati hanno fatto irruzione nel complesso della missione e lo hanno portato via. Si ritiene che a rapirlo sia stato uno dei gruppi jihadisti attivi nella regione, forse provenienti dal Mali o dal Burkina Faso, due paesi con cui il Niger confina. Per oltre un anno non si sono avute sue notizie. Poi lo scorso 6 aprile si è avuta conferma che era vivo grazie a un breve video che lo riprende insieme a un altro italiano sequestrato, Nicola Chiacchio, scomparso in Mali dove si trovava per turismo. Entrambi hanno preso la parola, il tempo di dire chi erano e la data della ripresa, il 24 marzo. A Bomoanga i fedeli e i suoi confratelli non perdono la speranza che venga liberato. Ma nei due anni trascorsi dal suo rapimento i gruppi jihadisti hanno intensificato le attività, si sono fatti più minacciosi, neanche i suoi confratelli sono al sicuro. Di recente a meno di 20 chilometri da Bomoanga un villaggio è stato attaccato da una ventina di jihadisti arrivati come di consueto in moto che hanno saccheggiato generi alimentari e altri beni e hanno ucciso due persone. “Il messaggio degli assalitori, presunti ‘jihadisti’ installatisi da tempo nella zona – spiega padre Mauro Armanino in una intervista rilasciata all’agenzia di stampa Fides – è quello chi si va ripetendo da tempo a menadito. Esso può essere riassunto come segue: Distruggere, demolire la chiesa, convertirsi all’Islam, altrimenti il villaggio sarà raso al suolo. È implicito ‘l’invito’ a non collaborare con le forze governative sotto pena di terminare la vita come le due persone uccise sul posto”.