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IL NUOVO ACCORDO

Pace fra Marocco e Israele, un'amicizia di vecchia data

Il quarto degli accordi di pace promossi da Donald Trump nel Medio Oriente è stato siglato fra Marocco e Israele. Si tratta del culmine di un lungo percorso di amicizia. La quasi totalità dei sovrani marocchini era amica degli ebrei ed oggi il 15% della popolazione israeliana viene dal Marocco. Ma l'Onu ignora questi accordi e si appiattisce ancora sulla linea dell'ostilità palestinese. 

Esteri 15_12_2020
Marocco

E quattro! Israele e Marocco normalizzano le relazioni diplomatiche - meglio dire: ufficializzano e arricchiscono quelle amichevoli, esistenti di fatto e da sempre – a iniziativa e sollecitazione del presidente degli Stati Uniti nel contesto di quell’ “Accordo di Abramo” che ha stabilito ogni genere di relazioni tra Israele e gli Emirati Arabi Uniti e il Bahrein, fra i Paesi islamici della penisola araba, e poi il Sudan. Un consolidamento quindi della storica svolta alla quale finora il mondo islamico si era risolutamente e sempre opposto nel ricordo delle tre guerre dichiarate (nel 1948, 1967 e 1972 e tutte e tre perdute) contro l’esistenza dello Stato ebraico; motivando in seguito che, a ragione della sua “dignità”, solidarizzava con l’Autorità Nazionale Palestinese. Oggi nella Lega Araba, palesemente divisa, si parla di “rispetto” verso quei regimi fermi nel mantenere una politica di ostilità a qualsiasi intesa.

Un “grande successo”, lo definisce invece Jared Kushner, artefice dell’“Accordo” statunitense perché gli fa sentire “più vicina” la normalizzazione tra Israele e Arabia Saudita, ovvero una più significativa pacificazione nel Medio Oriente. Paradossalmente però: sta infatti per uscire dalla scena politica mediorientale per la fine del mandato del suocero, il presidente Donald Trump. E senza che si levi in qualche remoto angolo del mondo una candidatura di Trump al “Nobel della pace” (ancor oggi molti si chiedono perché sia stato attribuito al suo predecessore Barack Obama) e a dispetto della strada seguita dall’ONU di aperta avversione a Israele.

É accaduto cioè che l’“Accordo di Abramo” sia stato ignorato completamente, “snobbato” come se non esistesse, da quei Paesi che alle Nazioni Unite hanno votato ben cinque Risoluzioni che perpetuano comitati e iniziative di ben diverse epoche, riproposte da decenni, e che mai hanno sortito alcunché di positivo per il processo di pacificazione. Si dirà che la votazione all’ONU è avvenuta il giorno precedente l’Accordo tra Israele e Marocco e che non poteva comunque essere altrimenti perché le Risoluzioni erano state proposte dall’Autorità Nazionale Palestinese, ferma nel definire “traditori” tutti i Paesi islamici divenuti amici di Israele. Infine, è stato pure detto, le Risoluzioni rientravano nel pacchetto di venti documenti che il massimo organismo dell’ONU “approva automaticamente” ogni fine anno.

Resta il fatto che nessun Paese al mondo, come Israele, è colpito da tante “condanne” delle Nazioni Unite. Tanto da far denunciare al Jerusalem Post l’esistenza di una «ossessione maniacale» e a far dire all’ambasciatore israeliano all’ONU Gilad Erdan: «I Paesi che in queste votazioni hanno sostenuto Israele hanno ben capito che le risoluzioni non promuovono per nulla la pace e invece rafforzano la posizione di rifiuto dei palestinesi, oltre quella di esacerbare il conflitto».

Come pure si resta in attesa di conoscere la determinazione del neo presidente americano Joe Biden. Dalle sue prime dichiarazioni non di voler rimettere in discussione i risultati dell’“Accordo di Abramo”, anche se «forte sarà la tentazione di tornare ad adagiarsi sulle posizioni delle amministrazioni precedenti, riabbracciando la facile strada di attribuire a senso unico a Israele la colpa e la condanna per l’impasse nel processo di pace», ipotizza lo stesso giornale. Sollecitando Biden a chiarire subito le sue intenzioni.

Fra l’altro, aggiungiamo noi, dovrebbe dire se rispetterà l’impegno assunto da Trump nell’“Accordo” tra Israele e Marocco secondo cui gli Stati Uniti riconoscono la sovranità di quest’ultimo Paese sul Sahara occidentale, cancellando così le aspirazioni del popolo saharawi e le speranze da esso riposte nel sostegno della “grande potenza” alla sua lotta a oltranza, armata e diplomatica, per l’indipendenza.

In effetti a Biden risulterà non solo difficile, ma gravido anche di conseguenze politiche nell’elettorato ebraico statunitense, intromettersi nell’“Accordo” tra lo Stato ebraico e il Marocco solennemente “incoronato” da Trump. Perché si fonda sul fortissimo legame tra il mondo ebraico e la comunità islamica marocchina che si è sviluppato nei secoli. La loro storia è unica, i loro rapporti sono stati contrassegnati più da momenti felici che scevri da preoccupazioni; come quelli causati da cambi di umore di alcuni detentori del potere politico. Quando la quasi totalità dei sovrani sono stati tanto amici degli ebrei da avvalersene come ministri, fidati tesorieri e medici, esperti consiglieri ed emissari diplomatici. E da impedirne persino l’emigrazione dovuta all’ irresistibile richiamo nella Terra Promessa, dov’era stato ricostituito lo Stato d’Israele.

Ricca pure la storia dell’aliyha, l’emigrazione, degli ebrei del Marocco, oggi più di un milione (il 15% della popolazione) orgogliosi di essere la seconda comunità in Israele dopo quella russa, non solo, ma pure quella che costituisce la classe media in generale e l’élite amministrativa della nazione, specie nelle istituzioni e nelle imprese bancarie e finanziarie. Due suoi esponenti sono ministri: Amir Peretz e Miri Regecìv. Grande la considerazione e il rispetto delle sue tradizioni sociali e religiose, impostisi soprattutto con gli studi, nella continuità di una tradizione prestigiosa. Quella che in Marocco aveva consentito ai progenitori di raggiungere e mantenere elevate posizioni sociali.

Queste referenze spiegano perché tra Stato d’Israele e Marocco i rapporti si siano mantenuti sempre buoni, amichevoli, intensi (pur risentendo, certo, dei momenti difficili delle tensioni con i palestinesi e nel rispetto formale della solidarietà imposta dalle istituzioni islamiche); e perché l’“Accordo di Abramo” li abbia arricchiti. Ma c’è pure da ricordare – per comprendere il valore e l’auspicata dilatazione di questo Accordo – che i musulmani del Marocco godono di una posizione privilegiata nel loro mondo religioso per la discendenza reale dal profeta Maometto, attraverso la linea di sua figlia Fatima e di suo cugino Alì Abi Talib.

Un motivo in più per riflettere sulla coesistenza colà sviluppatasi nei secoli tra ebrei e musulmani. Che ha potuto resistere alle avversità generate dalle ambizioni e perversità del potere politico perché è stata capace di riconoscerne i frutti nel valore delle diversità. Un esempio dunque,ed anche una speranza. .