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CHIESA NEL MIRINO

Nicaragua, infuria la persecuzione: già 13 i sacerdoti arrestati nel 2023

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Il regime di Ortega ha ordinato nei giorni scorsi l’arresto di una decina di sacerdoti, portando a 13 il numero degli incarcerati nell’ultimo anno, tra cui il vescovo Álvarez. Lascia attoniti il silenzio del Vaticano.

Esteri 13_10_2023

In Nicaragua si sta promuovendo un nuovo tremendo attacco alla Chiesa cattolica. La dittatura sandinista di Daniel Ortega e della moglie Rosario Murillo, praticante esoterica e devota all’occulto, ha ordinato nei giorni scorsi l’arresto di una decina di sacerdoti, portando a 13 il numero degli incarcerati nell’ultimo anno, tra cui il vescovo Rolando Álvarez.

Lascia attoniti il silenzio del Vaticano, più comprensibile ma non giustificabile quello della Conferenza episcopale nicaraguense, davanti alla recrudescenza delle persecuzioni e all’avvio di una vera e propria “pulizia religiosa” nel Paese. Non è stato in silenzio il Consiglio permanente dell’Organizzazione degli Stati Americani (Osa) che l’11 ottobre ha approvato una dichiarazione critica nei confronti del regime di Ortega. Il testo dell’Osa, che mette in discussione le azioni della dittatura contro la Chiesa cattolica, è stato approvato all’unanimità, ma con una nota di precisazione di El Salvador e una nota critica della Bolivia, per la quale l’Osa non dovrebbe interferire negli affari interni di un Paese.

Nel testo i Paesi americani dichiarano finalmente con chiarezza che le misure del Governo nicaraguense sono «parte di un’azione sistematica, arbitraria e abusiva che ha colpito (...) la Chiesa cattolica». Si denunciano poi le intimidazioni contro la «libertà di professare, manifestare e praticare la propria religione ma anche (…) contro la libertà di pensiero e di espressione, la libertà di coscienza, di religione o di credo, la libertà di associazione, il diritto di riunione pacifica, la libertà accademica, il diritto all’istruzione e il diritto al lavoro»: tutti atti che «violano i diritti umani e sono incoerenti con gli impegni e gli obblighi del Nicaragua stabiliti negli strumenti internazionali».

Il 9 ottobre, il regime di Ortega aveva arrestato il sacerdote Ramón Esteban Angulo Pérez, il sesto parroco arrestato dalla dittatura nicaraguense nell’arco di dieci giorni. L'arresto di Angulo Pérez, che era responsabile della chiesa di Nostra Signora di Fatima nella regione autonoma della Costa Caraibica Meridionale, è stato eseguito da agenti della Polizia Nazionale, portando appunto a 13 il numero di arresti di sacerdoti cattolici effettuati finora quest’anno nel Paese. Nei giorni precedenti, infatti, le forze sandiniste avevano arrestato i religiosi José Iván Centeno, Julio Ricardo Norori, Cristóbal Gadea, Álvaro Toledo e Yesner Cipriano Pineda Meneses, tutti appartenenti alla diocesi di Estelí, gestita fino all'anno scorso da monsignor Rolando Álvarez, il vescovo condannato a più di 26 anni di carcere, divenuto simbolo dei prigionieri politici per motivi religiosi in Nicaragua. Una delle accuse più sconcertanti e ingiuste che si rivolge a questi sacerdoti è l’aver invitato i fedeli a pregare per mons. Álvarez: per questa ragione sono ritenuti traditori della patria.

Il 2023, come abbiamo ripetutamente segnalato sulla Nuova Bussola, è diventato l'anno che ha visto la più grande repressione della tirannia comunista contro la Chiesa e i fedeli cattolici nella nazione ispano-americana, governata ininterrottamente dal 2007 dall’ex guerrigliero comunista Ortega. La quarta edizione dello studio “Nicaragua: una Chiesa perseguitata?”, fresca di pubblicazione, riporta che erano state 90 le aggressioni contro la Chiesa cattolica nel 2018; 84 nel 2019; 62 nel 2020; 55 nel 2021; nel 2022 sono cresciute fino a quota 171; sinora, il 2023 segna 295 aggressioni a fedeli, edifici e organizzazioni legate alla Chiesa cattolica, tra cui la chiusura di quattro università, due istituti religiosi e 15 tra stazioni radio, tv e mass media.

I nuovi arresti degli ultimi giorni arrivano nel mezzo delle tensioni tra Ortega e la Chiesa cattolica, una crisi iniziata nell'aprile 2018, dopo che le proteste antigovernative, che chiedevano l'estromissione del dittatore dal potere e la celebrazione di elezioni libere e democratiche, erano state represse brutalmente causando almeno 355 morti. Da allora, Ortega incolpa la Chiesa cattolica delle proteste e la accusa di un presunto “colpo di Stato” fallito.

L’ultimo anno è stato terribile: a febbraio 2023, il governo nicaraguense aveva tolto la cittadinanza a 94 oppositori politici e inviato negli Stati Uniti 222 leader politici, sacerdoti, semplici fedeli e altri dissidenti. Nello stesso mese, il vescovo cattolico Rolando Álvarez è stato condannato ad una pena di 26 anni di carcere, rifiutando più volte di andare in esilio, nonostante le sceneggiate imbastite dal Vaticano. La recrudescenza delle ultime settimane è però un segnale chiaro che indica l’inizio di una vera e propria pulizia religiosa nel Paese, il tentativo per nulla mascherato di arrestare il maggior numero possibile di sacerdoti e religiosi (nella foto padre Osman José Amador Guillen, sequestrato dalla polizia sandinista), spingere i credenti ad una devozione senza sacramenti e verso la privatizzazione della fede popolare.

Intorno alla persecuzione della Chiesa cattolica in Nicaragua c’è un silenzio assordante o, come nel caso della scelta del Parlamento europeo per i finalisti del Premio Sacharov, un atteggiamento contraddittorio. La Commissione Esteri del Parlamento europeo ha sì inserito tra i finalisti del premio per i diritti umani mons. Rolando Álvarez, insieme a Vilma Núñez de Escorcia (promotrice dei diritti umani in Nicaragua), la defunta iraniana Mahsa Amini e un’organizzazione di donne iraniane in esilio; ma lo stesso organo del Parlamento europeo ha pensato di candidare addirittura una promotrice dell’aborto in Polonia (Justyna Wydrzyńska), a El Salvador (Morena Herrera) e negli Stati Uniti (Colleen McNicholas). Nomine, queste ultime, che si commentano da sole. Il Parlamento europeo deciderà il prossimo 19 ottobre il nome del vincitore del Premio Sacharov: se esistesse un minimo di buonsenso, la scelta dovrebbe essere ovvia. Ma il rischio che si trasformi nella solita scelta ideologica (in questo caso, pro aborto) è alto.



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