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La lettera

Mondana e alla Draghi, ecco l’UE sognata da Zuppi e Crociata

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Nella loro “Lettera all’Unione Europea”, il cardinale Zuppi (Cei) e monsignor Crociata (Comece) parlano dell’UE come un sogno. Un europeismo, il loro, pre-religioso, che diventa criterio per valutare la stessa fede cristiana. Sembra di leggere il Rapporto Draghi.

Attualità 10_05_2024
Cardinale Matteo Zuppi (foto ImagoEconomica)

Il cardinale Matteo Zuppi, presidente dei vescovi italiani, e monsignor Mariano Crociata, vescovo di Latina e presidente della Comece, la Commissione delle conferenze episcopali della Comunità europea, hanno scritto una “Lettera all’Unione Europea”, in occasione della Giornata dell’Europa del 9 maggio scorso e in vista delle prossime elezioni del Parlamento europeo.

La lettera inizia con «Cara Unione Europea». Gli autori, quindi, si rivolgono all’Unione Europea come se fosse una persona in carne e spirito e come se Europa e Unione Europea fossero la stessa cosa, mentre si sa che quest’ultima non è l’Europa e in molti suoi aspetti sostanziali la contraddice. Questa sovrapposizione è indicativa dello spirito della lettera: secondo Zuppi e Crociata si è europei solo se si sostiene questa Unione Europea. Il tono della lettera non è difforme da altre prese di posizione dell’attuale gerarchia ecclesiastica. Sembra esserci un cliché che viene ripetuto, indipendentemente dai contenuti di cui si parla.

Questo format si fonda prima di tutto sul concetto che il peccato maggiore è l’individualismo e la salvezza consiste nella solidarietà. Questo principio viene poi applicato, ad esempio, alla “autonomia differenziata” perché romperebbe l’unità nazionale, oppure alla democrazia, dato che chi la nega pecca di individualismo, oppure – e qui ci siamo – all’Unione Europea, questo comunitario e non meglio specificato “sogno” europeo che ci permette di salvarci dall’individualismo e dall’isolamento. Anche se l’aborto venisse inserito nelle dichiarazioni europee dei diritti, Zuppi e Crociata continuerebbero comunque a dire che bisogna partecipare e coltivare il sogno europeo, che nel frattempo però sarebbe diventato, ammesso che già non lo sia, un incubo. Non contano i contenuti, contano l’esserci e lo stare insieme.

Il secondo fondamentale criterio del cliché è che la Chiesa e i cattolici non devono intervenire secondo verità ma secondo una carità deformata, ove per “carità” si intende appunto questa solidarietà contro l’individualismo egoistico. Ne consegue che la Chiesa e i cattolici nell’UE non hanno più nessun punto fermo da rivendicare ad ogni costo, perché questo romperebbe la solidarietà. Da qui il tono comunque conciliante e compromissorio nei confronti delle istituzioni e politiche europee. La Comece in questo è maestra.

Il terzo elemento del cliché è il più importante. C’è una dimensione dell’esistenza umana che precede qualsiasi scelta filosofica, religiosa, atea… e nella quale siamo tutti fratelli. Questo apriori esistenziale va assolutamente difeso e nessuna opzione successiva può incrinarlo o indebolirlo. Anche la proposta cristiana dovrà assumerlo come un presupposto indisponibile, inserirvisi ed esservi accompagnata, accompagnandolo. Questo orizzonte mondano ed esistenziale è il criterio per valutare anche la fede cristiana e non viceversa. Se la Chiesa lo negasse si trasformerebbe in una setta. Il sogno europeista appartiene a questa dimensione pre-religiosa ed è quindi un dato che orienta il cristianesimo, anziché essere da questo orientato.

La lettera di Zuppi e Crociata è intrisa di tutti questi elementi. L’Europa/Unione Europea rientra in questa dimensione apriorica che ci precede come “situazione” e quadro della nostra esistenza, per questo i Due la riveriscono e la ringraziano con “servo encomio”: «Spesso si parla male di te e tanti si scordano quante cose importanti fai! Durante il COVID lo abbiamo visto». Certo, ci sono stati momenti difficili «ma la forza che viene dall’unità ha mostrato il valore del cammino intrapreso». Il senso dell’Europa/Unione Europea è lo «stare insieme», la condivisione o «il nostro futuro condiviso», perché il «destino è comune» e «bisogna continuare a costruire un’Europa unita». Quali sono le cause della debolezza dell’Unione? Esse dipendono dalle «divisioni interne», le «contrapposizioni intestine». La pandemia e gli agricoltori preoccupano? La risposta non è nei contenuti ma nell’unità, mentre alcuni «vogliono far credere che isolandosi si starebbe meglio». Usando le parole di Francesco, i mittenti della lettera dicono che l’Europa deve «unire i distanti, accogliere al suo interno i popoli e non lasciare nessuno per sempre nemico». L’Europa sarebbe Accoglienza allo stato puro e “condivisa”, specialmente verso i migranti.

È un’Unione Europea senza contenuto, come prassi in atto, spazio vuoto di accoglienza e integrazione, come condivisione senza aver chiaro cosa ci sia da condividere, e senza che la Chiesa sia chiamata a dire la propria. La lettera esprime l’adesione della Chiesa a tutte le prassi europeiste in corso, con un avallo senza discussione: l’Unione deve ulteriormente unificarsi («è tempo di un nuovo grande rilancio del tuo cammino di Unione verso una integrazione sempre più piena»); deve dotarsi di un «fisco europeo»; deve attuare una «politica estera autorevole»; addirittura deve attrezzarsi per una «difesa comune che ti permetta di esercitare la tua responsabilità internazionale»; deve allargarsi ai «Paesi che ancora non ne fanno parte».

La lettera condivide la transizione digitale («le esigenze di innovazione economica e tecnica, pensiamo all’Intelligenza Artificiale»); il riarmo (esigenze «di sicurezza»); la transizione ambientale (esigenze «di cura dell’ambiente e di custodia della casa comune»); lo statalismo assistenziale (esigenza «di salvaguardia del welfare e dei diritti individuali e sociali», ma quali?) senza chiarire e valutare alcunché di questi nodi strategici. Tutti i passaggi preconizzati dal Rapporto Draghi sono qui minuziosamente elencati e confermati, senza alcuna analisi critica che non sia il richiamo retorico ai Padri fondatori tutti, purtroppo, cristiani.