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IL CASO

Messe vietate a San Pietro, Sarah: “Una violenza”

Dopo i cardinali Burke, Müller e Brandmüller, anche Sarah protesta contro il divieto - emesso dalla Segreteria di Stato - delle celebrazioni individuali a San Pietro, chiedendo al Papa di ritirarlo. Imporre la concelebrazione può causare «una diminuzione del dono di grazia», va contro il canone e la secolare pratica di tanti santi. E c’è pure il nodo della forma straordinaria.

Ecclesia 30_03_2021

E quattro. Robert Sarah è il quarto cardinale a prendere carta e penna per protestare contro le nuove disposizioni che vietano le celebrazioni individuali nella Basilica di San Pietro. Lo ha fatto con una lettera pubblicata ieri dal blog Settimo Cielo del vaticanista Sandro Magister.

Il prefetto emerito della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti ha tenuto a far sapere di voler aggiungere la sua voce a quella dei cardinali Raymond L. Burke, Gerhard L. Müller e Walter Brandmüller, concordando con le osservazioni critiche che questi ultimi - ognuno secondo le proprie competenze - hanno avanzato relativamente alla direttiva del 12 marzo voluta dalla Sezione Affari Generali della Segreteria di Stato. In particolare, commentando l’interpretazione data da Brandmüller secondo cui la decisione sulle Messe in basilica «potrebbe rappresentare un “ballon d’essai” in vista di future decisioni che potrebbero interessare la Chiesa universale», il porporato guineano ha scritto che «se questo fosse vero, risulta ancora più necessario che sia noi vescovi, sia i sacerdoti, sia il santo popolo di Dio» facciano «sentire rispettosamente» la loro voce.

A proposito del contenuto delle nuove norme entrate in vigore la scorsa settimana, Sarah ha affermato che esistono «concelebrazioni poco dignitose e poco partecipate e celebrazioni individuali molto decorose e ben partecipate», contestando così la pretesa del documento della Segreteria di Stato di voler preservare il clima di raccoglimento e di decoro della liturgia. Dal punto di vista teologico, il prefetto emerito ha sostenuto che la direttiva potrebbe provocare un «danno spirituale incalcolabile» perché «costringendo i sacerdoti a concelebrare e quindi riducendo il numero di Messe celebrate» potrebbe verificarsi «una diminuzione del dono di grazia fatto alla Chiesa e al mondo».

Oltre al contenuto, al porporato guineano non è piaciuta la forma: «Dal punto di vista spirituale ferisce anche il tono perentorio con cui il testo della segreteria di Stato stabilisce che “siano soppresse le celebrazioni individuali”», ha scritto Sarah, spingendosi a parlare di «una sorta di inusitata violenza» per il verbo scelto nel comunicare la decisione. Nel testo affidato al blog di Magister, inoltre, il prelato si è soffermato su alcune apparenti contraddizioni delle nuove norme, evidenziando come «l’imposizione» della concelebrazione «avviene mentre l’umanità sta combattendo contro il Covid-19, il che rende meno prudente concelebrare» e chiedendosi «cosa faranno quei sacerdoti che vengono a Roma e non conoscono l’italiano» dal momento che le concelebrazioni a San Pietro «si tengono solo in lingua italiana». Aggiunge il cardinale: «Il canone prevede che si possa celebrare in altra lingua, se i relativi libri liturgici sono stati approvati; ma neanche questo ora può essere fatto in San Pietro, a meno che il celebrante non abbia un gruppo di fedeli con sé, nel qual caso, seguendo le nuove norme, egli sarà comunque dirottato nelle Grotte vaticane, rimanendo così l’italiano l’unica lingua ammessa in basilica».

Un capitolo a parte merita la questione della celebrazione nella forma straordinaria del Rito romano, consentita in quattro fasce orarie del mattino all’interno della Cappella Clementina delle Grotte Vaticane. Il prefetto emerito della Congregazione per il Culto Divino se l’è presa con l’espressione «sacerdoti autorizzati» utilizzata nel documento della Segreteria di Stato: «Questa indicazione, oltre a non rispettare le norme contenute nel Motu Proprio “Summorum Pontificum” di Benedetto XVI, è anche ambigua: chi dovrebbe autorizzare quei sacerdoti? Per quale ragione non si dovrebbe mai più poter celebrare la forma straordinaria in basilica? Quale pericolo essa rappresenta per la dignità della liturgia?».

Il cardinale si è rammaricato per l’interruzione di «una consuetudine antica e veneranda» perpetuata nel corso dei secoli anche da molti santi e ha ricordato che in tal modo tanti sacerdoti in pellegrinaggio a Roma perderanno la possibilità di celebrare a San Pietro. La sua lettera si è conclusa con un appello al Santo Padre a nome di «uno sconfinato numero di battezzati» (tra i quali, secondo Sarah, «molti (...) non vogliono o non possono manifestare il proprio pensiero») a «disporre il ritiro delle recenti norme emanate dalla segreteria di Stato, le quali mancano tanto di giustizia quanto di amore, non corrispondono alla verità né al diritto, non facilitano ma piuttosto mettono in pericolo il decoro della celebrazione, la partecipazione devota alla Messa e la libertà dei figli di Dio».

Nelle scorse settimane, a proposito della direttiva esposta all’interno della sagrestia di San Pietro, il cardinale Burke - seguito da molti altri - aveva notato alcune anomalie nella forma: «La Segreteria di Stato non è competente per la disciplina liturgica della Chiesa e, in particolare, per la disciplina liturgica nella Basilica di San Pietro in Vaticano», aveva scritto il porporato statunitense, aggiungendo che quest’ultima «ha ora un Cardinale Arciprete, ma il documento in questione non gli viene comunicato ufficialmente».

Ieri, indirettamente, è stata fatta un po’ di chiarezza su quest’ultimo punto con la comunicazione della Sala Stampa della Santa Sede in merito alla promulgazione dello Statuto della Reverenda Fabbrica di San Pietro con cui ha termine il mandato da commissario straordinario per la Fabbrica di San Pietro di monsignor Mario Giordana. Nel far sapere che l’applicazione dello Statuto spetterà al nuovo Arciprete della Basilica, la Sala Stampa della Santa Sede ha informato che il cardinale Mauro Gambetti inizierà il suo incarico a partire da questa Settimana Santa. Quindi è presumibile pensare che la direttiva della Segreteria di Stato non sia stata destinata anche al successore del cardinale Angelo Comastri perché lo scorso 12 marzo non era ancora cominciato il suo mandato. Appena insediato, l’ex Custode generale del Sacro convento si troverà alle prese con una patata bollente non da poco visto che sia la fase di interregno con il predecessore che il commissariamento della Fabbrica si sono esauriti, e quindi la disciplina liturgica della Basilica dovrebbe tornare ad essere sua esclusiva competenza.