Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Ora di dottrina / 183 – Il supplemento

L’orientamento della preghiera

Il corpo è chiamato a partecipare alla preghiera in ragione del rispetto dovuto a Dio. L’orientamento della preghiera è centrale in ogni religione e si lega a quello degli altari. L’importanza di pregare volgendosi a Oriente e il suo significato nuovo nel cristianesimo.

Catechismo 09_11_2025

Nessun uomo religioso, che fosse pagano, giudeo o cristiano, trascurava l’atteggiamento del corpo nella preghiera, e in special modo nella presentazione dell’offerta alla divinità. In particolare, come abbiamo visto nell’articolo precedente, tre aspetti appaiono particolarmente testimoniati negli scritti e nelle rappresentazioni visive: la postura in piedi, le mani sollevate e aperte, gli occhi orientati verso il cielo; caratteristiche che accomunavano sia il fedele che presentava offerte e preghiere, sia il sacerdote che le immolava alla divinità.

Questi atteggiamenti corporei esprimono un aspetto chiaro: la preghiera e l’offerta di sacrifici si compiono al cospetto di Dio; il corpo è chiamato a presentarsi davanti alla divinità, adottando posture adeguate, mentre si orienta l’intenzione profonda del cuore. Questa partecipazione del corpo alla preghiera è una caratteristica tipicamente e squisitamente umana: quando ci rivolgiamo con rispetto ad una persona, ci volgiamo anche fisicamente verso di lei, cerchiamo il suo sguardo con i nostri occhi, assumiamo una postura conveniente.

Ma c’è un altro aspetto significativo che marca l’orientamento della preghiera. Nei culti pagani, le immagini degli idoli svolgevano il ruolo di focus dell’orientamento. La persona in preghiera si volgeva verso l’immagine e stendeva le mani in quella direzione. Lo stesso avveniva per il sacrificio: offerente e sacerdote erano orientati verso l’immagine. Questo comportava un fatto interessante: l’altare aveva una direzione, ossia aveva un davanti e un dietro, così che il sacerdote che offriva il sacrificio stava in piedi davanti ad esso, orientato verso l’immagine della divinità, che stava dunque dietro. Stefan Heid (Altar and Church, pp. 236-237) mette in risalto che, secondo l’architetto romano Marco Vitruvio Pollione, l’altare doveva stare all’aperto sul lato occidentale del tempio, rivolto ad Oriente, cosicché il sacerdote offrisse il sacrificio con lo sguardo rivolto al cielo, in direzione Est, di fronte all’immagine dell’idolo. Anche Clemente Alessandrino conferma questo orientamento: «È per questo che anche i templi più antichi guardavano a occidente, perché quelli che stavano di fronte alle statue delle divinità fossero indotti a volgersi a oriente» (Stromata, VII, 43, 7).

Anche nel giudaismo, l’orientamento era fondamentale. La proibizione di fabbricare immagini di Jahvè impediva che vi fossero statue e rappresentazioni analoghe a quelle dei pagani; ma questa interdizione non intaccava affatto l’orientamento della preghiera e del sacrificio. Riferendosi al sacrificio espiatorio, Dio comanda a Mosè: «Questo è l'olocausto perenne per le vostre generazioni, all'ingresso della tenda del convegno, alla presenza del Signore, dove io vi darò convegno per parlare con te» (Es 29, 42). L’immolazione delle vittime animali avveniva sull’altare di bronzo, all’interno del recinto sacro, ma all’esterno del Santo. Il sacrificio doveva essere offerto dai sacerdoti «alla presenza del Signore», ossia rivolti verso il Santo dei Santi. Anche il sacrificio di incenso doveva essere offerto «davanti al Signore»: «lo brucerà anche al tramonto, quando Aronne riempirà le lampade: incenso perenne davanti al Signore per le vostre generazioni» (Es 30, 8). Ogni sacrificio offerto dal re e dal popolo era offerto «davanti al Signore» (cf. 1 Re 8, 62). Questa espressione la si ritrova in molti passi dell’Antico Testamento ad indicare non tanto un atteggiamento interiore, quanto l’orientamento corporeo, strettamente legato all’orientamento degli altari. Nessun levita avrebbe mai offerto il sacrificio collocandosi tra il Santo dei Santi e l’altare e nessun ebreo avrebbe mai pregato volgendo le spalle al Tempio, come espressamente stigmatizzato dal Signore, per bocca del profeta Ezechiele (cf. Ez 8, 16).

Anche per i cristiani, l’esercizio del sacerdozio è sinonimo di stare alla presenza di Dio, stare davanti a Dio, stare davanti al suo volto, presentarsi agli occhi della Maestà divina. In conspectu Dei stare, coram oculis Dei, astare coram te, adstantes ante tuam Maiestatem, sono espressioni che si trovano in abbondanza nei testi liturgici antichi e in quelli dei Padri. Espressioni che, ancora una volta, non intendono esprimere il raccoglimento interiore, ma un orientamento corporeo concreto: il sacerdote sta davanti a Dio, perché sta sul versante frontale dell’altare (ante altare stans), volto verso l’immagine di Cristo e verso l’Oriente, punto cardinale presente anche nei culti pagani, che per i cristiani assume un significato nuovo. Il sacerdote che sacrifica e i fedeli che offrono stanno “dalla stessa parte”, davanti all’altare, e stanno al cospetto di Dio, guardano a Lui, rappresentato in una immagine, come si vede in numerosi mosaici e affreschi absidali; o semplicemente a Oriente, il punto cardinale ritenuto più nobile per natura, espressione nella creazione del Sole di giustizia (Ml 4, 2), il Sole che sorge (Lc 1, 78), Gesù Cristo Signore nostro.

Vi sono innumerevoli testi dei Padri che indicano questa consuetudine di pregare volti a Oriente, ossia orientati, come proveniente direttamente dagli Apostoli. San Giovanni Damasceno, dopo aver spiegato le ragioni di questo orientamento, scrive che «questa tradizione degli Apostoli non è scritta; infatti essi ci hanno trasmesso molte cose che non sono scritte» (La fede ortodossa, IV, 12). San Basilio Magno dà come fatto ovvio e assodato che la preghiera si innalzi volgendosi ad Oriente, sebbene pochi ormai ne ricordino la ragione: «Per questo noi guardiamo tutti a oriente mentre preghiamo; ma pochi sanno che noi siamo alla ricerca della patria primitiva, il paradiso, che Dio piantò in Eden, a Oriente» (Lo Spirito Santo, XXVII, 66, 60).

Nella preghiera e nel sacrificio, i cristiani e i sacerdoti sono dunque volti ad Oriente, spesso guardando ad una immagine di Cristo. E anche l’altare è orientato. È importante, a proposito, liberare il campo da un equivoco: spesso si è confuso l’altare orientato con l’altare “da muro”, ossia l’altare che ha liberi solo tre lati ed è incastonato in una struttura più complessa; l’altare libero sui quattro lati è stato considerato segno di un orientamento libero, immaginando che il sacerdote potesse stare frontalmente ai fedeli. Le cose però non stanno così: l’altare era sempre e comunque orientato, aveva cioè un fronte e un retro, e il sacerdote stava al lato frontale, anche quando l’altare era libero sui quattro lati.

Questo tema dell’orientamento della preghiera ci introduce nell’altra grande questione dell’orientamento degli edifici sacri. Che tratteremo la prossima domenica.



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