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DALLA SPAGNA A MALTA

L’onda abortista che minaccia l’Europa

C’è la “lista nera” dei medici obiettori in un nuovo disegno di legge spagnolo, la possibile costituzionalizzazione dell’aborto in Francia e quella (fallita) nel Regno Unito. E ancora: le spinte radicali in Olanda e le pressioni dell’Unione Europea su Polonia e Malta per liberalizzare l’uccisione dei nascituri.

Editoriali 30_11_2022

Il puzzo dell’aborto si va diffondendo in tutta Europa. In Spagna, Francia, Malta, Olanda, Polonia, Regno Unito crescono le pressioni per legalizzare l’omicidio della persona concepita in utero.

La nuova legge spagnola sull’aborto è quasi pronta, dopo che la Commissione per l’uguaglianza del Congresso ha approvato la relazione sul testo adottato (22 voti a favore di Psoe, Unidas Podemos e alleati; contrari 15 membri di Pp, Vox e Ciudadanos). Ora la cosiddetta “Legge organica sulla salute sessuale e riproduttiva e sull’interruzione volontaria di gravidanza”, promossa dalla leader indiscussa di Podemos e ministro dell’Uguaglianza Irene Montero, dovrà essere sottoposta alla plenaria per l'approvazione finale e poi sarà inviata al Senato per l’ultima approvazione prima di entrare in vigore. Non ci dovrebbero essere sorprese, vista l’ampia maggioranza.

Tre le novità inquietanti nel disegno di legge spagnolo: i medici obiettori saranno obbligati a registrarsi in una lista pubblica e nazionale, una sorta di “lista nera” già contestata anche dall’Agenzia per la tutela dei dati nazionali; ai medici obiettori sarà vietato partecipare ai comitati clinici dei propri ospedali che decideranno sugli aborti per motivi “medici” (ovvero gli aborti fino alla ventiduesima settimana di gestazione o anche oltre, a condizione che il feto soffra di “anomalie incompatibili con la vita” o di una “malattia estremamente grave e incurabile”). La ragione? I medici obiettori non sono imparziali... Infine, la legge permetterà alle ragazze di 16 e 17 anni di interrompere la gravidanza senza l’obbligo di avere il permesso dei genitori, senza modifiche ai limiti temporali (aborto gratuito fino alla ventiduesima settimana di gestazione).

In Francia, dopo la bocciatura di metà ottobre al Senato della proposta di costituzionalizzazione dell’aborto, descritta dalla Bussola, nei giorni scorsi (24 novembre) l’Assemblea Nazionale ha dibattuto e approvato proprio l’introduzione del diritto all’aborto nella Costituzione: 337 a favore e 32 contrari. La formulazione approvata di “diritto all'aborto” è più vicina a ciò che chiedevano alcuni deputati di Lr (Repubblicani di centrodestra) e del Rassemblement National (la destra di Le Pen-Bardella): una costituzionalizzazione del principio dell'aborto, ma il rifiuto di un “diritto all'aborto” incondizionato. Per questo motivo, la maggioranza dei gruppi di Lr ed Rn ha votato a favore del testo emendato. Affinché la modifica costituzionale sia definitivamente adottata, il testo dovrà ancora essere votato negli stessi termini dal Senato e poi approvato da un referendum. Ufficialmente, la Nupes (coalizione di tutte le sinistre) si è detta soddisfatta di aver visto approvare il proprio progetto dall’Assemblea Nazionale, sostenuto anche da parlamentari e Governo Macron. In realtà, il testo è solo una mezza vittoria per la Nupes, che non è riuscita a far adottare l'accesso incondizionato all'aborto. Il testo adottato non sembrerebbe di per sé incompatibile neanche con la clausola di coscienza dei medici o con il limite massimo di 14 settimane. Tuttavia, alcuni esperti e attivisti pro vita mettono già in guardia dal pericolo che, con l’eventuale adozione definitiva di una tale modifica alla Costituzione, le associazioni femministe potrebbero impugnare i suddetti limiti all'aborto davanti al Consiglio costituzionale e farli abrogare. Come dicevamo, solo 32 deputati, soprattutto di Lr ed Rn, hanno votato contro la legge: pochi coraggiosi che hanno affermato come l'aborto non debba trovare posto nella Costituzione e la Francia non meriti di divenire il secondo Paese europeo a sancire l'aborto nella propria Costituzione, dopo la Jugoslavia comunista di Tito.

Il 21 novembre scorso era stata la volta del governo maltese. A Malta, ad oggi l’ultimo Paese europeo a vietare l’aborto, è stata presentata una proposta di liberalizzazione dell’aborto in caso di asserito pericolo per la vita o la salute della madre (non per i casi di stupro, incesto o anomalie fetali). A Malta l’aborto non sarà considerato un crimine se sarà fatto “per proteggere la salute di una donna incinta che soffre di una complicazione medica pericolosa per la vita o se la sua salute è seriamente minacciata”. La decisione del governo socialista di aprire all’aborto contraddice le promesse elettorali ma il primo ministro maltese, Robert Abela, ha assicurato il 28 novembre che l'aborto rimarrà illegale a Malta e che ogni abuso - al di fuori delle previsioni di modifica legislativa, in realtà già consistenti - sarà perseguito penalmente. Tuttavia le pressioni anche europee aumentano su Malta, non solo da parte della commissaria all’Eguaglianza e maltese Helena Dalli, ma anche dai parlamentari europei: 108 di questi ultimi hanno scritto una lettera aperta al premier maltese, spronandolo a liberalizzare l’aborto nell’isola.

A proposito di Unione Europea, nel dibattito della scorsa settimana in Parlamento per la Giornata contro la violenza verso le donne, dopo le audizioni specifiche dei giorni precedenti alla Commissione dei Diritti delle donne, la commissaria Helena Dalli ha criticato la Polonia per la decisione (in vigore) della Corte Costituzionale di vietare gli aborti eugenetici e per il fatto di perseguire le manifestazioni e gli aborti illegali nel Paese.

Intanto il 23 novembre, in Olanda, quasi 94.000 cittadini hanno firmato e depositato un'iniziativa popolare di legge per eliminare l'aborto dal diritto penale, mentre uno dei partiti di maggioranza (Democratici 66) ha annunciato di volere che i Paesi Bassi promuovano l'aborto come diritto internazionale e rilanciato l’idea di Macron dello scorso gennaio di inserirlo nella Carta dei diritti fondamentali dell'UE.

Dulcis in fundo una buona notizia dal Regno Unito: la stragrande maggioranza dei membri intervenuti nella discussione alla Camera dei Comuni sulla petizione dei Laburisti di introdurre il diritto all’aborto nel Bill of Rights, carta fondamentale dei diritti dei cittadini inglesi, si è dichiarata contraria a tale modifica.