Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Luigi Maria Grignion di Montfort a cura di Ermes Dovico
GENETICA E PROTOCOLLI

Lombardia, non diamo la colpa ai Neanderthal per le morti da Covid

Ascolta la versione audio dell'articolo

Perché in Lombardia ci sono stati così tanti morti di Covid? Per l'Istituto Mario Negri la causa è genetica. I geni dell'uomo di Neanderthal, più diffusi nella bergamasca, sono i colpevoli. Ma così si evita di accertare le responsabilità sui protocolli medici e sulla gestione della pandemia. 

Vita e bioetica 16_09_2023
Neanderthal (ricostruzione)

La tragedia delle morti per Covid è oggetto da tempo di studi e analisi, e oltre alla scienza medica anche la Giustizia se ne sta occupando e se ne occuperà, attraverso la Commissione parlamentare d’inchiesta appositamente costituita, tra le proteste anche veementi di chi ha avuto compiti di governo tra il 2020 e il 2022.

Occorre accertare se vi siano state responsabilità nella gestione dell’epidemia, e nelle scelte dei protocolli di cura (o di mancata cura). Tuttavia, un alibi che può essere determinante sembra venire dalla genetica, che è stata chiamata in causa per spiegare le forme più gravi di malattia da Covid e il numero eccessivo di morti, in particolare in Italia e in alcune regioni del Paese. Il motivo dell’ecatombe verificatasi sarebbe stato individuato in uno studio dell’Istituto Mario Negri nei geni presenti in una importante percentuale di popolazione lombarda dell’uomo di Neanderthal. Sono stati presentati in anteprima – e con una cera enfasi anche istituzionale - i risultati preliminari dello studio Origin, in via di pubblicazione su iScience. Il direttore dell’Istituto, il celebre professor Remuzzi, che al tempo dell’epidemia aveva individuato negli antiinfiammatori una possibile cura per la malattia, ha messo in relazione i fattori genetici e le forme gravi di Covid-19 nella provincia di Bergamo ad alcuni  geni ereditati dall’uomo di Neanderthal. Il 15% dei morti per Covid, in assenza di altre cause, potrebbe quindi essere legato a una predisposizione genetica. La genetica, ha sottolineato Remuzzi, “ovviamente non spiega tutto, però spiega molto”.

Ma chi era l’uomo di Neanderthal che ha trasmesso a distanza di almeno 30mila anni dalla sua totale estinzione questi geni che predispongono alle forme più gravi di Covid? L'Homo neanderthalensis era un ominide che i paleontologi hanno descritto come apparso sulla Terra 200mila anni fa, in Europa e in Asia, e poi estintosi, soppiantato dall’Homo Sapiens (il nostro principale progenitore) attraverso un fenomeno di sostituzione etnica ante litteram.

È stata di recente formulata una teoria che ipotizza che l'uomo di Neanderthal si sia estinto anche per la sua scarsa capacità di adattarsi alla cultura progressista del Sapiens e delle forme tecnologiche e sociali più "avanzate" introdotte da questo. Insomma, il reazionario troglodita ebbe la peggio nei confronti della modernità che avanzava, ma una parte del suo genoma indietrista riuscì a sopravvivere. Altre teorie infatti sostengono che prima della sua estinzione ci fosse stato un fenomeno di ibridazione biologica: attraverso “unioni miste” interazziali tra i Sapiens e i Neanderthal. Attraverso questo meticciato alcuni geni sarebbero sopravvissuti e avrebbero attraversato i millenni per determinare la debolezza nei confronti del Covid dei loro portatori. Sarebbe interessante capire se e quanto questa eredità dal Paleolitico possa avere influenza su altre malattie, dal diabete ai tumori e così via. In attesa di ulteriori studi, nel frattempo si esulta per aver trovato il motivo di tante morti nel troglodita, e non nei protocolli di “tachipirina  e vigile attesa” o nella gestione complessiva dell’emergenza negli ospedali o sul territorio.

“Oggi per me è un giorno speciale”, ha dichiarato il presidente della Regione, Attilio Fontana, in occasione della presentazione dello studio. “I risultati della ricerca compiuta dal professor Remuzzi e dai suoi collaboratori dell’Istituto Mario Negri, danno una risposta, certamente non definitiva ma assolutamente importante, a uno dei quesiti che chiunque di noi si è posto nel bel mezzo della pandemia: perché alcuni contraggono il virus in modo asintomatico e altri in forma grave e ahimè talvolta con drammatici epiloghi?”. Per Fontana, i risultati dello studio “aprono uno scenario che senza dubbio potrà aiutare ad affinare le cure e magari impedire che il virus possa mietere altre vittime nei soggetti a rischio”. Non è ben chiaro come, dal momento che non è possibile correggere il genoma di questi soggetti. Sebbene il materiale genetico dei resti scheletrici dell’uomo di Neanderthal siano sempre stati giudicati insufficienti da biologi e paleontologi, il Mario Negri avrebbe con sicurezza stabilito che il 7% della popolazione italica ha queste tracce dell’uomo dell’età della pietra nel proprio DNA, ed è quindi inesorabilmente predisposto a forme gravi di Covid.

Tuttavia, prima che la gente spaventata da questa notizia corra a farsi fare esami genetici, è bene che si sappia una volta per tutte che la gravità della COVID-19 più che dai presunti resti genetici del troglodita estinto da 30mila anni è stata provocata soprattutto dall’età (l'età media dei morti è stata di oltre 80 anni) e da altre condizioni come diabete, cardiopatie, obesità, e non da ultimo cure tardive o sbagliate. Attribuire la gravità della pandemia al fattore-preistoria è solo facile riduzionismo scientista, un determinismo fatalista molto comodo per chi non voglia accertare le responsabilità di ciò che è accaduto, ma anche un riportare il dibattito scientifico al fondamentalismo evoluzionista.