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PELLICOLA CONTROVERSA

Lo zar e la ballerina, un film che non fa giustizia alla storia

Arriva in Italia “Lo zar e la ballerina”, film russo sulla relazione tra Nicola Romanov e una danzatrice che in patria ha suscitato polemiche e scalpore, con le proteste soprattutto della Chiesa ortodossa. La pellicola è un bello spettacolo, ma in effetti la storia vera è in parte diversa e non rende giustizia alla figura dell’ultimo zar.

Cinema e tv 07_09_2021

Quando la mitica Diana Spencer cominciò a dare pubblici segni di insofferenza riguardo al marito e la di lui relazione con Camilla Parker Bowles, quest’ultimo ebbe a sbottare qualcosa del genere: «Dovrei essere l’unica testa coronata a non poter avere un’amante?». Ma la «principessa triste» preferì le sue crociere in, più o meno, solitaria: era reduce da una quando morì ed era in procinto di iniziarne un’altra.

Ora arriva in Italia un film russo che nella Federazione putiniana ha suscitato polemiche e scalpore: Lo zar e la ballerina, realizzato con generoso contributo governativo. Evidentemente lo zarismo ha da quelle parti i suoi nostalgici (come dar loro torto?) ma qualcuno ritiene che certi ricordi arcadici vadano un po’ ridimensionati. La polemica maggiore è partita dalla Chiesa ortodossa, che quello zar ha canonizzato come martire. Vederlo perdutamente innamorato di una danseuse fino all’orlo dell’abdicazione è parso blasfemo. In effetti, la storia vera è leggermente diversa: il ventunenne Nicola Romanov, non ancora zar, si coinvolse con una ballerina classica diciassettenne, che diventò la sua amante. Niki (così lui nell’intimità) e Matilda. Lui non fece altro che quanto facevano tutti i suoi colleghi in quel secolo romantico (noi italiani possiamo vantare Vittorio Emanuele II, che fece contessa Rosa Vercellana, la quale, a quel che si sa, non sapeva nemmeno ballare): la ricoprì di regali, le comprò una villa, eccetera. Però, quando fu ora di sposarsi, optò giudiziosamente per una principessa tedesca, dalla quale ebbe cinque figli.

Il film non fa giustizia di questa storia e rappresenta Nicola II come un debole emotivo, buono sì, ma stracotto della bella e incerto fino all’ultimo se rinunciare alla corona per sposarla, alla Mayerling o alla Edoardo VIII. Anche la polizia segreta zarista nel film fa una figura troppo buona: l’Okhrana non ci avrebbe pensato due volte a far sparire l’importuna, invece nel film la risparmia anche a costo di provocare un mezzo scandalo durante la cerimonia di incoronazione. Il film è molto ben fatto, le scene sono fastose e spettacolari, vale la pena vederlo, a patto di godersi lo spettacolo senza crederci.

Tuttavia, ci si può sempre chiedere perché nel secolo romantico nobili e teste coronate arrivavano in qualche caso a spararsi per attrici e ballerine. Pensiamo a Mata Hari, alla Bella Otero, a Lina Cavalieri eccetera. Be’, intanto poniamo mente all’effetto-vetrina: queste donne bellissime si esibivano, erano in mostra, e il fascino di chi sta sotto i riflettori è potente anche oggi. Se inquadri solo lei, anche una mosca può sembrarti Superman. D’Annunzio, quando in platea guardava la Duse esibirsi sul palcoscenico, si gonfiava d’orgoglio al pensiero che «quella donna» così ammirata dagli astanti era «sua». Ma quelle bellissime in mostra, d’altro canto, erano pure a portata di mano. Non di tutti, ovviamente, ma dei nobili più nobili sì. Attrici e ballerine erano popolane, nessuna nobile si sarebbe abbassata a esibirsi in teatro. Perciò, essere al centro dell’attenzione di un ricco altolocato finiva col diventare il sogno di molte. Se non di tutte. Passare dalla fatica salariata alle carrozze, le ville, i gioielli, la servitù era una tentazione irresistibile. Cose dell’aristocrazia del secolo romantico? No, cose di sempre.

Da questo punto di vista, la Santa Russia cambiò poco con l’avvento della Nomenklatura sovietica. Anzi, niente. Film per film, Gorky Park del 1983 mostra il cambiamento: in epoca zarista il seduttore prometteva, e manteneva, carrozze, ville, gioielli, servitù; quello comunista minacciava ricatti infami, e manteneva, e al massimo ci ricavavi un paio di stivali di vera pelle.