Leone XIV si presenta: il ritorno dell’evangelizzazione e della verticalità
Dalle prime parole pronunciate dalla Loggia delle Benedizioni da Papa Prevost emergono la verticalità e l’evangelizzazione come annuncio di Cristo e una devozione mariana popolare. Con alcune concessioni al processo di sinodalità, lascito del pontificato precedente.
- Un Papa americano ma non troppo, di Nico Spuntoni

Si dice che il primo discorso di un Papa subito dopo la sua apparizione alla loggia delle Benedizioni a San Pietro sia molto rivelativo delle linee del suo pontificato. Guardando ai precedenti tre pontefici si deve concludere che questa idea diffusa ha una sua plausibilità. Quanti ieri hanno ascoltato le parole di Leone XIV lo possono confermare.
Il nuovo Papa ha tenuto un discorso incentrato su «Cristo Risorto, il Buon Pastore che ha dato la vita per il gregge di Dio». Ha iniziato infatti con le prime parole di Cristo Risorto agli apostoli: «Pace a voi». Siamo in un tempo di guerre, di tragedie, di diplomazie, ma egli non ha cominciato da qui, ha cominciato da Cristo e dalla sua pace. Le vicende umane, anche e soprattutto quelle drammatiche, non possono avere la soluzione solo nell’uomo. Ha colpito questa verticalità del suo intervento, questo rivolgersi in primo luogo alle cose di lassù.
Il riferimento a Cristo è poi continuato quando ha detto che tutti siamo «discepoli di Cristo. Cristo ci precede. Il mondo ha bisogno della sua luce. L’umanità necessita di lui come di un ponte per essere raggiunta da Dio e dal suo amore». La secolarizzazione colpisce oggi anche la Chiesa. Essa è conseguenza del naturalismo, ossia del pensare che il piano orizzontale sia bastevole a sé stesso senza quello verticale. Cristo precede le vicende umane e le governa, questa osservazione ricompone la giusta connessione tra la natura e la soprannatura.
Il nuovo Papa ha anche poi invitato a «lavorare come uomini e donne fedeli a Gesù Cristo, senza paura per proclamare il Vangelo, per essere missionari». Era da tempo che di evangelizzazione non si sentiva più parlare e nemmeno di missionarietà intesa come annuncio di Cristo e non come promozione sociale. Sembrava che la Chiesa vi avesse rinunciato, ritenendo l’evangelizzazione una forma di proselitismo, di mancanza di rispetto per le diversità soprattutto religiose, di volontà di coartare la dimensione umana ritenendola incapace di sé e impegnando la Chiesa ad operare solo come “ospedale da campo” ove si curano le ferite ma non si indica nessuna terapia, dove si ascoltano le domande ma non si danno risposte.
In un altro momento del discorso di papa Leone si è potuto notare la dimensione religiosa del suo intervento. È accaduto quando ha richiamato la festa della Madonna di Pompei che coincideva con la sua elezione e ha guidato con il popolo cristiano la preghiera dell’Ave Maria. È emersa così una dimensione religiosa, devozionale e popolare.
Questi elementi assieme ai modi adoperati e alle vesti indossate hanno dato una impressione di un discorso di fede, incentrato su Dio, non interpretabile politicamente, non piegabile a interpretazioni sociali o ideologiche.
L’altra dimensione significativa del discorso dalla Loggia delle Benedizioni è stata la proclamazione abbastanza evidente di una continuità con papa Francesco. Ciò è emerso non tanto dall’aver trattato ripetutamente il tema della pace, il quale, come già visto, è stato impostato su Cristo unico vero autore e fondamento della pace e non su una pace solo o prevalentemente umana, quanto da altri particolari e addirittura dall’uso di parole che richiamano le immagini adoperate spesso da Francesco.
Papa Leone ha detto che «Dio ci ama tutti e incondizionatamente», con cui ha richiamato l’idea di Francesco di un Dio misericordioso che non condanna né giudica. Poi ha calorosamente invitato: «Aiutateci anche voi, poi gli uni gli altri, a costruire i ponti, con il dialogo, con l'incontro, unendoci tutti per essere un solo popolo sempre in pace. Grazie a Papa Francesco». L’espressione «creare ponti e non muri», tipica di papa Francesco e perfino troppo abusata dato che ormai è sulle bocche di tutti anche a sproposito, ritorna qui quasi alla lettera, insieme al «grazie» al papa predecessore proprio su questo punto. Nel discorso la parola “dialogo” ricorre più volte ed è usata nel senso bergogliano di una apertura senza condizioni preventive, secondo le idee espresse nell’enciclica “Fratelli tutti” che papa Leone richiama con le seguenti parole: «Unendoci tutti per essere un solo popolo», quasi come se il dialogo fosse il motivo profondo e decisivo dell’unità. Applicando queste idee alla Chiesa di Roma, egli ha detto di sperare in «una Chiesa che costruisce i ponti, il dialogo, sempre aperta a ricevere, come questa piazza con le braccia aperte», espressione questa che richiama il “tutti dentro” di papa Bergoglio che aveva suscitato notevoli perplessità.
Ma il punto che maggiormente segna la continuità è il riferimento al processo sinodale: «Vogliamo essere una Chiesa sinodale, una Chiesa che cammina, una Chiesa che cerca sempre la pace, cerca sempre la carità, cerca sempre di essere vicino specialmente a coloro che soffrono». Questo punto del discorso è pienamente bergogliano, anche se espresso in modo attenuato. Si ribadisce che la sinodalità è un cammino, vale a dire un processo il cui scopo è una nuova prassi di pace, di carità e di vicinanza. La sinodalità intesa come processo e come prassi è oggi il pericolo maggiore per la Chiesa, come abbiamo più volte sostenuto anche di recente, perché richiede una sua ristrutturazione anche dottrinale.
Il primo discorso di Leone XIV qualche elemento sulla linea del pontificato lo ha dato. Un aspetto, invece, che rimane ancora oscuro è la scelta del nome. Ci sarà modo di verificarne il significato.
Dubia, gay, Cina, corruzione: 7 priorità per il nuovo Papa
Servono interventi urgenti per riparare agli scandali contro la fede. Tra questi la revoca di Fiducia supplicans, una risposta chiara ai Dubia, il ripristino dell’ordine gerarchico della Chiesa a cominciare dai Sinodi, la revisione dell’accordo con la Cina.
La teologia morale tra le priorità che attendono il nuovo Papa
Negli ultimi 12 anni un malinteso approccio pastorale ha ridotto le norme morali oggettive a ideali lontani cui (al massimo) tendere. Spetterà al prossimo pontificato riscoprirle partendo dal primato della conversione.
Il Papa che verrà, tra nodi da sciogliere e doveri
Tanti cardinali bergogliani, ma l’esito del conclave non è scontato. Papabili “progressisti” e “conservatori”. Il caso Becciu e il tratto autoritario di Francesco. Nodi morali e liturgici da risolvere. Dall’intervista di Stefano Chiappalone a Nico Spuntoni e Luisella Scrosati.