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IL LIBRO

Le amicizie tra scrittori, lo stupore che alimenta la vita

Il sodalizio spirituale tra Manzoni e Rosmini, testimoniato dal ricco carteggio tra i due. La presenza di Ranieri nella vita di Leopardi, due persone «quasi all’opposto». La passeggiata insieme, il 19 settembre 1931, di Tolkien e Lewis, dopo la quale il secondo annunciò la sua conversione al cristianesimo. Sono solo alcune delle 23 storie di amicizia tra scrittori raccontate in Là dove non c’è tenebra (Ares), l’ultimo libro di Paolo Gulisano.

Cultura 23_07_2019

In Là dove non c’è tenebra. Storie di amicizia tra scrittori (Edizioni Ares) Paolo Gulisano racconta storie di amicizia particolari, perché nate all’interno di una passione comune: il mondo delle lettere, una sorta di res publica litterarum (per usare un'espressione amata nell'Umanesimo), un mondo che accomuna scrittori e poeti di ogni luogo e di ogni tempo, al di là di ogni differenza temporale e geografica.

Un grande scrittore del Novecento come C. S. Lewis sottolinea la genesi di un rapporto d’amicizia:

Quando due o più compagni scoprono di avere un’idea, un interesse o anche un gusto, che gli altri non condividono e che, fino a quel momento, ciascuno di loro considerava un suo esclusivo tesoro (o fardello).

«Vedere quello che gli altri non vedono» (Gulisano) crea una condivisione e complicità uniche. Le amicizie vere non chiudono a un unico rapporto privilegiato, ma si spalancano ad altri incontri. Nasce così una compagnia, come sottolinea Tolkien nel Signore degli anelli.

Gulisano ci trasporta nel mondo di letterati che «si sono influenzati reciprocamente, […] si sono aiutati, spesso hanno condiviso i loro destini, in alcuni casi anche tragici», tra Ottocento e Novecento, in «un tempo in cui l’amicizia è divenuta sempre più problematica».

Scopriamo così autori diversi da come il mondo della scuola sovente li presenta, perché incontriamo degli uomini in carne e ossa, con tutta la loro fragilità e il loro desiderio di bene e di fragilità. Scopriamo, però, anche figure importanti della letteratura mondiale per le quali non c’è spazio solitamente a scuola.

Ecco alcune tra le tante (ben ventitré) coppie di amici contemplate nel libro: Melville-Hawthorne, Leopardi-Ranieri, Byron-Shelley, Manzoni-Rosmini, Verne-Dumas, Wilde-Conan Doyle, Joyce-Svevo, Chesterton-Belloc, Eliot-Pound, Fitzgerald-Hemingway, Orwell-Green, Tolkien-Lewis.

La presenza di Antonio Ranieri nella vita di Leopardi fu «una risposta al suo grido disperato di non essere solo, di non soccombere alla solitudine». La loro amicizia fu «la somma di due fragilità». «Due persone profondamente diverse, quasi all’opposto, sia caratterialmente che fisicamente. Un genio non ancora compreso, assetato di felicità, ferito dalla vita, e un giovane napoletano aitante, piacione, vanitoso, estroverso, un po’ millantatore» (Gulisano).

La cura con cui Ranieri accudì Leopardi quando le sue condizioni di salute peggiorarono smentisce il fatto che avesse voluto approfittarsi della fama dell’amico più prestigioso di lui. Vero è che quando Ranieri, divenuto ormai importante, deputato e senatore del Regno, professore universitario, diede alle stampe nel 1880 il saggio biografico Sette anni di sodalizio con Giacomo Leopardi si comportò con l’amico di quarant’anni prima in maniera poco onesta, talvolta rivelando falsità (come quella che lui, Ranieri, avesse mantenuto Leopardi negli ultimi anni) o promuovendo stereotipi sulla figura del poeta, che poi si sarebbero imposti nella visione del «Leopardi gobbo, infelice, frustrato, psicologicamente instabile che ci è stato presentato a scuola». Ma amicizie sono anche queste storie di fragilità e di tradimenti nel tempo.

Tra Manzoni e Rosmini si creò, invece, un sodalizio spirituale, testimoniato dal ricco carteggio che vi fu tra i due. Probabilmente, è il pensiero di Gulisano, il capolavoro manzoniano sarebbe stato diverso senza l’amicizia con Rosmini. I due erano accomunati dall’essere «dei cattolici non pienamente in linea con il pensiero ufficiale della Chiesa» e dal desiderio di unificazione dell’Italia. L’amicizia tra i due crebbe dopo che Manzoni convolò a seconde nozze con Teresa Borri e iniziò a trascorrere tanto tempo fuori Milano, in una villa sul Lago Maggiore ove poté vedere frequentemente l’amico Rosmini, proprio quando la sua attività letteraria era sempre più flebile, mentre il sacerdote era nel pieno dell’attività produttiva. Il rapporto si rafforzò sino alla fine quando Manzoni, assistendo Rosmini sul letto di morte, perdeva l’amico più caro che gli lasciava il suo testamento spirituale: «Adorare, tacere, gioire».

Leopardi e Manzoni, due titani della letteratura moderna, si conobbero a Firenze il 3 settembre 1827. Leopardi mostrò simpatia per l’illustre ospite autore de I promessi sposi, definendolo «pieno di amabilità e degno della sua fama», come scrive nella lettera all'editore A. F. Stella (8 settembre 1827). Tra i due non nacque, però, un rapporto di amicizia.

Diversa sorte toccò a due giganti della letteratura inglese del Novecento: Lewis e Tolkien, autori rispettivamente de Le cronache di Narnia e Il signore degli anelli. L’amicizia nacque a Oxford il 19 settembre 1931 durante una passeggiata. Tolkien conversava sui miti affermando che non sono menzogne, perché in tutti, anche in quelli pagani, è sempre contenuto qualcosa di vero. La conversazione proseguì fino alle tre del mattino. Dieci giorni più tardi Lewis annunciava in una lettera a un amico la sua conversione al cristianesimo. Nel tempo, Lewis si sarebbe convertito anche al mito e alla narrativa fiabesca e fantastica.

Lewis e Tolkien sarebbero diventati due maestri della narrativa e, nel contempo, due testimoni della fede. La loro amicizia si aprì ad altri fondamentali rapporti: Chesterton divenne per i due un punto di riferimento importante. Nacque un circolo letterario di poeti praticanti e di cristiani convinti, improntato all’unica legge dell’amicizia, ribattezzato da Lewis col nome di Inklings (persone che si dilettano a usare l’inchiostro). Il gruppo si ritrovava al pub ogni martedì sera a discutere e a leggere anticipazioni delle opere che andavano scrivendo.

Era un’amicizia che accompagnava nelle passioni della vita e al Destino ultimo dell’esistenza. Per Lewis e Tolkien

l’amicizia era stata l’esperienza di uno stupore: il riconoscere di avere in comune sogni e speranze, oltre che interessi letterari. Fecero di questo stupore il nutrimento per alimentare la loro amicizia, il loro talento artistico, la loro fede cristiana (Gulisano).