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Drag queen in sagra, il surreale comunicato della diocesi

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La Sagra di San Luigi con tanto di Drag queen non è organizzata dalla parrocchia. Però vescovo e parroco vi partecipano con processione e Messa. Il surreale e ipocrita comunicato della diocesi di Carpi. 

Editoriali 22_08_2025

La “Sagra di San Luigi 2025” con le Drag queen non è propriamente una sagra e non è nemmeno organizzata dalla parrocchia di Santa Caterina di Rovereto sulla Secchia. Però parrocchia e vescovo di Carpi vi partecipano comunque, con tanto di processione e messa solenne.

È la surreale presa di posizione della Diocesi di Carpi che ieri con un comunicato stampa ha chiarito meglio i contorni della vicenda raccontata anche dalla Bussola.

Leggiamo il comunicato stampa della Diocesi di Carpi: «La Diocesi di Carpi e le parrocchie di Santa Caterina d’Alessandria (Rovereto s/S) e Sant’Antonio di Padova (Sant’Antonio in Mercadello) precisano che la “Sagra di San Luigi 2025” che si svolgerà a Rovereto s/S dal 28 agosto al 1° settembre presso il Parco Multiverso, non è organizzata dalle suddette realtà ecclesiali. La festa è, infatti, da anni organizzata dall’associazione “Tutti insieme a Rovereto e Sant’Antonio-ONLUS”, realtà completamente laica e apartitica. Alle parrocchie, come a tutte le associazioni di volontariato e realtà sociali e commerciali del paese, è data la possibilità di partecipare con iniziative proprie, secondo lo specifico delle singole realtà. A questo si limita la partecipazione al programma: chi desidera, con l’approvazione dell’associazione organizzante, può avere uno spazio per proporre a tutti quello che desidera».

Tutto chiarito? Non proprio. Anzi.

A cominciare dal fatto che già da mercoledì sera, dopo che la notizia pubblicata dal blog Messa in latino aveva fatto sobbalzare qualche parrocchiano e il popolo social, la parrocchia si era affrettata a cancellare l’esibizione delle Drag queen dal programma pubblicato anche sul sito della Diocesi. Dunque, se la parrocchia formalmente non c’entra con l’organizzazione, per quale motivo si è sentito il bisogno di nascondere lo spettacolino dei travestiti della causa Lgbt?

Forse perché ci si è accorti che accostare San Luigi a uno spettacolo del genere non sarebbe stato propriamente quello che si dice una festa in onore del santo.

E infatti nel programma pubblicato sul profilo Istagram della sagra di San Luigi, le Drag queen fanno ancora bella mostra. Quindi il loro evento non è cancellato, anzi è confermato. Solo che la diocesi e la parrocchia, nel pubblicizzarlo, da ieri hanno preferito espungere l’esibizione che si svolgerà domenica 31 agosto dopo la processione e la Messa. Una foglia di fico, evidentemente.

Processione e Messa che sono il contributo che la parrocchia e il vescovo di Carpi portano all’evento. Il quale è chiamato “Sagra di San Luigi” non a caso, visto che non c’è nulla di più normale per festeggiare il santo gonzaghesco che offrirgli una processione per le vie del paese. Semmai sono le drag queen ad essere fuori posto, ma essendo la kermesse organizzata da un ente esterno e non dalla parrocchia, la Chiesa è costretta così ad accettare anche le proposte degli altri.

Ma la Diocesi retta dal vescovo Erio Castellucci sfiora il ridicolo quando nel comunicato prosegue: “Per ciò che riguarda la denominazione “sagra”, come tutti sanno è esclusivamente una denominazione storica che, nel linguaggio comune, identifica semplicemente una festa popolare, che non ha più necessariamente un collegamento con la sua etimologia. Così come l’intitolazione della “sagra” a San Luigi Gonzaga, che risale al 1926, quando Pio XI proclamò il santo patrono della gioventù cattolica, da un secolo viene chiamata così; e ha mantenuto questo nome anche se da decenni ha perso il suo riferimento esclusivamente religioso».

Surreale e anche ipocrita. Del resto, se chiami un evento “Sagra di San Luigi” e ci metti una processione e una Messa, indipendentemente dall’organizzatore - perché non sta scritto nel Vangelo che le sagre debbano per forza essere organizzate da un ente religioso -, è evidente che infilarci le Drag queen rappresenta per lo meno un’offesa al santo e magari anche ai fedeli che del santo mantovano della purezza sono devoti.

Ma che la Sagra abbia perso il suo riferimento esclusivamente religioso non è mica colpa del paese, semmai della Chiesa che ha smesso di mettere queste iniziative di fede al centro della propria vita. Così si lascia che ad appropriarsene siano altri, con i risultati sotto gli occhi di tutti.  

Sarebbe più dignitoso pretendere dalla Onlus organizzatrice di cambiare il nome alla tre giorni di Rovereto, che so, chiamandola “Festa di fine estate”. A quel punto la parrocchia e il vescovo come potrebbero inserirsi con le iniziative per celebrare il santo? Un loop micidiale.

E si badi: non siamo di fronte ad una sagra cittadina in onore del patrono a cui sia affianca anche un programma civile, di solito a cura del Comune o della Pro Loco. Perché in quel caso la finalità della sagra del patrono è comunque rispettata. Poi, certo, la presenza della Drag queen costituirebbe un problema ugualmente.

Qui invece abbiamo un evento che non segue il calendario liturgico, né le usanze di una comunità, che si impossessa del titolo di “sagra di San Luigi”, ci mette dentro anche ciò che è sconveniente (vedi le Drag queen) e offre alla Chiesa per pura concessione uno spazietto per poter essere presente «con iniziative proprie, secondo lo specifico delle singole realtà» come furbescamente recita il comunicato diocesano.

Ovviamente il comunicato se ne guarda bene dal prendere posizione circa l’esibizione delle Drag queen. Ma evidentemente il motivo è semplice: una Chiesa che va al traino del mondo si accontenta dell’angolino che qualcuno dall’esterno le dà. E guai a obiettare perché non sarebbe comunione. Un annacquamento del genere del messaggio cristiano e della sua presenza nella società non lo si vedeva dai giorni in cui Noè dovette partirsene per sfuggire al fortunale.

Così domenica, tutti contenti e tutto confermato. In strada il santo e poi tutti insieme a cantare “I Will Survive” con piume di struzzo e strass luccicanti. De Andrè l’aveva già vista, questa scena: «E con la Vergine in prima fila e bocca di rosa poco lontano si porta a spasso per il paese l'amore sacro e l'amor profano».